Palermo – Si è svolta presso la Sala delle Capriate di Palazzo Steri la giornata conclusiva di presentazione dei risultati del progetto europeo Inoveno – Innovazioni Enologiche per la produzione vitivinicola siciliana. Il progetto, promosso dall’Irvos – Istituto Regionale del Vino e dell’Olio di Sicilia e finanziato dalla Comunità Europea nell’ambito della misura 124 del “Programma di Sviluppo Rurale Sicilia 2007/2013”, ha previsto l’applicazione di nuovi protocolli enologici presso le sei cantine siciliane Alto Belice, Colomba bianca, Europa, Patria, Primavera e Tenuta Gatti. Lo scopo di Inoveno è stato soprattutto quello di trasferire le nuove tecnologie, i protocolli e le conoscenze del settore della ricerca dell’Istituto Irvos alle aziende vitivinicole siciliane.
La giornata di divulgazione ha coinvolto produttori, tecnici, associazioni di categoria e rappresentanti delle istituzioni. All’evento hanno partecipato, inoltre, il Direttore responsabile della rivista Civiltà del bere Alessandro Torcoli, il Capo Area Tecnico Scientifica dell’Irvos Daniele Oliva, il Pro-Rettore Vicario dell’Università degli Studi di Palermo Vito Ferro, il Dirigente del servizio V dell’Assessorato Regionale all’Agricoltura Giuseppe Spartà, il Dirigente dell’Istituto Regionale del Vino e dell’Olio Antonio Sparacio e il Funzionario dell’Istituto del Vino e dell’Olio Giuseppe Genna.
Numerosi sono stati i partner del progetto: l’Istituto zooprofilattico sperimentale di Sicilia, il Consorzio di ricerca sul rischio biologico in agricoltura, il Centro di ricerche economiche e sociali per il Meridione, Assovini Sicilia, HTS Enologia, il Centro enochimico Barbera e Ubiq srl.
I nuovi protocolli hanno permesso la produzione di vini di qualità, legati al territorio di origine e con una maggiore “tipicità”.
In particolare, i tre obiettivi principali raggiunti dal progetto sono stati:
– l’impiego di nuovi ceppi di lievito per la produzione di vini bianchi e rossi;
– l’impiego di un nuovo protocollo per la produzione di vini rosati a più alta stabilità di colore e longevità del quadro aromatico;
– la produzione di vini spumanti innovativi e di un nuovo ceppo di lievito con caratteristiche ottimali.
La giornata ha costituito l’occasione anche per presentare il manuale tecnico operativo Inoveno, in cui sono state riportate tutte le caratteristiche e le azioni del progetto, fornendo alle aziende gli strumenti per potere ricreare nella proprio cantina quanto già sperimentato dall’Irvos. Il manuale è disponibile in formato digitale all’indirizzo http://www.ats-inoveno.it/
A moderare il convegno è stato Alessandro Torcoli, il quale ha definito l’importanza e l’innovatività del progetto in campo nazionale. Inoveno è uno studio di caso. Nel panorama nazionale casi virtuosi di questo genere sono forse più unici che rari. Non è facile che la ricerca scientifica si rivolga al mondo delle imprese. Spesso nel settore degli studi ci si lamenta della mancanza di un legame forte tra mondo accademico e realtà, ma la relazione con il mondo dell’impresa è utile per recepire gli input e per migliorare il livello competitivo delle imprese stesse.
Durante il suo intervento, il capo area tecnico-scientifica dell’Irvos Daniele Oliva ha presentato nel dettaglio il progetto Inoveno, per poi entrare nello specifico del primo obiettivo del progetto, quello relativo all’impiego nelle aziende di nuovi ceppi di lievito per la produzione di vini bianchi e rossi. Il progetto è stato interamente finanziato dalla Comunità Europea attraverso il PSR Sicilia 2007/2013 – ha affermato – in particolare, ci si è occupati del trasferimento tecnologico dei risultati scientifici, affinché si potessero trasformare in meccanismi di promozione dell’economia all’interno delle realtà aziendali. Inoveno ha previsto la messa a regime, all’interno di sei aziende siciliane, di protocolli enologici innovativi che per anni erano stati studiati all’interno della nostra cantina “Dalmasso” di Marsala, un piccolo stabilimento enologico sperimentale.
A conclusione del suo intervento, Daniele Oliva è entrato nel dettaglio della prima azione del progetto, proponendo un excursus delle azioni svolte in dieci anni di attività di ricerca. Fino al 2006 la Sicilia non possedeva dei ceppi di lievito selezionati sul proprio territorio. Poiché l’interesse del consumatore è sempre più orientato ai prodotti tipici, nel 2002 abbiamo deciso di sviluppare un progetto di ricerca per isolare nuovi ceppi. Siamo partiti da un’area della Sicilia sud-orientale ed abbiamo individuato sei palmenti, in cui venivano realizzate delle fermentazioni spontanee. Attraverso questa selezione, abbiamo individuato 30 potenziali ottimi fermentatori. Successivamente, nella nostra cantina, abbiamo dato il via a delle vinificazioni sperimentali. Lo scopo di questo progetto è stato quello di dimostrare che quanto fatto nella cantina fosse effettivamente trasferibile in azienda. Sui vini prodotti, inoltre, sono stati attuati dei controlli molto serrati. Quotidianamente sono state svolte le analisi microbiologiche e, a fine fermentazione, si sono svolte le analisi del DNA necessarie a dimostrare che il ceppo che aveva fermentato era effettivamente quello inoculato. Successivamente è iniziata una serie di analisi per caratterizzare da un punto di vista chimico il vino. Una parte importante del progetto è stata anche la capitalizzazione dei risultati raggiunti, cioè il trasferimento dei risultati della ricerca e la loro applicazione non soltanto alle cantine del progetto, ma anche a tutte le cantine siciliane.
La seconda azione si è concentrata sui vini rosati, attraverso un’attività di sperimentazione presso la cantina Alto Belice. Il protocollo ha riguardato la produzione di vini rosati a più alta stabilità di colore e longevità del quadro aromatico, utilizzando delle uve Sirah. I rosati, infatti, presentano delle caratteristiche produttive e delle problematicità tipiche che, dal punto di vista commerciale, li rende dei “non vini” o comunque una categoria marginale. Vengono ottenuti da uve poco mature, con problemi dal punto di vista fitosanitario, o da uve nere con difetti parametrici. A livello internazionale, la produzione di tali vini costituisce il 10% della produzione mondiale, all’interno della quale Francia e Italia detengono la metà della percentuale. La Sicilia, in particolare, produce solamente 35 mila ettolitri.
La terza azione ha riguardato, invece, gli spumanti. La sperimentazione, in questo caso, ha permesso di produrre dei vini di qualità in una terra che, con dei vitigni e con delle situazioni pedoclimatiche tipiche, di norma non è votata a tale attività. Le tre cantine coinvolte sono state Primavera, Alto Belice e Tenuta Gatti. Tale ricerca ha tenuto conto del crescente interesse dei consumatori nei confronti degli spumanti e del fatto che la Sicilia, con circa venti aziende, produca solo mezzo milione di bottiglie, di cui un terzo esportato all’estero. Le prove sono state realizzate con uve coltivate intorno ai 400-500 metri, cercando soprattutto di rispettare le varietà ed i lieviti autoctoni siciliani.
Durante l’evento la redazione di TrinacriaNews.eu ha intervistato Daniele Oliva, Vito Ferro e Alessandro Torcoli. Ecco i contenuti delle tre interviste:
Daniele Oliva
In cosa consiste il progetto Inoveno?
Il progetto è costituito da tre azioni diverse che, considerate le specificità della Sicilia e del suo clima, hanno lo scopo di elevare la qualità di alcune tipologie di vini. Il grande vantaggio del progetto è che si tratta, nella maggior parte dei casi, di misure estremamente semplici da applicare nelle aziende. Non è necessario l’impiego di nuovi impianti, ma solamente di nuovi ceppi di lieviti in sostituzione di quelli già utilizzati oppure l’adozione di nuove procedure che non comportano un costo eccessivo. Di fatto il progetto Inoveno è la parte finale di un lavoro di ricerca che, in alcuni casi, è durato anche dieci anni. In realtà, quindi, non si tratta di un progetto di ricerca, ma di un progetto di trasferimento tecnologico. La Comunità Europea ha finanziato l’applicazione dei risultati ed il collaudo dei prototipi, cioè dei nuovi ceppi di lieviti o dei nuovi vini. Il trasferimento è abbastanza costoso, perché per dimostrare che l’innovazione introdotta ha effettivamente migliorato la qualità di un vino è necessaria una serie di controlli.
In cosa consiste nel dettaglio l’azione di cui si è occupato personalmente, quale capo area tecnico-scientifica dell’Irvos?
La prima azione ha riguardato nuovi ceppi di lieviti isolati in Sicilia e selezionati partendo dalle fermentazioni spontanee dei vecchi palmenti della zona sud-orientale dell’isola. Lì abbiamo individuato dei ceppi di origine siciliana in grado di produrre dei vini di qualità con dei caratteri tipici. Abbiamo individuato una serie di piccole cantine a gestione poco più che familiare, che producevano del vino per fermentazione spontanea ed abbiamo isolato una grossa quantità di lieviti. Dopo averli studiati per anni, abbiamo prodotto nella nostra cantina sperimentale vini in piccolissime quantità, che sono stati poi valutati da enologi siciliani. Abbiamo raggiunto un risultato molto importante, in quanto nel 2012 tutto il lavoro è stato raccolto in due pubblicazioni scientifiche, una sui vini bianchi e l’altra sull’intera selezione e sui vini rossi. Nel 2012, inoltre, la rivista scientifica “Science” ha dedicato al progetto una pagina sul suo sito Internet, dimostrando che la biodiversità tipica possiede un valore economico.
Quali sono i risultati raggiunti?
Il risultato è quello che avevamo previsto, cioè la dimostrazione che quanto ottenuto nella cantina sperimentale fosse trasferibile interamente alle aziende. Le cantine possono, di fatto, scaricare il manuale e compiere, in maniera autonoma, le prove sui loro volumi. Per quanto riguarda i lieviti, invece, è necessario acquistarli.
Alessandro Torcoli
Qual è l’importanza di questo progetto a livello nazionale?
Questo progetto rappresenta certamente un unicum nel panorama nazionale. Nelle altre regioni non saprei trovare un caso analogo. Sono stato molto felice di partecipare a questo incontro, perché sono state tirare le somme di un’attività che auspicherei avvenisse più spesso in Italia. Si tratta di una grande ricerca sperimentale svolta da un organismo pubblico a beneficio dell’economia non solo regionale, ma anche nazionale. Purtroppo nel nostro Paese la ricerca è demandata per la maggior parte ai privati e alle singole aziende. L’Irvos, al contrario, ha studiato delle questioni tecniche fondamentali per il settore vitivinicolo a beneficio pratico delle aziende, dell’economia regionale e nazionale.
Vito Ferro
Qual è il coinvolgimento dell’Università di Palermo nel settore enologico e vitivinicolo?
L’Ateneo palermitano ospita, nella sede decentrata di Marsala, il Corso di Laurea a numero programmato in “Viticoltura ed enologia”. Questo corso permette a trenta studenti di diventare enologi e di sviluppare la propria formazione nel settore della viticoltura. Al termine del loro percorso di studi triennale possono anche frequentare una laurea magistrale inter ateneo in “Scienze viticole ed enologiche”, che coinvolge cinque atenei italiani, in un progetto che si fonda anche sulla collaborazione con l’Istituto Regionale della Vite e del Vino. I nostri studenti frequentano dei laboratori e vi è anche la possibilità per loro di svolgere attività di stage presso questi istituti. Si tratta di una collaborazione solida dal punto di vista della didattica, ma anche della ricerca perché, soprattutto nel secondo livello della formazione, la ricerca è l’alimento quotidiano per l’innovazione.