Palermo – Nella Sala consiliare del Palazzo delle Aquile di Palermo è stato presentato il libro di Gabriello Montemagno “Da Ciancimino a Orlando“. Ascesa e caduta della primavera di Palermo. Un libro che trova le sue origini nel precedente libro “Primavera interrotta” pubblicato dallo stesso autore, giornalista e redattore per venticinque de “L’Ora” nell’aprile del 1990.
Nel libro è presente una nota storica curata dal docente Matteo Di Figlia. La “primavera” di Palermo: come, perché, gli amici, i nemici, la fine. Cronaca di un’anomalia politica diventata esperienza popolare. Un imbroglio, un’illusione o una speranza? Di certo, una breve stagione di grande partecipazione e feroci contrapposizioni. Lo scontro con la “ditta” Craxi-Andreotti-Forlani (CAF), che non sopportava quella giunta in contrasto con le formule nazionali, si intrecciò con una scia di delitti eccellenti e aspri conflitti tra gruppi affaristici. Sullo sfondo, una Palermo capace di suscitare l’interesse della cronaca nazionale ed estera, la sanguinosa offensiva della mafia, i coraggiosi tentativi di riscatto portati avanti, tra l’altro, da molti protagonisti della “primavera”.
All’incontro sono intervenuti Giusto Catania, Assessore alla Partecipazione, Michele Figurelli, già senatore e componente della commissione Antimafia, Turi Lombardo presidente dell’associazione “Socialismo oggi”, Pino Toro presidente Ail Palermoed il sindaco Leoluca Orlando. Ha moderato l’editore, Dario Carnevale.
Orlando, nel dare il suo contributo ha raccontato le cose che hanno condizionato la sua esperienza personale e quando è nata per lui la Primavera Palermo: per me – ha affermato il Sindaco – la primavera è nata, legata ad un fatto storico, il 6 gennaio dell’80 quando viene ucciso Piersanti Mattarella e quando io mi trovo nelle condizioni di essere un giovane professore universitario, consigliere giuridico del Presidente della Regione, chiamato dall’allora Procuratore di turno che si chiamava e si chiama Piero Grasso, come persona informata dei fatti. Portai a quel magistrato i sei appalti, i famosi sei appalti, una ditta per ogni scuola e conciliare la ditta col capo-mafia della zona. Non due offerte, una. Neanche un’offerta con la firma sbagliata era consentita, nella logica di potere mafioso di controllo del territorio, neanche la finta in una competizione era consentita, piuttosto che la rotazione dei dirigenti, piuttosto che la sostituzione dei collaudatori, piuttosto la legge urbanistica. Tutti atti che avevano tagliato le unghia al potere mafioso di Ciancimino perché Piersanti muore per Palermo: Piersanti muore perché non mantiene un patto implicito che altri hanno stipulato a sua insaputa, che non dovesse occuparsi di Palermo. E’ una sorta di compromesso; puoi fare tutto quello che vuoi ma, Palermo non si tocca. E invece, Piersanti ha toccato Palermo. E interrogato dal Procuratore di allora, sfogliate le carte, dissi: Sig. Procuratore, in questi atti che gli sto portando ci può essere la motivazione di questo omicidio. Ma, io non sono a posto con la mia coscienza, e con la fotografia di Piersanti Mattarella che tengo sempre davanti a me, nel mio studio, se non dicessi una cosa che io so, anche se non ho né prove, né indizi, e chiedo che lei verbalizzi. (ma, non ho né prove, né indizi), che non si poteva uccidere Piersanti Mattarella senza la complicità dei fratelli Salvo di Salemi, (siamo nel 1980) senza la complicità di Vito Ciancimino (siamo nel 1980) e senza la complicità della corrente andreottiana in Sicilia. Questo veniva verbalizzato e quando nell’83 il giudice Istruttore Rocco Chinnici mi chiamò per dirmi, in un caldo pomeriggio, al Palazzo di Giustizia, perché avessi fatto quella dichiarazione, mi chiese di spiegare cosa avessi voluto dire al Procuratore Grasso. Ho detto che non avevo né prove, né indizi, ma che confermavo una cosa di cui ero convinto e consapevole. Mi guardò e mi disse: sa Professore la differenza che c’è tra lei e me è che anche se pensiamo le stesse cose, lei le può dire, io ho bisogno delle prove. Poi si fermò, e aggiunse: continui a dirle Professore. Mi aiuta a trovare le prove. Ed ancora oggi mi vengono i brividi, quando uscì dall’uscio della sua porta, accompagnandomi all’uscita, stringendomi la mano mi disse: le ho trovate. E dopo qualche settimana saltò in aria con la prima autobomba utilizzata per uccidere un magistrato. Queste cose ti segnano la vita, ha continuato Orlando – come l’incontro nell’85 con il Cardinale Pappalardo, ed io appena eletto sindaco e le dissi: ma io ho l’impressione che lei abbia calato la guardia nei confronti del fenomeno mafioso. Lui mi guardò e mi disse: “Luca adesso tu sei sindaco. Tocca a te parlare”.
Figurelli, nel suo intervento ha voluto dedicare il suo contributo ad un grande assente all’evento, Nino Alongi, tra i protagonisti della primavera di Palermo, e che si é spento qualche settimana fa dopo una lunga malattia. Figurelli ha voluto evidenziare il rigore intellettuale e morale di Alongi, il suo pensare e scrivere critico, nonché la sua attenzione alla ricerca di vie nuove.
L’autore Montemagno, intervenendo ha raffigurato una realtà socio-politica attuale antitetica a quella della primavera palermitana degli anni ’90 (ndr). Così ha chiosato: Quella che oggi è pericolosa e terribile è la disaffezione che c’è nei confronti della politica. Oggi, ci vorrebbe una rivolta antimafiosa della gente, non solo per Palermo, ma per tutta l’Italia.
Trinacrianews.eu ha effettuato interviste a giornalista Gabriello Montenagno autore del libro, Michele Figurelli già senatore e componente della commissione Antimafia e editore Dario Carnevale
GABRIELLO MONTEMAGNO
D. Nella sua carriera di giornalista, il dulcis in fundo è scrivere questo libro con questo titolo “da Ciancimino a Orlando”. Cosa l’ha indotto a volere riportare queste note a disposizione di tutti i lettori?
R. Questo libro è stato scritto nel 1990, esattamente 24 anni fa, quando fu fatta cadere la giunta della cosiddetta “primavera”. Ed io lo scrissi per il giornale “L’Ora”. Questo libro uscì per il giornale “L’Ora”. L’editore Carnevale avendo trovato questo libro nella biblioteca del padre lo ha letto ed ha detto: ma noi giovani non sappiamo nulla di tutto questo, mi è piaciuto molto. E lo ha voluto ristampare. Per me è una cosa un po’ antica. Poi abbiamo aggiunto delle altre cronache, abbiamo aggiunto una nota storica di Matteo Di Figlia ed abbiamo fatto un libro più robusto.
D. Il cuore pulsante di questo libro cosa testimonia e cosa denuncia?
R. Il cuore è la grande, enorme partecipazione della giunta di Palermo a questa giunta c.d. anomala, a questa iniziativa politica che ha sconvolto tutti gli equilibri nazionali. Per questo è stata fatta cadere, perché la “formula nazionale era il Pentapartito”. Questa giunta invece, fece fuori i socialisti che non vollero partecipare e mise dentro i movimenti, gli indipendenti di sinistra e poi, pure il Partito Comunista. Quindi, fu una formula veramente straordinaria. L’importanza è soprattutto quella della gente; migliaia e migliaia di persone che costituirono delle Associazioni per partecipare alla politica comunale e si riunivano qui, nella casa comunale. Questa fu una rivolta contro la mafia che per tanti anni aveva amministrato questo Palazzo.
D. E dello scontro con Craxi, Andreotti e Forlani e dei delitti che ne seguirono, che ci dice?
R. Fu proprio questa “ditta” che contrastava terribilmente questa giunta palermitana.
D. Ritiene che oggi altre “ditte”, con altri nomi siano presenti in diverse giunte comunali e non solo a contrastare l’antimafia?
R. Oggi c’è una situazione molto diversa, innanzitutto perché non ci sono più partiti. La gente si è distaccata in maniera incredibile dalla politica. Queste astensioni che abbiamo avuto nelle ultime elezioni sono astensioni di massa, dimostrano una grande disaffezione da parte della gente nei confronti della politica.
D. Lei, in qualità di giornalista, scrittore e analista della società, avrebbe una proposta, una soluzione perché si possa riaccendere una nuova primavera a Palermo?
R. Io sono del parere che, se la gente non si riappropria della politica, questa cosa non avverrà mai.
DARIO CARNEVALE
D. Qual è stata la molla che da editore l’ha indotta ripubblicare un libro dal titolo “Da Ciancimino a Orlando”?
R. Io conoscevo già, per amicizia e per fama l’autore Montemagno, noto giornalista del quotidiano “L’Ora”. Insieme abbiamo scelto di pubblicare questo libro non tanto per un’operazione nostalgia, ma come un modo per restituire alla Comunità un pezzo di memoria che pensavamo non debba essere perduta, ma restituita anche ai giovani. Allora si parlava tanto della Primavera di Palermo e l’autore egregiamente, dal mio punto di vista, spiega bene qual era il clima in quella città di Palermo, cosa succedeva, cosa accadeva, come stavano le cose non solo politicamente, ma anche livello di mafia, di contesto sociale, urbano.
D. Da editore, qual è la parte del libro che le ha provocato disagio, stupore nelle note che si vanno a rivelare al lettore?
R. Disagio nessuno. Mi colpisce il fatto che ci sono dei nomi che sono passati, che adesso non ci sono più, com’è normale che sia, altri invece, sono ancora presenti. Ma quello che mi colpisce comunque è un modo di intendere, di fare politica che forse, adesso è cambiato, nel senso che prima c’era l’idea, la sensazione che chi militava nei partiti lo faceva perché ci credeva, perché c’era un interesse collettivo prima ancora che personale. Questo, temo che nel tempo si sia un po’ perduto.
MICHELE FIGURELLI
D. Perché nel 1990 si realizza la fine della “Primavera Palermo”, secondo lei?
R. Per il richiamo della foresta dei partiti, soprattutto della Democrazia Cristiana. Nel senso che era maturata una ipotesi che io proposi ad Orlando nel giugno-luglio dell’anno precedente. Gli dissi, pensiamo sin da adesso alle elezioni prossime. Ci fu un incontro a Villa Niscemi e gli prospettai l’ipotesi di costruire “una lista della giunta della primavera” e quindi senza i simboli dei partiti, ma per quello che ciascuno rappresentava. Una lista naturalmente guidata da lui e da Aldo Rizzo. Questa cosa fu oggetto di tante discussioni, fino all’ultimo momento e nonostante il fatto che io e altri dicessimo a Luca: se tu vai nella lista DC, ogni voto a te è un voto anche per Lima e quindi, questo rappresenta alla fine dei conti, anche una sconfitta per te.
D. Quindi la fine della “Primavera”?
R. Fu temporaneamente il risultato elettorale del ’90 in cui non si realizzò questa ipotesi che era stata fatta ma che – poi il tempo è galantuomo – tre anni dopo una forte, radicale opposizione qui dentro alle giunte sorte in seguito a quelle elezioni determinò lo scioglimento del Consiglio comunale, il Commissariamento e l’elezione diretta del Sindaco. Le elezioni del ’93 videro una riaffermazione delle forze di progresso della primavera, nella nuova maggioranza, con Orlando Sindaco eletto direttamente dai cittadini.
D. Cosa pensa dei “corpi intermedi”, che si vorrebbero mettere fuori gioco nella scena politica attuale, stante anche l’annotazione del Sindaco Orlando a proposito?
R. Il riferimento di Orlando era ai Sindacati e a Confindustria. Ma, io credo che nessuno di loro potrà essere messo fuori gioco. Il problema è che oggi ci sono e si sentono molto la mancanza e la necessità di una vera democrazia, di un rinnovamento della democrazia e quindi, di una partecipazione dal basso, che coinvolga sempre di più i cittadini nelle grandi scelte politiche e nelle decisioni amministrative.
D. La Chiesa a Palermo è stata presente negli anni ’80 contro la mafia ed a fianco delle correnti progressiste e antimafia. Per esempio e, lo ha ricordato lei nel dibattito, nell’85 il Cardinale Pappalardo scese dal Palazzo arcivescovile per unirsi alla fiaccolata del 3 settembre che si concluse davanti la squadra mobile della Questura. La Chiesa di oggi sembra quasi lontana. Che ci dice in merito?
R. Negli anni ’80 non era tutta la Chiesa contro la mafia, ma solo alcune voci di base ed altre autorevoli come quella forte che, in alcuni momenti venne dal Cardinale Pappalardo. Lei mi sta parlando di “lontananza” della Chiesa oggi, ma, io credo che per un giudizio come questo dobbiamo aspettare. E’ infatti, imminente la nomina del nuovo vescovo di Palermo da parte di Papa Francesco. Siccome Papa Francesco mi sembra che sia il più grande rivoluzionario che ci sia nel mondo di oggi, io ho buone speranze che dalla Chiesa potrà venire un nuovo contributo positivo.
D. Lei ha riferito che nell’85-86 Orlando disse: liberateci dagli appalti!”. Tuttavia, gli appalti ad oggi si continuano a bandire. Sa se ci sono misure adottate per contrastare gli appalti truccati dalla mafia, assicurando la trasparenza nella gestione degli stessi?
R. La legislazione è insufficiente e questo è dimostrato anche dalla realtà che ha portato ad un fatto nuovo, che è la “Autority Anticorruzione, appena costituita ed affidata ad un Magistrato così esperto ed autorevole come Raffaele Cantone. Questi non potrà non occuparsi degli appalti e ha già incominciato a farlo, per esempio su Milano, su Venezia, adesso anche su Roma. Penso che, potrebbe farlo anche a Palermo dove, per la pesante eredità del rapporto tra l’Amministrazione Cammarata e qualche azienda, ci sono appalti che hanno registrato incredibili e anomali aumenti dei costi di qualche opera pubblica.