Palermo – È iniziato da poche ore (9:30), il sit in dei lavoratori bancari che si sono dati appuntamento in piazza Giuseppe Verdi davanti al Teatro Massimo, per scioperare uniti e inseparabili contro l’atto di forza voluto da ABI (Associazione Bancaria Italiana) lo scorso 25 novembre che ha disdettato il contratto collettivo nazionale di categoria. Stamane filiali di credito e sportelli bancari hanno visto i propri dipendenti fare fronte comune con le braccia incrociate e “disertare” il consueto orario di lavoro, per recarsi alla grande manifestazione che vuole urlare con decisione a tutta Italia lo slogan: “Siamo bancari non siamo banchieri”. E già, perché quello che ABI non ha ben chiaro è il fatto che i comuni impiegati del settore finanziario vivono di modesti stipendi, sbarcando il lunario onestamente, sempre sorridenti e al servizio del cittadino mentre i grandi Signori del management economico dettano imposizioni, frammentano e sconquassano i loro stessi dipendenti, attenti solo a contare le banconote che ogni giorno rimpinguano i propri conti correnti.
La mobilitazione è generale non soltanto nel capoluogo isolano, dove a presiedere con un maxi comizio è Massimo Masi, segretario nazionale della UILCA, ma sono contestualmente in atto anche altre tre importanti manifestazione bancarie a Milano in piazza della Scala, con il segretario generale CGIL Susanna Camusso e Lando Sileoni di FABI, a Ravenna in piazza del Popolo, con Piero Rgazzini segretario generale FISAC-CGIL, e infine a Roma presso piazza dell’Esquilino, con Giulio Romano della FIBA-CISL e il segretario generale della UIL Carmelo Barbagallo.
Sono previsti circa 320 mila partecipanti e in effetti le stime sarebbero appropriate visto che già dalle prime ore del mattino, nel centro di Palermo hanno fatto le prime comparse centinaia di bandiere accompagnate da pacifici inni che dicono “Scioperiamo per rivendicare un nuovo modello di banca e difendere il nostro contratto nazionale”.
Ma quale sarebbe questo tanto agognato Nuovo Modello di banca? Ciò che si augurano i comuni bancari è quello di lavorare all’interno di aziende che siano al servizio incondizionato del paese, banche che siano più vicine alle famiglie in difficoltà e alle piccole-medie imprese o al territorio, banche che combattano con decisione il modello tuttora vigente che privilegia, invece, un’erogazione del credito prevalentemente a favore dei grandi gruppi industriali. A questo punto non ci resta che sperare che le contestazioni e le migliaia di voci che si stanno sollevando in queste ore dalle piazze italiane possano davvero convincere il Governo ad intervenire, facendo da mediatore tra la parte datoriale delle banche e i semplici lavoratori del settore.