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Anno XII - Num. 56 - 03 settembre 2024

Anno VI - Num. 31 - 8 febbraio 2018 Cultura e spettacolo

A proposito dello spettacolo di Collovà in scena al Ridotto al Teatro Biondo di Palermo

di Pietro Longo
         

Teatro Biondo Palermo “Fratelli” di Claudio Collovà ph © rosellina garbo 2018

Chi vuole vivere e respirare il grande teatro dove ancora ci si può meravigliare e imbarcarsi nell’avventura del conoscersi e mettersi in questione davanti allo specchio ustorio della coscienza, non può perdersi questi “Fratelli” che con la sua regia e drammaturgia, Claudio Collovà regala al pubblico del Biondo e soprattutto al teatro italiano del nuovo millennio.

Andati in scena in prima nazionale nella Sala Strehler del Ridotto al Teatro Biondo i due “Fratelli”, tratti dall’omonimo romanzo di Carmelo Samonà, premio Mondello 1978, si sono incarnati e hanno avuto credibilissima voce e gesti consoni e misurati dai due strepitosi interpreti Sergio Basile e Nicolas Zappa, attori che il regista ha saputo mettere a dura prova realizzando pienamente lo spirito del romanzo nei ritmi propri del suo teatro. Come sempre, ma questa volta con eccezionale stringatezza e crudele distacco, azione e parola si compenetrano a tal punto da divenire razionale concertazione concettuale ed essenziale grumo di emozioni e sentimenti che implodono ed esplodono secondo ritmi e sonorità che sanno raccontare il silenzio, l’urlo ,la disperazione e il sogno.

Nella complessa e articolata scena di Enzo Venezia dove ogni oggetto è parte di una architettura coinvolgente che partecipa e suggerisce l’azione e  ogni elemento, dal registratore al nero ombrello, è nello stesso tempo simbolo e reale macchina scenica usata dai protagonisti che tra sedie, specchi, porte e finestre ,water e lavandino raccontano la casa- prigione dove la strategia della cura si trasforma in malattia che si sdoppia passando dall’uno all’altro quasi a dare un senso alla loro disperata misericordia nella quale vivono e tentano di vivere, ora scambiandosi i ruoli, ora tentando la fuga ,ora inseguendosi inutilmente nel dolore dei ricordi che esplodono visibilmente nella esacerbata marcia funebre chopiniana, ora tentando il volo, sostenuto dalle musiche di Giuseppe Rizzo, oltre la solitudine e l’affettività nella ricerca del dialogo che riporti armonia nella drammatica condizione dell’esistere. Al di là della vicenda che si rivive , Fratelli è l’epica dello spirito contemporaneo che si dibatte nella “malattia mortale”e nella “nausea” ereditata dal “secolo breve” che in realtà, tra follia ed epilessia, in questa analisi drammaturgica è una grande metafora che suggerisce la vana ricerca della salvezza cui aspira l’umanità contemporanea che chiede misericordia e non sa donarla.”Arcibravo in fede mia!” e “arcibravissimo in fede mia!” si dicono l’un l’altro i fratelli, io mi permetto di dirlo al regista e a tutta la sua compagnia , alla scelta della direzione artistica e a tutti coloro che hanno contribuito alla realizzazione dello spettacolo. Sono anche convinto che la maggior parte degli spettatori lo diranno

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