Balarm (Palermo) è la capitale della Sicilia, situata sulla costa dell’isola, essa è più grande Cairo, ma questa è più varia. Le costruzioni sono di pietra e calce e la città si presenta bianca e rossa; è circondata da fonti zampillanti e bambù ed è bagnata da un fiume chiamato Wadi Abbas (Oreto). I mulini sono al centro della città, vi è abbondanza di frutta, di altri prodotti del suolo e di uva e l’acqua del mare batte le possenti mura. Balarm comprende una città interna in cui si trova la grande moschea dell’Adunanza, mentre i mercati sono collocati nei sobborghi…. . Questa è la descrizione della splendente città di Palermo, fatta nel sul finire del X secolo, dal viaggiatore arabo Al-Muqaddasi, mentre si trovava a compiere un tour scientifico nel Mediterraneo per conto del sultano abbaside.
E sì, perché ci fu un tempo lontano, in cui la nostra antica città divenne centro multietnico e multiculturale, crocevia poliedrico di popoli dalle opposte culture, fastosa dimora di emiri arabi e sovrani cristiani pronti a far gara con le armi o con l’ingegno, pur di regnare su questo rigoglioso spazio, chiamato dai musulmani Genoard, ovvero “Paradiso in terra”.
Ma l’apice per Palermo, giunse con l’arrivo sulle scene d’Europa, del celebre imperatore Federico II Hohenstaufen, grandiosa figura di monarca progressista che per circa un cinquantennio (1194-1250), si rese protagonista delle vicende che interessarono la Sicilia, il Papato e il Sacro Romano Impero tedesco.
Fu tale la fama che avvolse la personalità di Federico presso gli antichi, da fargli valere l’appellativo di Stupor mundi, poiché davvero stupì la cultura occidentale con l’acume della sua moderna politica, dalla quale nacquero: la raccolta giuridica nota come Constitutiones Regni Utriusque Siciliae o Melfitanae; il trattato di falconeria De arte venandi cum avibus e le opere letterarie dei poeti di scuola siciliana (Iacopo da Lentini, Pier della Vigna etc.); le imponenti architetture militari di Lucera o Castel del Monte; infine la fondazione dello studium di Napoli e Salerno.
“Palermo al tempo di Federico II” è stato il tema della conferenza svoltasi giovedì 12 febbraio (ore 17:00), presso l’aula magna dell’Istituto Pedro Arrupe (via Franz Lehar n. 6) e promossa dalla sezione locale dell’associazione Italia Nostra, presieduta dal prof. Piero Longo, già docente universitario di Storia dell’Arte e responsabile della Fabbriceria del Palazzo Reale di Palermo. Noi oggi – ha detto il presidente Longo – viviamo una situazione nella quale la Sicilia potrebbe diventare, di nuovo, quella grande metropoli che fu nel medioevo arabo-normanno mentre invece, sembra aver perso del tutto l’antico ruolo di preminenza sull’area mediterraneao. Eppure, così come un tempo la politica e la diplomazia si muovevano fra Occidente e Oriente e il baricentro stava proprio in Sicilia, nei giorni nostri, lo scenario non è poi tanto mutato perché ancora l’isola fa da ponte culturale fra popoli diversi, congiungendo continenti e lingue.
Durante tutta la conferenza, alla sala gremita di ospiti e curiosi, è stata proposta una ricca carrellata di miniature, antiche carte geografiche, ricostruzioni artistiche e fotografie che, grazie alla voce affabulatrice del suo novelliere, hanno fantasticamente proiettato l’ascoltatore indietro nei secoli, ripercorrendo il glorioso cammino per tappe della città di Palermo, partendo dalla genesi dei suoi 5 caratteristici quartieri (Galca, Seralcadio, Kalsa, Albergaria e Patitelli) e, passando per la nascita a Iesi del puer Apuliae (Federico II), si è giunti infine al disgregarsi del Regno tedesco in Sicilia con l’arrivo della mala Signoria di Carlo I d’Angiò.
I sessant’anni di governo teutonico a Palermo – ha affermato il professore Longo – furono la breve ma felicissima parentesi economica che mai più si verificherà nella storia locale, quando al centro del quadro politico stava proprio la nostra amata città celebre e ambita al pari di Bisanzio, Aquisgrana o Barcellona, dove vivevano e operavano burocrati, intellettuali e maestranze di ogni nazionalità (catalani, pisani, inglesi, arabi, giudei e greci). È mai possibile che noi oggi, più che consapevoli di questa ricca eredità e ancora padroni delle rare bellezze d’un tempo passato, non riusciamo a risollevare il nostro cadente e precario presente? Io non voglio essere additato come nostalgico, voglio solo che Palermo viva con dignità il suo futuro rivalorizzando il tesoro storico che tuttora custodice.
Chi ha preso parte all’evento, è tornato al suo quotidiano vivere, con la consapevolezza di quanta grandiosa regalità lo ha preceduto e, sensibilizzato nella propria coscienza civica, ha ben compreso che l’obiettivo di Italia Nostra è appunto quello di valorizzare il patrimonio culturale della nostra terra.
In occasione dell’evento la redazione di TrinacriaNews.eu ha incontrato il professore Piero Longo, di seguito l’intervista:
Un tempo Palermo era città prediletta e ambita da molti sovrani, felice e prospera capitale di un Regno. Auspica, che un giorno noi potremo ritornare a quei fasti imperiali di cui oggi rimangano solo le tracce storiche e architettoniche?
Il mio non è un motivo di nostalgia, non voglio e non potremmo mai tornare ad un tempo che non c’è più ma bisogna riflettere sulla forma della città che non è soltanto ciò che è costruito e si vede, bensì chi la abita e la viva ogni giorno. Palermo non è solo Urbs (città in senso materiale), non è solo pietra, è innanzi tutto Civitas (cittadinanza) quindi le leggi e i rapporti sociali che nella prendono anima proprio all’interno della forma della città. Oggi, in molte città di tutto il mondo, tu cosa puoi leggere? Il Caos. E questo perché non ci sono più le piazze, i giardini, i teatri dove la gente si sofferma a discutere e si incontra e le stesse opere pubbliche non ti indicano le funzioni specifiche che hanno, considerato che un “palazzaccio”di svariati piani può essere un ospedale o un scuola. Ecco che allora ritornare a pensare Palermo nei suoi felicissimi momenti di splendore imperiale, da quando nato Federico II (1194) diventa capitale del Sacro Romano Impero, significa riconoscere il giusto merito ad una capitale internazionale dell’antichità. Se attualmente, la nostra città sembra sprofondare nel degrado, volere riportare alla luce le memorie dei tempi che furono significa far riemergere l’anima della città e la sua società civile. Palermo deve tornare a ritrovare i suoi dei e la sua essenza animata.
Palermo, torna pallidamente a competere con i grandi centri europei, dall’Ottocento grazie al mecenatismo e all’imperialismo economico di famiglie come i Florio, Ingham o Whitaker mentre per circa 4 secoli, l’isola ha subito una lenta e graduale crisi che molti storici imputano alle dominazioni. Cosa ne pensa?
Sì, è in parte vero che Palermo raggiunge una certa grandezza nel XIX secolo, ma questa era legata più a un fattore mercato e profitto. In verità la nostra città dal 1416, perde definitivamente il suo status d’indipendenza, per divenire un vicereame aragonese e a questa subentrò Napoli nella conduzione della politica dell’Italia del Sud, perché qui prenderanno a risiedere la corte spagnola e il monarca. Tutti imputano facilmente la causa della decadenza della Sicilia alla questione ”dominazioni” straniere (francese, aragonese, spagnola, piemontese), le quali si sono succedute nei secoli ma in verità dobbiamo riconoscere che noi abbiamo sempre accettato passivamente la situazione proposta dall’esterno. L’unico momento in cui i siciliani si sono davvero ribellati alzando il capo è stato il Vespro del 1282. Nessuno, infatti, a mai dominato sulla Sicilia, è facile giocare con le parole ma bisogna riconoscere che il popolo isolano ha preferito concedere la gestione dei propri affari ad altri, senza mostrare dissenso e disapprovazione, quindi non abbiamo mai subito le dominazioni ma le abbiamo prese semmai. La parola dominazione è, da sempre, un modo per giustificare ipocritamente la situazione di crisi che oggi viviamo.
Penso che per le sorti della Sicilia sia stato negativo il ruolo assunto dalla chiesa di Roma che temo l’abbia usata come merce di scambio fra i vari casati di Francia o Spagna a partire dal XII° secolo (temo che se fossero rimasti gli islamici, alla Sicilia avrebbero usato più rispetto), con una conseguente nobiltà importata smidollata ed inetta; il risultato fu una costante condizione di marginalità con conseguente senso di soggezione ed impotenza nel non poter essere artefici dell propria storia: condizione che temo si perpetui fino ai nostri giorni.