Palermo – Sprangato da dieci anni, uno dei gioielli liberty di Palermo promette di riaprire le sue porte. E lo farà con un varietà di capodanno che segna la strada del domani: Il Finocchiaro non ripartirà infatti come cinema – come era stato dagli anni ’50 al 2004, con alterne vicende – ma come teatro di intrattenimento, votato al varietà e al café chantant. Qualcosa che mancava in città, ma che probabilmente segnerà la nuova vita del bel teatro liberty di via Roma (civico 184).
La notte di capodanno. Un “Gran Varietà” di Capodanno, in stile charleston con coreografie, musica anni ‘30, ‘40 e ’50, tra paillettes, pièce di théatre comique, can can e burlesque. degli ANNI 30 – 40 – 50, con il travolgente Can Can e suggestivo
Bourlesque. Con le soubrette Noemi Cannella, Simona Cannella, Floriana Canino, Adriana Salemi, una piccola orchestra – Benny Amoroso (tromba), Giuseppe Ricotta (pianoforte), Luca De Lorenzo (contrabbasso), Sergio Calì (batteria e percussioni) – i vocalist Federica Amoroso e Nonuccio Cammarata, gli attori Stefania Vitale, Katiuska Falbo e Casimiro Alaimo. Costumi di Amalia Lo Pinto, coreografie di Adriana Salemi, direzione musicale di Benny Amoroso. Regia di Katiuska Falbo e Casimiro Alaimo. Cena preparata dallo chef Carmelo Criscione (Petit Café Nobel). Info: 331.8799115 – 091334569.
Il cineteatro Finocchiaro. Venne costruito nel 1922, per volere del cavaliere Emanuele Finocchiaro, industriale del cemento (e infatti il teatro fu usato anche come rifugio antiaereo durante la guerra), su progetto dell’architetto Paolo Bonci, a cui si devono la Galleria delle Vittorie e palazzo Finocchiaro (1926), che era annesso al teatro. Sono gli anni della realizzazione del secondo tronco di via Roma, dato in appalto allo stesso Bonci e a Rutelli, nell’ambito del progetto di risanamento di Felice Giarrusso.
Mille posti in tutto tra platea (500) e palchi, e un magnifico tetto lucernario apribile che permetteva persino di svolgere spettacoli “all’aperto”. Il Teatro Finocchiaro ha un prospetto importante su via Firenze, che probabilmente una volta era l’ingresso principale, in vista di un progetto degli anni Trenta che voleva l’abbattimento delle case attorno per costruire una piazzetta di accesso. Ma non se ne fece più nulla e la via laterale fu destinata all’ingresso in anfiteatro, di coloro che non avevano i soldi per pagarsi un palco. Anfiteatro fornito di suoi servizi separati a seconda che si pagasse un posto 2 lire o 50 centesimi.
Due gli ingressi, sormontati da quattro file di finestre allineate verticalmente. Le parti laterali affiancano quella centrale come due torri e completano il disegno con un sistema di finestre rampanti incorniciate da emicicli con tarsie che riecheggiano a fantasia klimtiane (vedi un rilievo della Soprintendenza del 1983, che definì il Finocchiaro un “monumento di notevole interesse storico artistico” che porterà ad un vincolo nel 1989). E’ un insolito connubio fra teatro all’italiana e teatro wagneriano: pianta trapezoidale con una propaggine rettangolare che un tempo ospitava l’ingresso e, al secondo livello, una tea room, gestita dai fratelli Ciccio e Ciro Scianna. In sala, tre ordini di palchi, un loggione laterale al terz’ordine, e un secondo loggione al quarto. Sul boccascena, quattro file di palchi di proscenio. Le decorazioni, tutte Jugendstil, sono dello scultore Geraci: stucchi, motivi floreali e maschere, fregi lignei fino al tetto. Il teatro è agibile solo per la platea, il palcoscenico non è utilizzato dal 1956. Gli antichi foyer, la sala da tè, gli uffici e gran parte dell’ingresso su via Roma sono occupati da altre attività commerciali.
La storia del Finocchiaro. Venne inaugurato il 24 febbraio 1923 con lo spettacolo “Don Pietro Caruso” di Roberto Bracco, messo in scena dalla compagnia di Alfredo De Sanctis, alla presenza – come riportano le cronache del tempo – di “quanto di più aristocratico, di più intelligente, di più fine conta Palermo” (L’Ora). Il teatro “è giudicato degno di una grande città come la nostra – scrive Il Giornale di Sicilia. Ci sono addirittura due ingressi, in moda da non far scontrare il pubblico dei palchi e quello del loggione. Il lucernario mobile piace talmente tanto da indurre il cavalier Finocchiaro ad organizzare una stagione estiva di lirica “a cielo aperto”: il 13 maggio 1923 va in scena “Carmen”. Da quel momento il Finocchiaro ospita un po’ di tutto: qui si esibiscono Giovanni Grasso, Angelo Musco, Macario, Totò, Aldo Fabrizi, si fa prosa, lirica, varietà. La compagnia Nino Fleurville – Dedè Mercedes diede scandalo: la bella soubrette apparve una sera con un abito attillatissimo, lungo fino ai piedi ma sforacchiato. E il comico Fleurville fece notare che la signora non portava biancheria. Gli uomini applaudirono, le donne lasciarono la sala ad occhi bassi. A Palermo se ne parlò per mesi. Beppe Olivieri portò poi i suoi spettacoli che si concludevano con sparatorie: il pubblico le attendeva con le dita vicino alle orecchie.
Nel 1938 muore il cavalier Finocchiaro e il teatro è ereditato dai figli Silvio, Vincenzo, Rosita e Salvatore. Pochi anni dopo rischia anche di fare una brutta fine, visto che è solo sfiorato da una bomba che colpisce un angolo del palazzo (ma si racconta che un aereo kamikaze riuscì ad infilarsi nel suo lucernario, per fortuna senza far grandi danni). Nel 1950 diventa cinema, anche se fino al 1956 alterna anche qualche rara rivista. Prima i Mangano, poi i Rispetta, diventa il luogo dedicato alle pellicole western, poi ai film di arti marziali, poi cinema a luci rosse, dalle dieci del mattino alle sette di sera. Nel 1990 ritorna agli eredi Finocchiaro che, sebbene spezzettati, lo possiedono tuttora e hanno più volte tentato di aprire una trattativa con la Soprintendenza per ottenere i finanziamenti necessari alla ristrutturazione, senza però mai ottenere risultati concreti. Si tenta di farlo diventare sede di progetti teatrali d’avanguardia (nel settembre 1994, con l’aiuto di Beno Mazzone, ospitò tre sere, “Amor di lontano” di Enrico Frattaroli), luogo di incontro, spazio per conferenze; lo affitta la facoltà di Architettura per le sue lezioni, gli studenti lo riducono peggio di una toilette, colmo di scritte e sfregi. Null’altro va in porto e Palermo si dimentica del suo teatro, uno fra i tanti abbandonati. Nel 1998 lo affitta Salvatore Siviglia che tenta di farlo ridiventare cinema, qui si proiettano “Full Monty” e “Titanic”. Il progetto va avanti qualche anno, fino al 2004, poi si spegne.
Oggi la ristrutturazione per riconsegnarlo alla città: a cura di Edoardo de Stefani (impianti e messa in sicurezza) e Maurizio Rotolo (pulitura, restauro e rapporti con la Soprintendenza). Il Teatro Finocchiaro è preso in gestione da un gruppo di giovani artisti raccolti sotto il nome I Bohemiens. Saranno loro a proporre una stagione sin dal 10 gennaio quando Il Finocchiaro aprirà le porte con una visita teatralizzata gratuita che racconterà la storia della sala, dai primi del ‘900 ad oggi. In futuro, sono previsti spettacoli di Monsieur David (Colorado cafè), stage con Gianluca Guidi, formazione per attori, gruppi jazz e musica anni ’30, ’40 e ’50, cene d’autore, Burlesque e visite guidate mattutine. Sempre il Finocchiaro entra nel circuito di teatro per bambini non vedenti.
Info: 333.5289457