Periodico registrato presso il Tribunale di Palermo al n.6 del 04 aprile 2012

Anno XII - Num. 56 - 03 settembre 2024

Anno II - Num. 11 - 03 maggio 2014 Cultura e spettacolo

Presentazione libro su Chinnici “Così non si può vivere”

La storia mai raccontata del giudice che sfidò gli intoccabili

(All’interno videointerviste a Fabio De Pasquale ed Eleonora Iannelli, autori del libro, ed a Giovanni Chinnici, figlio del giudice Rocco Chinnici)

di Maria Pia Iovino
         

Palermo – All’Istituto Don Bosco Ranchibile si è tenuta la presentazione del libro di Elonora Iannelli e Fabio De Pasquale: Così non si può vivere. La storia mai raccontata del giudice che sfidò gli intoccabili.

Il titolo del libro evoca la frase, Così non si può vivere, che più volte ripeté il magistrato Rocco Chinnici durante gli anni in cui esercitò, con devozione e senso dello Stato, l’attività di magistrato. Con questa frase il Magistrato esprimeva il suo profondo disagio che realizzava nell’acquisire fatti di rilevanza giudiziaria che controvertivano l’Ordine costituito che si apprestava a proteggere.

La presentazione del libro rappresenta un appuntamento con un pezzo della storia palermitana dei primi anni ‘80, tinta del sangue innocente di uno degli eroi antimafia, il giudice Rocco Chinnici, ammazzato per mano mafiosa a Palermo.

Bisogna fare un salto a ritroso nel tempo e risalire alla calda giornata d’estate del 29 luglio 1983, in cui alle ore 8:05 di mattina, una Fiat 126 di colore verde, imbottita di tritolo, esplode davanti l’abitazione del giudice Rocco Chinnici, in via Pipitone Federico.

In quella calda mattina, non vedranno più la luce, oltre al magistrato Rocco Chinnici, il maresciallo dei Carabinieri Mario Trapassi, l’appuntato Salvatore Bartolotta, il portiere dello stabile Stefano Li Sacchi.

Ce l’hanno raccontata, dinanzi ad un pubblico di giovani studenti dell’Istituto salesiano, dell’Istituto M. Rutelli e dei rispettivi genitori, una coppia di giornalisti di origini messinesi, ma residenti a Palermo, Eleonora Iannelli e Fabio De Pasquale. Entrambi, oltre che essere coniugi, sono anche i coautori del libro “Così non si può vivere”.

Alla presentazione del libro, moderata da Franco Nuccio, capo redattore ANSA Sicilia, hanno preso parte l’avv. Giovanni Chinnici, figlio del giudice Rocco Chinnici, (successivamente da noi intervistato) e Giovanni Paparcuri, l’autista di Rocco Chinnici, sopravvissuto alla strage di via Pipitone Federico. Presente anche il direttore dell’Istituto Don Bosco, Don Carmelo Umana, che ha dato i saluti istituzionali.

Alla seduta non ha potuto prendere parte, per impegni di lavoro, il p.m. Nino di Matteo, uno dei magistrati di punta della Direzione distrettuale antimafia di Palermo (ricordiamo che è un magistrato che ha subìto negli ultimi tempi gravissime minacce ed intimidazioni mafiose, oltre ad essere uno dei magistrati più scortati d’Italia). Sono pervenuti, durante i lavori di presentazione del libro, i suoi saluti, accolti dal pubblico con un caloroso applauso.

Rocco Chinnici, definito “uomo con la religione per il lavoro”, bisogna ricordarlo, fu il primo giudice che riconobbe la necessità di procedere alla istruzione del processo antimafia. E’ stato lui ad avere ideato per primo il Pool antimafia, i cui effetti determinarono l’indagare sul terzo livello e lo stanare anche della “classe degli intoccabili”. E’ terzo livello – secondo la definizione fornita dal coordinatore ANSA Sicilia, Franco Nuccio – un luogo in cui si incontrano gli interessi della mafia, gli interessi politici e gli interessi economici.

Prima delle relazioni, si è avuta la proiezione di un DVD dal titolo “L’eredità morale”, in cui si è riportato un frangente del racconto straziante della morte di Rocco Chinnici, dopo l’esplosione della Fiat 126 verde. Le immagini ed il racconto denso di dolore della figlia Caterina Chinnici hanno rievocato alcuni dei momenti più significativi della vita del Giudice. Unanimi i sentimenti di commozione e gli applausi riverenti dei partecipanti.

Durante il dibattito è stato chiesto alla dr.ssa Iannelli cosa l’ha spinta, nella sua vita di giornalista, a volere raccontare in un libro una storia vissuta negli anni di piombo, gli anni ’80 appunto, come quella del giudice Chinnici, e a volerla attualizzare nella società di oggi.

Così Eleonora Iannelli ha spiegato l’importanza della storia giudiziaria che ha intessuto Palermo negli anni ’80: Giornalisti, modesti scrittori, coniugi con figli, che decidendo di condividere la stessa passione nella scrittura ed avendo conosciuto prima i figli del Giudice Rocco Chinnici, hanno voluto restituire dignità alla memoria storica di una figura che ebbe delle intuizioni notevoli nei processi di mafia. Pertanto, era giusto non dimenticare, ma riesumare dall’ombra in cui era stato lasciato il ricordo di Rocco Chinnici e trasmettere una consapevolezza nuova al pubblico dei lettori. Egli ha affermato l’autrice fu una pietra miliare, non solo nella cultura giudiziaria, perché diede una svolta, anche a quelle che erano le strategie investigative dell’epoca. Ma, fu anche un padre tenero. Fu il primo giudice infatti, ad entrare nelle scuole e nelle università, dopo Carlo Alberto Dalla Chiesa, al’Istituto Garibaldi, per promuovere la cultura dell’antimafia e la divulgazione della cultura della prevenzione e della legalità. Tutto questo in un periodo, trent’anni fa, in cui nominare la parola “mafia”era un tabù, come delle infiltrazioni della mafia nella P.A. In quel contesto, Rocco Chinnici, chiamò altri giovani colleghi a lavorare insieme (Falcone, Borsellino, poi si aggiunsero Giuseppe Di Lello, Leonardo Guarnotta) conducendo in sinergia certe indagini. Per fortuna molti magistrati oggi ne proseguono idealmente l’opera.

Successivamente ha preso la parola il moderatore Franco Nuccio, ricordando che in quel periodo storico a Palermo erano in vista i cugini Nino e Ignazio Salvo, gli uomini più potenti della Sicilia del tempo. Essi gestivano la riscossione delle imposte in Sicilia ed erano molto ricchi. Vicini alla corrente andreottiana della Democrazia Cristiana, erano legati a filo doppio con la mafia.

Rocco Chinnici fu il primo magistrato ad indagare a carico dei cugini Salvo. Inoltre, Nuccio ha ricordato al pubblico che, prima dell’istituzione del Pool Antimafia, inaugurato dal magistrato Antonino Caponnetto dopo la morte di Rocco Chinnici, molti mafiosi venivano assolti per insufficienza di prove. Mentre con l’introduzione del Pool, per la prima volta lo Stato condannava la mafia e i mafiosi. Eppure, malgrado tutti questi meriti, il Giudice Chinnici è rimasto ai margini delle commemorazioni ufficiali. Per questo, Franco Nuccio ha voluto chiedere al co-autore Fabio De Pasquale, a cosa fosse dovuto tale silenzio.

Nel prendere la parola, l’autore ha spiegato che la motivazione risiede nel fatto che, poiché  l’omicidio fu commesso in estate, le scuole risultano materialmente impedite a prendere parte alle celebrazioni perché in periodo di vacanza. Inoltre, De Pasquale ha fornito una serie di dettagli specifici che hanno reso maggiormente consapevoli tutti i partecipanti delle vicende che riguardano la fase in cui è entrato in azione il magistrato Chinnici. In particolare, l’autore ha raccontato che, il periodo storico in cui si è insediato il giudice Chinnici corrisponde alla 2a guerra di mafia (Riina/Provenzano contro i Palermitani). Egli ha riferito di centinaia di morti ammazzati negli anni ‘80. Il quotidiano dell’epoca “L’Ora” cha continuato l’autore riportava quotidianamente il numero dei morti. A Palermo, in una sola giornata furono uccise 13 persone. Poi la mafia decise di colpire anche i giornalisti come Impastato e Francese. Ma anche il procuratore capo Gaetano Costa, il presidente della Regione Piersanti Mattarella, il magistrato Cesare Terranova (che era andato in aspettativa parlamentare ed aveva anche rivestito il ruolo di presidente della Commissione antimafia dell’ARS . Dopo che la Magistratura lo nominò Capo Istruzione, non ebbe il tempo di insediarsi che fu ucciso). Seguirono Boris Giuliano, l’investigatore che aveva scoperto alcune valigie piene di soldi all’aeroporto Punta Raisi, risultato del traffico di droga (eroina) tra Italia e Stati Uniti. Furono assassinati poliziotti come Montana e Cassarà. Il giovane agente Calogero Zucchetto, che pedinava i boss a bordo della sua vespetta per evitare di farsi individuare e riconoscere dai boss. Anche la situazione all’interno del Palazzo di Giustizia non era rosea. Chinnici aveva un suo diario olografo in cui riportava le sue sensazioni, ma anche le delegittimazioni e pressioni che subiva dall’interno del Palazzo. Addirittura, nel suo diario, Chinnici scrisse che un suo superiore gli chiese di caricare Falcone di processi semplici, in modo tale che lui non riuscisse a scoprisse nulla. Ma è grazie al lavoro di squadra di Polizia e Carabinieri – ha riferito De Pasquale – che venne fuori il fascicolo di Michele Greco, (il c.d. “papa” della mafia). Così andarono a processo oltre 400 imputati. Questo è stato un grande risultato, raggiunto senza il contributo di alcun pentito. La figura del pentito Tommaso Buscetta, subentra successivamente ai 400 clamorosi arresti. Buscetta, infatti, fu arrestato nell’ottobre dell’83 e divenne collaborante con Falcone dall’84. Ma, in un vertice tenutosi in estate a San Giuseppe Jato, i Salvo chiesero la morte di Rocco Chinnici. Tuttavia, questo progetto venne accantonato perché arrivò nell’82 a Palermo il Prefetto Dalla Chiesa. Quindi per Cosa nostra diventò prioritario uccidere quest’ultimo (3 settembre 1982 a Mondello, con la giovane moglie). Successivamente, l’obiettivo omicida fu ripreso e condusse al risultato che bene sappiamo.

De Pasquale rivela un altro giallo spiegato nel libro, quello del 26 luglio 1983, giorno in cui ci fu una soffiata: un libanese, Bou Chebel Ghassan, trafficante di droga ed armi che si poteva ritenere un collaborante della Polizia, comunicò che era in preparazione un attentato a Palermo, da eseguire con la tecnica dell’autobomba. All’epoca le uniche scorte ad essere potenziate furono quella di Falcone e di De Francesco, che prese il posto di Dalla Chiesa. Chinnici non fu avvisato. Si discusse il giorno prima dell’attentato, quando si riunì il Comitato della sicurezza e dell’ordine pubblico, ma non si adottarono provvedimenti in merito. Stessa analogia, qualche anno dopo, quando si verificò l’attentato nei confronti di Paolo Borsellino, per il quale alcuni confidenti avevano rivelato che il tritolo era arrivato a Palermo.

E’ stata poi la volta di Giovanni Paparcuri, l’autista di Rocco Chinnici superstite dell’attentato, il quale, nonostante siano passati 30 anni dall’attentato, ha raccontato, non senza difficoltà e dolore, i momenti culminanti dell’attentato. Paparcuri ha evidenziato che Cosa nostra con i suoi attentati voleva incutere terrore, e per questo ha deciso di trucidare Chinnici nella maniera che si è appreso pur potendo approfittare di altre occasioni in cui avrebbe fatto meno rumore, meno vittime e meno lutti.

A proposito dell’intervento all’avv. Giovanni Chinnici, figlio del Giudice Rocco Chinnici, la sua testimonianza autentica riporta un pezzo della sua storia e un riferimento agli anni di piombo, gli anni ’80. Così non indugia a condividere con i partecipanti il suo obiettivo: quello della diffusione della cultura della conoscenza, della prevenzione e della diffusione dei valori della giustizia, legalità. Giovanni Chinnici, inoltre, decantando il valore del libro, ha puntato il focus sull’importanza per i giovani di conoscere una parte della storia di Palermo, poco conosciuta, in cui loro non sono vissuti, quella degli anni ’80 e ’90 perché ci aiuta a capire quali siano le radici della Palermo di oggi. Parlando di suo padre ha raccontato del fatto che il lavoro svolto dal Magistrato era percepito come normale, come l’atmosfera di famiglia era estremamente serena, benché suo padre avesse avuto la scorta fin dai primi anni ’70. Ha evidenziato la capacità del padre di incidere sulle dinamiche della famiglia, con il suo temperamento autorevole ma, al tempo stesso, autoritario, pur essendo fisicamente sempre impegnato al lavoro, al Palazzo di Giustizia, anche nel pomeriggio. Dopo le 14,00 infatti, c’era una sola luce sempre accesa che si intravedeva dall’esterno del Palazzo di Giustizia ed era quella corrispondente alla finestra della stanza in cui lavorava il magistrato Chinnici. Questo un segnale del suo ardore e del modo di concepire intensamente il lavoro che egli svolgeva.

Ecco le domande che abbiamo rivolto nelle videointerviste a noi rilasciate dagli autori del libro, Fabio De Pasquale ed Eleonora Iannelli, ed al figlio del giudice Rocco Chinnici, Giovanni Chinnici.

Eleonora Iannelli

  • Avere concepito si scrivere la storia del giudice Rocco Chinnici, vissuta in una fase critica, negli di piombo a Palermo, così vi ha ingenerato nell’attualizzarla ad oggi?
  • Per il modo in cui descriveva la persona del Giudice Chinnici, parlava del Giudice papà. Ma lei se lo sente così vicino per i valori che ci ha trasmesso?

Fabio De Pasquale

  • Nella descrizione del terzo livello di cui si parla nel libro e per il quale ha saputo dare una traccia esaustiva. Gli si è chiesto se, nel farlo avesse sperimentato un po’ di timore nel parlarle nel suo libro, nel descrivere i suoi dettagli?
  • Il Dr. De Pasquale ha evidenziato come il clima negli ultimi tempi fosse cambiato. Così, ci si è voluti soffermare a capire cosa fosse cambiato secondo Lui, negli ultimi tempi: nella coscienza civile, nella maggiore partecipazione dello Stato o nell’indifferenza da parte della collettività?
  • Cosa avrebbe suggerito per raggiungere capillarmente altre generazioni, che vedono quasi con occhio favorevole questa contiguità con la mafia?
  • Infine, una domanda un po’ provocatoria: se lei paradossalmente dovesse incontrare Rocco Chinnici oggi, cosa gli direbbe?

Giovanni Chinnici

  • Lei da ragazzo 19 enne, come viveva a ridosso dell’evento stragista, l’atmosfera in famiglia?
  • Cosa le fosse stato trasmesso da suo padre, sia come professionista, che come uomo, e quali i valori ereditati, da applicare nella società di oggi?
  • La pubblicazione di questo libro rappresenta una forma riequilibrio, una giustizia manifesta, che vuole dare un messaggio alla gioventù di oggi?
  • Giovanni ha seguito le orme del padre nel divulgare il suo messaggio nelle scuole. Intende proseguire nel suo intento, estendendosi anche oltre i confini della città di Palermo?
  • Qual è la risposta della nuova generazione rispetto a questi importanti sollecitazioni e attività di sensibilizzazione, se fosse attenta, passiva, oppure riflessiva a combattere questo fenomeno latente, ma tanto forte?
  • Come fare a restituire la fiducia ai giovani nello Stato indipendente, non contiguo, non connivente, quando invece, a volte, delle cattive testimonianze di uomini infedeli delle Istituzioni macchiano la terzietà di questo apparato importante, che è appunto lo Stato?
  • Un esempio di onestà e fedeltà può essere il Giudice Di Matteo?
  • Può essere anche un invito per gli insicuri a perseguire nel cammino della retta via?
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