Palermo – Presso la sala gialla del Palazzo dei Normanni si è celebrata la 14° Edizione del Premio internazionale Federichino per la Storia Medievale e Federiciana. L’evento è stato promosso dalle tre storiche fondazioni ispirate all’imperatore svevo: la Fondazione Federico II di Palermo, la Fondazione di Jesi e la Gesellschaft für staufische Geschichte e. V. di Göppingen.
In questa edizione si è voluto estendere il campo del tradizionale riconoscimento assegnato dalle tre fondazioni, andando oltre l’ambito della ricerca storica e accademica.
Per tali ragioni, insieme al prof. Errico Cuozzo, ordinario di Storia medioevale all’Università Federico II di Napoli e alla prof.ssa Anna Laura Trombetti, ordinaria di storia medioevale all’IULM di Bologna, sono stati premiati lo scrittore, sceneggiatore e regista siciliano Roberto Andò e la Comunità di Lampedusa, rappresentata dal sindaco Giusi Nicolini.
A presiedere l’evento sono stati l’On. Antonio Venturino, vice presidente vicario dell’Ars e vice presidente della Fondazione Federico II, Francesco Forgione, direttore generale della Fondazione Federico II di Palermo, Fabio Costantini. presidente della Fondazione Federico II di Jesi, Salvatore Pecoraro, vice segretario generale dell’Ars Salvatore. Ha moderato l’evento Gianfranco Zanna della Fondazione Federico II. Tra gli ospiti d’eccezione, il Commissario dello Stato, Carmelo Aronica.
Solenne la modalità di consegna del premio a ciascuno degli insigniti. Una pergamena ed una statuetta stilizzata in bronzo dorato dell’Imperatore che è la riduzione del bozzetto creato dall’artista Carlo Vitelli di Ascoli Piceno. Di ognuna delle quattro pergamene consegnate si è data pubblica lettura della motivazione precedente la consegna.
Premiazioni: per la Storia Medievale e Federiciana, al Prof. Errico Cuozzo, appassionato e profondo ricercatore delle fonti storiche medievali e brillante docente universitario, ha contribuito ad una migliore conoscenza del periodo normanno svevo e della figura e dell’opera di Federico II; alla Prof.ssa Anna Laura Trombetti Budriesi, cheper il suo instancabile lavoro e interesse scientifico ha reso un fondamentale contributo alla ricerca della storia relativa agli epigoni della casata Staufica e a quella del Regno di Sicilia, nel periodo normanno-svevo. Per la Solidarietà alla Comunità di Lampedusa, esempio unico di umanità, accoglienza, solidarietà, nello spirito secolare della fratellanza e dell’unità dei popoli, in un Mediterraneo di pace e di dialogo tra civiltà, religioni e culture diverse e non di frontiera di morte tra Nord e Sud del mondo. Per la Cultura, al M° Roberto Andò che, con spirito libero e l’uso sapiente e critico di parole e immagini, nel solco della tradizione culturale e letteraria siciliana, ha trasmesso emozioni profonde nella rappresentazione della società e del potere in questi anni, spesso incerti e bui, di grandi trasformazioni.
Tra i premiati delle precedenti edizioni: Jimmy Fontana, Lucio Dalla, Indro Montanelli, Claudia Cardinale,Riccardo Muti; Lino Banfi, Lando Buzzanca, Valentino Rossi.
Francesco Forgione, intervenendo, ha evidenziato il carattere rappresentativo del Premio Federichino, che nei suoi 14 anni dalla sua istituzione, ha espresso: “il Riconoscimento a coloro i quali con l’arte, la storia, la solidarietà, lo sport hanno particolarmente contribuito alla crescita culturale della società”.
Inoltre Forgione, ha voluto esaltare lo splendore della struttura ospitante e ha ricordato agli ospiti la candidatura dell’antichissimo Sito come “Patrimonio mondiale dell’umanità”, insieme al Duomo di Monreale e di Cefalù.
TrinacriaNews.eu ha effettuato le seguenti interviste:
GIUSI NICOLINI
D. Il premio Federichino a Giusi Nicolini, cosa le conferisce, oltre a rappresentare l’aspetto umanitario e la cultura?
R. Grande è l’orgoglio di ricevere questo Premio, perché il mondo della cultura riconosce il ruolo di Lampedusa, ponte tra due continenti e che, può eleggere l’isola luogo di scambio, di dibattito, di incontro tra le culture. Questo è la mia speranza che un giorno Lampedusa possa diventare l’isola dove giovani di tutti i Paesi del Mediterraneo possano arrivare per studiare, incontrarsi, conoscersi, scambiare idee ed esperienze, piuttosto che arrivare con i barconi.
D. Il cittadino lampedusano oggi cosa incarna, alla luce di un mix di componenti opposte che connotano il suo territorio, voglia di riscatto, cultura ed il pressing delle emergenze migranti?
R. La mia è una comunità che sicuramente viene plasmata da questo passaggio continuo di persone. Anche dal dolore, dal lutto, perché al di là del 3 ottobre che è stata la tragedia più grande, anche del passato ed anche dopo arrivano i cadaveri. Ma, questa comunità viene incoraggiata dalla speranza, dal coraggio di queste persone che rischiano tutto, pur di conquistarsi un futuro. Certo, poi ci sono gli impatti di come viene gestito tutto questo sistema che ricade sulla mia Comunità. Tanti anni di solitudine nell’avere affrontato gli sbarchi. E’ stata una fatica, si sono pagati anche dei prezzi.
D. Le Istituzioni comunitarie quanto le sono state vicine, non solo a parole, ma con gesti, finanziamenti, interventi come Frontex?
R. Prima del 3 ottobre la Comunità europea era totalmente assente. Dopo quella data c’è stata la visita di Barroso a Lampedusa. Nei giorni scorsi abbiamo anche ospitato il Presidente del Parlamento Europeo, Schultz. Diciamo che, si sono accorti di noi. Concretamente, ancora non abbiamo visto nulla. “Mare nostrum” non è un’operazione che l’Europa vuole sposare ed anche la stessa Lampedusa che è un’isola che avrebbe bisogno ed ha bisogno di tanti interventi, essere ammessa in un quadro di solidarietà nazionale e comunitario. Possiamo solo elencare le mancanze, diritti negati, etc. La nostra battaglia è questa: da una parte affermare i diritti umani di queste persone. Bisogna assolutamente trovare una forma alternativa per fare esercitare il diritto di asilo, che non sia solo quello di salire su quei barconi. Dall’altro, riscattare Lampedusa da un destino di periferia che non merita.
D. Lei è riuscita ad avere, nelle relazioni internazionali, dei contatti con le Rappresentanze dei Paesi di provenienza dei migranti (Eritrea, Libia, Siria, etc.)?
R. No, è molto difficile. Questo è un lavoro che deve fare il Governo italiano.
D. A questo punto, il Governo italiano potrebbe istituire anche degli uffici che si occupino di relazioni internazionali?
R. Infatti, è quello che chiediamo, che vengano istituite anche nelle ambasciate italiane, lungo i Paesi di transito. Quindi, delle “Agenzie per il diritto d’asilo”. Ma, dovrebbero essere delle agenzie europee. Queste persone (i migranti) dovrebbero anche essere assistite in campi profughi, controllati e gestiti da noi invece che, essere lasciati in pasto ai criminali scafisti, a subire torture, stupri, traffico di organi. C’è di tutto prima dello sbarco, c’è una storia terribile di violenza.
D. Quali sono le misure di emergenza “antiebola” per scongiurare il rischio immanente di eventuale contaminazione a Lampedusa?
R. Dal punto di vista della sicurezza sanitaria, Lampedusa ha l’esperienza più lunga e più consolidata in Italia perché, noi affrontiamo gli sbarchi da almeno 15 anni. Prima, tutta la partita sanitaria era gestita dalle organizzazioni umanitarie, da Medici senza frontiere, Croce Rossa, etc. Oggi viene gestita, in via istituzionale, dall’ASP 6 di Palermo e vengono applicate le linee guida del Ministero della Salute, in materia di immigrazione. L’assistenza medica è già presente a bordo delle motovedette, ancora prima che i migranti arrivino a terra. Sulla banchina viene il triage. Quindi, si hanno i primi controlli sanitari con l’eventuale separazione di coloro che possano avere delle malattie potenzialmente contagiose, e poi vengono visitati e curati coloro che sono bisognosi di cura. Questi vengono, in qualche modo, tracciati lungo il percorso. In tanti anni, mai nessuno a Lampedusa ha preso una malattia. Credo anzi che, si debba prendere esempio da Lampedusa e capire come si è consolidata questa esperienza e poi, rispetto a questo tema delle malattie che è un tema estremamente vivo, perché è quello che suscita più paura tra le persone, con la globalizzazione ed i trasporti veloci (aerei) che permettono di collegare realtà molto distanti tra loro, purtroppo sono pericoli che corriamo tutti, continuamente. Però, da questo punto di vista, Lampedusa è assolutamente protetta.
ROBERTO ANDÒ
D. L’avere riconosciuto questo premio che si aggiunge ai precedenti, come il Premio Campiello Opera Prima, cosa le genera nella lettura della società di oggi?
R. Da un lato, mi sembra che corrisponda ad un’Istituzione che vuole aprire un nuovo corso: questa Fondazione, rappresentata da persone che hanno un intento riconoscibile, condivisibile. Dall’altra, essendo un premio che arriva dalla Sicilia, che è la mia comunità, il luogo in cui, in questo momento ho scelto di ritornare, sia pure per un incarico che mi porterà qui, di tanto in tanto, ma che riguarda una scuola di cinema. Mi sembra quasi, di siglare “quell’idea di comunità”. Mi piace parlare con franchezza. Siccome questa Istituzione, so che è passata attraverso acque perigliose, mi è sembrato che, la buona volontà di persone che si sono impegnate andasse ricompensata e che io dovessi corrispondere a questa loro richiesta di ricevere il Premio.
D. Nel suo ultimo film “Viva la libertà”, a cosa allude? Libertà da chi?
R. Il film parla del rapporto tra la coscienza e la politica. “La Libertà” è la libertà che bisogna meritarsi, che anche la Sicilia, come tutta l’Italia avrebbe il diritto di meritare. C’è una bella frase di Pierpaolo Pasolini che nel suo film “La rabbia”, dice “Viva la libertà”, frase facile da dirsi ma, bisogna meritarsela.