Periodico registrato presso il Tribunale di Palermo al n.6 del 04 aprile 2012

Anno XII - Num. 56 - 03 settembre 2024

Anno II - Num. 13 - 27 settembre 2014 Politica e società

Seminario “LegalMente, al di là della psichiatria forense”

Padri della psichiatria e della psicopatologia forense a confronto con il mondo dei periti, dei giuristi e del diritto per la promozione della conoscenza scientifica per il sapere consapevole collettivo

(All'interno interviste a prof. Vittorio Volterra Ordinario di Psichiatria all’Università di Bologna, prof. Ugo Fornari padre della psicopatologia forense, Psicologa Loredana Palaziol, prof. Roberto Catanesi ordinario di Psicopatologia forense, dott. Luisa Turco presidente Prima sezione Corte di Assise e presidente Sezione GIP/GUP Tribunale di Agrigento)

di Maria Pia Iovino
         

locandinaPalermo – Stupenda-mente, l’associazione Onlus per lo studio, la ricerca e la divulgazione del sapere psichiatrico ha realizzato la V edizione del seminario “Legalmente – al di là della psichiatria forense”. Una tre giorni in cui sono intervenuti i padri della psichiatria e della psicopatologia forense, i quali si sono confrontati con il mondo dei periti, dei giuristi e del diritto per la promozione del sapere scientifico al servizio del sapere consapevole collettivo.

L’evento patrocinato da Medeacom S.r.l., dall’Ordine dei Medici della Provincia di Palermo, dall’ASP di Palermo e realizzato con il contributo di diverse case farmaceutiche e di Unicredit, si è svolto nello splendido scenario delle Officine Baronali della Casena dei Colli, a beneficio dei professionisti presenti tra psicologi, neurologi, medici legali, psichiatri, tecnici della riabilitazione psichiatrica, periti, avvocati e ordinari di materie giuridiche e magistrati delle varie accademie e tribunali italiani.

Dopo i saluti del Presidente Associazione Stupenda-mente Marcello Alessandra, presenti: Ugo Fornari, padre della psicopatologia forense, noto consulente dell’accusa di Anna Maria Franzoni (caso Cogne) e di Pietro Pacciani, Roberto Catanesi, Professore ordinario di Psicopatologia forense presso l’Università di Bari e Segretario generale della Società Italiana di Criminologia negli anni 2002-2008, Dino Petralia, procuratore aggiunto presso il Tribunale di Palermo, Ettore Costanzo, della Procura Generale di Palermo, Luisa Turco, Presidente della Prima sezione della Corte di Assise e Presidente della Sezione GIP/GUP del Tribunale di Agrigento, Loredana Palaziol, psicologa e psicoterapeuta. Il sostituto procuratore, Nino Di Matteo, a causa di una riunione urgente alla Direzione Nazionale Antimafia, non é potuto intervenire.

Interessante la relazione del Prof. Fornari che, in una passaggio del suo intervento ha evidenziato che: “Ogni persona, non è la somma delle sue parti, ma un’identità nuova e irripetibile, organizzata secondo leggi biologiche, psicologiche e socio-culturali sue proprie.Ovviamente i disturbi patologici psichici (deliri, allucinazioni, eloquio disorganizzato, disturbi del pensiero e dell’affettività e così via) assumono un loro senso (= il conferimento di significato), se posti in rapporto con il funzionamento dell’Io”.

Vittorio Volterra, psichiatra e Ordinario di Psichiatria all’Università di Bologna, in una parte del suo intervento ha rilevato che: La prova della disfunzione o di un’alterazione cerebrale può, comunque conferire un significato correlazionale, non necessariamente causale, al rapporto tra cervello e comportamento dissociale, ma non può cogliere il come ed il perché di tale comportamento. Nel caso dei minori e delle loro denunce e testimonianze, gioca un notevole peso l’accertamento di un eventuale immaturità del soggetto, riguardante quindi, non solo deficit organici maturativi, ma anche situazioni di carenza, deprivazione, disagio, conflitto ecc., connesse a cause sociali di vario genere.

TrinacriaNews.eu nel volere offrire maggiore contezza al lettore ha partecipato all’evento, eseguendo le seguenti interviste:

PROF. VITTORIO VOLTERRA

D. Le manifestazioni psicopatologiche come si manifestano?vittorio volterra

R. Ce ne sono tante. Per esempio, la gelosia è più diffusa di quanto si pensi. E’ la sfera dei sentimenti. Ma si tratta di sentimenti inutili, perché non hanno una utilità, ma fanno male a chi la prova e a chi la subisce. Poi c’è tutta la scala, dalle origini ai giorni nostri, della gelosia edipica del bambino verso la mamma, verso l’eventuale fratellino che vorrebbe uccidere, se potesse, fino all’età tardiva perché purtroppo, ci sono degli stati involutivi che magari, precedono la demenza. Però, magari, le coppie che hanno celebrato felicissimi, le nozze d’oro, dopo magari accade che, “la vecchietta accusa il marito, dicendogli: ma, tu vai con tutte le ragazzine del rione” il marito che accusa la moglie di andare a letto col lattaio, il postino –  con epiloghi che finiscono male. Ora ci sono le gelosie via internet. C’è stato un caso a Catania, di un uomo che ha decapitato la moglie che stava chattando. Altre manifestazioni sono quelle degli ossessivi compulsivi, i deliranti, i depressi che si suicidano per senso di colpa, poi quelle psicopatiche, aggressive. Altre forme derivano dall’alcolismo.

L’uso di alcool, da fattore di speculazione economica a patologia di giovani che vivono una fase critica della loro evoluzione adolescenziale. Cause?

R. Adesso c’è una maniera diversa di bere l’alcool in Italia, perché i giovani bevono per “sballare”. Questa è una maniera “tossico maniaca”, che è anche molto pericolosa, nel senso che, dà anche delle concentrazioni molto elevate di alcol, a parte i disturbi comportamentali che sono lesive del sistema nervoso. Questo fenomeno era molto più diffuso nei Paesi Anglosassoni o nel Nord Europa. In Italia, fino a 40, 50 anni fa, coloro che bevevano, facevano dei lavori molto faticosi, (facchini, fuochisti, operai, i contadini stessi) e, da grandi bevitori poi, diventavano dei grandi alcolisti. Oggi, ci sono da noi dei ragazzi che non bevono durante la settimana però, nel week end sballano in maniera terribile.

D. Cause?

R. Sono nella ricerca dello stordimento, di nuove emozioni, imitazioni, appartenenza ad un gruppo di iniziazione con un leader che viene ammirato, o per cogliere l’aspetto “eroico” della trasgressione, di non essere omologati, di presentarsi in maniera difforme da altri. Però, questo comporta dei gravissimi pericoli, con effetti secondari, perché c’è chi mette le droghe nelle bevande alcoliche ,di nascosto, c’è chi droga per lo stupro, che inibisce le persone e le loro difese. Poi, ci sono delle possibilità in cui la sommatoria di anfetaminici con alcool o cocaina, può comportare anche, situazioni di coma non facilmente reversibili, o commissione di crimini, come per es. di delitti da strada, che da omicidi colposi diventano volontari, con l’irrogazione di una pena diversa.

D. Ai giovani cosa direbbe per abbandonare queste malsane abitudini?

R. In genere, molti di questi bevono per noia o per difficoltà nei rapporti interpersonali, soprattutto con scarsa comunicazione con i genitori, abbandonano presto lo studio, e adesso anche per mancanza di lavoro, che non viene neanche cercato, perché si vuole trovare un lavoro che non si può avere. Io cercherei di sollecitare in loro altri interessi, in ambito comunitario dove ci sono dei giovani sani, che li portino a meditare sul loro futuro, con attività di associazionismo giovanile, sport, musica, attività di laboratorio, in cui si praticano i vecchi lavori manuali.

UGO FORNARI

ugo fornariD. A proposito di pericolosità sociale psichiatrica, molto spesso le Autorità giudiziarie definiscono un soggetto “socialmente pericoloso”. Ma, da esperto di psicopatologia forense, lei chi definisce tale?

R. Esistono criteri clinici che praticamente, coincidono con i criteri utilizzati dallo psichiatra clinico nel disporre i trattamenti sanitari obbligatori. Vale a dire: una situazione in cui la persona ha dei disturbi mentali in atto, non ha coscienza di malattia, non assume le terapie o non risponde alle stesse, non accetta ricoveri. Cioè, è una persona che si trova in una condizione di rischio personale; rischio di ulteriore scompenso sul piano del funzionamento mentale, di scompenso sul piano comportamentale e di rischio di commettere dei reati o di recidivare in essi. Concepita in questo senso, la pericolosità sociale psichiatrica coincide con il rischio elevato che corre un malato di mente, quando in fase di scompenso deve essere protetto e nei cui confronti il sistema sanitario ha degli obblighi di tutela e di protezione.

D. A fronte di quanto ha esposto, tuttavia, il giudice ha una discrezionalità illimitata. Che può dire in merito?

R. In teoria è illimitata, in realtà è limitata dal fatto che lui deve pronunciare sentenza al di là di ogni ragionevole dubbio. Quindi, egli deve esaminare tutte le prove che gli vengono fornite e che egli mette insieme nella costruzione che è il processo, deve quindi valutarne validità o non validità. Quindi, il suo libero convincimento entra in azione solo dopo che lui ha valutato tutte le prove ed è andato al di la del ragionevole dubbio. Lui è in condizione di poter dire: queste prove sono valide, sono accettabili, sono corrette, sono coerenti, sono affidabili. Allora, a questo punto, scatta il suo libero convincimento; in altre parole, il suo libero convincimento è subordinato alla valutazione delle prove, non le precede: prove che costruisce lui stesso, la polizia giudiziaria, che gli portano i difensori, i consulenti, i periti.

D. La chiusura degli ospedali psichiatrici giudiziari?

R. E’ sacrosanta, se ci fossero le strutture. Si sta facendo il medesimo errore (forse anche più grave) di quando vennero chiusi gli ospedali psichiatrici. Sono mosse in cui c’è poco di scientifico. Però, ogni medaglia ha il suo rovescio. Aprono una possibilità straordinaria che fa aumentare il dialogo tra i giudici e gli psichiatri del territorio. E questo è molto importante perché, a questo punto c’è un paziente psichiatrico, socialmente pericoloso, con pericolosità sociale attenuata che esce dal manicomio criminale e va sul territorio, affidato al dipartimento di salute mentale. Allora diventa inevitabile che gli operatori del territorio dialoghino con il giudice che ha emesso il provvedimento e viceversa.

LOREDANA PALAZIOL

D. La patogenesi di alcuni crimini risiede proprio nelle mura domestiche. Quanto è importante il ruolo del genitore nella formazione, nella prevenzione per la sana crescita di un giovane?

R. Sicuramente, la famiglia ha un peso molto importante nel determinare la qualità dello sviluppo del bambino. Ma, nel momento in cui ci troviamo di fronte ad un adolescente o un adulto con una psicopatologia, sicuramente non è corretto fare una attribuzione causale: “siccome la famiglia ….allora…”, questo non è un ragionamento corretto. Allora, dobbiamo sempre tenere conto che sono molteplici le variabili che intervengono nella formazione della patologia, non psichica ma, anche organica. Certo è che la psicologia dell’età evolutiva ci dà degli strumenti per dare delle indicazioni di massima su quelle che possono essere le migliori condizioni di allevamento, di crescita di un bambino o, per segnalare quelle che possono essere delle relazioni potenzialmente patogene. Il fatto che il bambino cresca all’interno di una famiglia patologica, non significa che “necessariamente” l’infante sviluppi una psicopatologia, ma abbiamo una serie di fattori che nel loro intrecciarsi, potranno dare un esito o un altro.

ROBERTO CATANESI

roberto catanesiD. C’è una più forte sensibilità da parte delle Istituzioni di acquisire maggiore consapevolezza presso gli esperti circa manifestazioni di soggetti, psicopatologiche di carattere criminogeno?

R. C’è sempre stata la sensibilità. C’è la necessità e l’opportunità di rivolgersi ad esperti per fornire dei pareri tecnici. Ma, già, nelle vicende degli anni ’60-’70, si troveranno zeppe di consulenze e di consulenti che giravano l’Italia per rispondere ai quesiti dei magistrati o alle sollecitazioni degli avvocati. La vera cosa che è cambiata è che questa disciplina è diventata più rigorosamente applicata ai principi metodologici forti. Mentre, negli anni trascorsi era essenzialmente, un esercizio di competenze individuali.

D. Come definirebbe la psicopatologia forense?

R. L’applicazione di regole e di scienza che sono proprie della clinica psichiatrica e della psicologia a delle esigenze del diritto. E’ una classica disciplina ponte, una specie di traduttore che deve applicare delle regole ch appartengono al mondo delle scienze psicologiche, psichiatriche, al mondo del diritto. Siccome i due mondi hanno due linguaggi diversi, dobbiamo trovare la maniera di rendere fruibili e quindi utili, i linguaggi che sono propri della scienza alle esigenze che sono proprie del diritto.

D. L’esigenza del diritto attuale è anche quella di snellire i processi, sia dal punto di vista temporale che, della macchina amministrativa. Tuttavia, si assiste ad un antagonismo tra consulenti e periti, che può penalizzare la parte lesa. Cosa può dire in merito?

R. Il processo nel nostro ordinamento è un processo di confronto fra parti, e quindi, così come si confronta il Pubblico Ministero con la difesa, così si confronta il consulente tecnico di ufficio o del PM, con quello della difesa. Questo, nello spirito della norma e del processo. Naturalmente, se cambiano le regole, cambieranno i modi di esercitarlo. Ma, noi siamo soltanto una parte accessoria di un modello. Ai miei tempi, quando ho iniziato quest’attività e non c’era il rito attuale, si faceva solo ed esclusivamente, la perizia per il giudice. Cambiato il modello, anche le consulenze e le perizie hanno assunto una conformazione diversa, ma, non credo che siano le perizie uno degli ostacoli ad una giustizia più rapida.

LUISA TURCO

Luisa-Turco-presidente-dei-Gip-del-Tribunale-di-AgrigentoD. Quanto è libera la figura del magistrato rispetto alle perizie che vengono formulate dai vari consulenti e periti di parte?

R. Più che di libertà, parlerei di discrezionalità che, tuttavia è ancorata alle risultanze del processo ed alle valutazioni dei periti e dei consulenti tecnici. Il giudice deve tenere conto delle risultanze di carattere scientifico dei periti e consulenti tecnici in materia e poi dare atto, con adeguata motivazione, delle soluzioni che ritiene più convincenti e più pertinenti rispetto all’esito dell’intero processo.

D. Quanto si può considerare attendibile una perizia che promana dall’accusa in antitesi con quella della difesa, ed in cui si consuma un antagonismo tra le parti, con il risultato di una sentenza viziata?

R. La pubblica accusa e la difesa, nell’ambito del processo penale stanno su piani che sono assolutamente paritari. E’ evidente che il giudice, nel contraddittorio tra le parti, ha sempre il potere di approfondire le indagini con una propria perizia, che espleterà nel pieno contraddittorio delle parti. Egli può nominare un proprio perito che lavorerà unitamente ai consulenti delle parti per fornire al giudice una risposta convincente.

D. La riforma della giustizia crede che avrà un’incidenza positiva, negativa o neutra rispetto a quelle che sono le attese della parte lesa o dei vari crimini che oggi si consumano?

R. La riforma della giustizia è una problematica complessiva che va valutata sia, nel settore penale che, in quello civile. Deve tenere conto delle esigenze di tutte le parti all’interno del processo. Non è un lavoro facile. I giudici lavorano con poche risorse economiche e umane, non solo come organico della magistratura, ma anche di cancelleria e di persone che supportano il lavoro del giudice che non sono meno importanti in una valutazione complessiva del lavoro dell’ufficio.

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