Bella, bellissima, ma non è tutto. Dopo averla intervistata ti lascia un sapore strano nel palato, ti incuriosisce e vorresti scalfire la sua pelle, come quando cerchi di spaccare una roccia, solo che non hai scalpello e devi usare le mani nude. Tea Falco è così. Una donna che esprime molto di più di quello che dice realmente. Attraverso le sue foto vedi innovazione, collasso e brio esasperato. Diamante dalle mille sfaccettature che luccica e che risulta quasi incomprensibile ai meno sensibili. In effetti, lei, invece di presentarsi come un diamante, si presenta sotto forma di mandala, che tanto complicato non sembra, come del resto per niente complicato è il paragone tra infinito e un broccolo Romano. La sua verità è nascosta, proprio come è nascosto un mandala che per i Buddhisti è il principio dell’essere spirituale e non materiale – un pensiero iniziale, racchiuso in un altro pensiero più grande e così via – così da essere fuori dalla portata delle nostre mani, così da farti credere che lei è in possesso di determinate verità, ma che non sono accessibili. La vera innovazione non sono le sue fotografie o i film in cui appare, lei – Tea Falco – è la vera innovazione. Lei, narratrice di una storia, la sua. Spetta a noi trovare la chiave di lettura adeguata.
TrinacriaNews ha avuto il piacere di intervistare Tea Falco, originaria di Catania, in esclusiva.
Intervista:
Prima esperienza di livello nel mondo del cinema: ci parli della sua esperienza con Bertolucci.
E’ passato ormai un anno e lo ricordo con estrema malinconia. Di recente sono passata da là, sono entrata di nuovo nello studio di Sandro Chia, dove Jean Rebasse ha ricostruito la cantina – set a Trastevere – e non c’era più niente. Al posto del set c’erano i quadri dell’artista e degli spazi tutti bianchi, così ho pensato: “Ma dov’è la stanza dove abbiamo girato?”. Poi sono andata all’orto botanico e mi sono messa ai piedi di un bellissimo albero a ripensare a quei giorni, tra sorrisi e pianti di liberazione. Bernardo mi è rimasto nel cuore. E’ stata l’esperienza più bella della mia vita. Vorrei farne subito un’altra così. Ho imparato tanto. Come quando si fa un viaggio e si scoprono nuove cose….
Quanto il suo essere Siciliana l’ha penalizzata o agevolata nella sua carriera?
Ho fatto abbastanza provini per due anni di seguito. Per creare un personaggio devi parlare utilizzando una buona dizione, pensavo. Così l’ho studiata e per nascondere i tratti dialettali abbassavo un po’ la voce ai provini, cosi da sembrare una depressa, tant’è che non venivo mai selezionata. “Un attore deve trovare la propria voce “. Questo, è quello che mi diceva un mio insegnante di recitazione (Claudio Mazzenga) quando avevo 19 anni. Credo che sia molto difficile. Credo che ogni personaggio che uno va a interpretare abbia una sua voce , un suo modo di vedere le cose ed è molto difficile rappresentarlo. Si può ovviare studiando i vari accenti regionali, prendendo uno stereotipo di persona come modello e credendosi lei per tutta la durata delle riprese. Forse. Forse però, esistono tante altre strade.
Per quanto riguarda la mia Sicilia: quanta fatica fa un “immigrato” ad adattarsi?
I treni/aerei/navi che deve prendere, la terra che deve abbandonare…
Ricordo una canzone di Domenico Modugno – “Amara terra mia” – la stavo ascoltando proprio oggi. Penso questo, quando incontro un immigrato. Cerco di immaginare e vedere tutto attraverso il suo punto di vista: quando lavano i vetri alle fermate dei semafori e la gente li insulta solo perché non hanno altra scelta che imporsi per lavare il vetro e penso che sono sempre felici, quando invece potrebbero piangere, penso che ti sorridono, come accade nelle piccole città. Io mi sento molto fortunata e penso che tutte le persone che hanno la possibilità di andarsene per trovare qualcosa di nuovo, sono fortunate, però poi voglio tornare sempre a Catania. Non posso stare lontano dal meraviglioso mare d’estate, dalla roccia lavica dell’Etna e dai buonissimi arancini sotto gli archi all’entrata di Catania. Ah quasi dimenticavo: la granita al pistacchio che se non l’hai mai mangiata significa che non hai mai vissuto.
Ci racconti qualcosa sulla sua concezione della fotografia e del cinema. Secondo lei l’attrice che possiede un bagaglio di esperienze artistiche legate alla fotografia o all’arte in genere, possiede qualcosa in più rispetto agli altri attori e quanto influisce sul modo di recitare?
Esistono tantissimi attori e attrici che fanno altre professioni. Musicisti che fanno gli attori, registi che sono attori, ma anche pittori o fotografi. Credo che l’arte sia un tutt’uno utile per scoprire e scoprire se stessi. Molti di loro preferiscono non dirlo, o semplicemente nessuno glielo chiede mai alle interviste (Ride ndr.). Adesso sto preparando varie mostre e mi accorgo che la fotografia mi insegna molte cose sulla recitazione, ma anche sulla vita e sugli altri. Era da un anno che non preparavo una mostra. Ne sto facendo un’altra curata da Anna Dusi all’ ADC gallery di Los Angeles – l’8 dicembre – con due artisti che lavorano con me, Antonio de lellis e Andrea Marchese. Insieme ci chiamiamo “les trois moustache” ( i tre baffi) , la stessa andrà in giro in un museo di Roma , di Napoli e di Taormina con la curatrice Julie Kogler e altri artisti . Il suo titolo è “la forma della Nasalità “, mentre la mostra intera si chiamerà Body Suspense che verrà esposta nel 2013, sempre se il mondo non finirà.
Abbiamo letto all’interno del suo sito ufficiale, che lei vuole “distruggere e ricreare il reale attraverso una continua esplorazione passionale quanto amniotica”. Esiste una ricerca dell’equilibrio e dell’armonia nella sua arte? Come esprime ed in che cosa consiste la sua ricerca dell’equilibrio?
Sicuramente ricerco un equilibrio, ma non ne sono ossessionata. Tutte le ossessioni non credo siano naturali, neanche quelle che ricercano l’equilibrio! Diciamo che cerco di stare serena e ricerco la mia piccola felicità e quello che mi rende felice è uno scambio aperto tra persone in carne ed ossa, così da far crescere una vibrazione dentro di me. Mi sembra molto interessante.
Qual è il dettaglio che la raffigura all’interno dei suoi lavori?
Non lo so. Forse me? (Ride ndr.). Non mi sento una persona definita e come molti di noi, cambio in continuazione. Non riesco a credere che un giorno sono super timida e il giorno dopo sfacciata: dipende tutto da cosa penso. Tutto ciò non mi stupisce, perché credo che in noi ci sono delle moltitudini e io sono il dettaglio che fa parte di quelle moltitudini..
Cos’è per lei il concetto d’infinito?
Ce l’hai presente il broccolo Romano? Ecco per me l’infinito è il multiverso. Può essere spiegato graficamente così: un mandala. Credo che noi siamo dei piccoli mandala – ora la sto sparando grossa – e facciamo parte di un mandala più grande e per questo siamo tutti collegati, come le cellule di un corpo. La vita è respiro dice Gurdjeff , la luce è respiro , la luce è energia , Noi siamo energia pura. Non lo so se è vero. Ma mi piace pensarlo. “La vita è respiro” Cit. Gurdjeff. La luce è respiro, la luce è energia. Noi siamo energia pura. Non lo so se è vero, ma mi piace pensarlo.
Si ringrazia l’agenzia “Photomovie” e la Dott.ssa Krasnig per la concessione delle foto e la dott.ssa Alessia Fanzon per la concessione dell’intervista.
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Scheda biografica
TEA FALCO: nasce a Catania nel 1986 e scopre di voler utilizzare la fotografia come medium attraverso cui percorrere i sensi del mondo all’età di tredici anni, quando sua madre le regala una Zenit con la tracolla verde speranza. Si definisce sensista: sfida la morte con l’arte per esplorare il mondo giocando con una macchina fotografica.
È giovanissima, ma ha già vinto un premio per l’arte contemporanea: il Premio Basilio Cascella 2011 , da 55 anni uno dei Premi d’arte più prestigiosi d’Italia; ha esposto l’hanno scorso a Los Angeles all’A.D.C. contemporany art gallery, in Grecia, e continua ad esporre in Italia ( Roma, Catania, Ercolano, Bologna, Ortona).