Palermo – Si è svolto presso la Facoltà di Giurisprudenza, ormai Scuola di Scienze Giuridiche ed Economico-sociali, il convegno dal titolo La condizione giovanile in Italia. Spunti di riflessione sul mondo del lavoro, della famiglia e sullo spazio della partecipazione per i giovani. Durante l’evento sono stati presentati i dati del Rapporto Giovani 2013, elaborato dall’Istituto Toniolo, in collaborazione con l’Università Cattolica del Sacro Cuore e con il sostegno della Fondazione Cariplo e Intesa Sanpaolo. L’indagine è stata svolta su un campione di 9.000 giovani di età compresa tra i 18 e i 29 anni, con lo scopo di offrire una lettura scientifica e affidabile dell’universo giovanile italiano. La priorità dell’osservatorio è quella di colmare una “lacuna conoscitiva” data dalla mancanza di dati approfonditi in Italia, che consentano di delineare un quadro autentico e dettagliato dei cambiamenti in atto, per cogliere non solamente gli aspetti negativi, ma anche quelli positivi. La finalità principale è quella di sfatare alcuni degli stereotipi più comuni, procedendo attraverso uno studio rigoroso, grazie anche al contributo di Ipsos e alle analisi del Laboratorio di statistica applicata alle decisioni economico aziendali dell’Università Cattolica di Milano.
Il Rapporto, pubblicato nel volume La condizione giovanile in Italia. Rapporto Giovani 2013 (Il Mulino), è stato già presentato lo scorso 28 gennaio dal Cardinale Scola, Presidente dell’Istituto Toniolo, al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Tra i temi principali dello studio vi sono il lavoro, l’imprenditoria giovanile, la scuola, il percorso formativo e lavorativo, la famiglia, la partecipazione, il volontariato, la Chiesa e le nuove tecnologie. Dal quadro fornito dal rapporto emerge che le nuove generazioni non si rivelano come spesso vengono descritte. Nonostante la disoccupazione dilaghi, ad esempio, i giovani non si rassegnano e tentano qualunque forma di reazione.
Al convegno sono intervenuti Daniela Marzana, Docente di Psicologia degli interventi nelle comunità presso l’Università Cattolica di Brescia, e Fabiano Di Prima, Ricercatore di Diritto canonico e Diritto ecclesiastico presso l’Ateneo di Palermo, i quali hanno approfondito la tematica.
La prima a prendere la parola è stata Daniela Marzana, la quale ha presentato in maniera dettagliata i risultati del Rapporto Giovani 2013. Il testo – ha affermato – ha l’obiettivo ambizioso di fornire un quadro sulle nuove generazioni. Esistono molte descrizioni, molto spesso però hanno il limite di essere parziali o legate ad oggetti e contesti specifici. L’obiettivo dell’Istituto Toniolo, con la sua vasta rete su tutto il campo nazionale, è quello di poter fare una fotografia dei giovani di oggi. Per giovani intendiamo quelli compresi tra i 18-29 anni, i cosiddetti “millenials”. Oggi il range considerato è ancora più ampio, perché molte associazioni estendono il campione fino ai 35 anni. Nelle parti introduttive del volume si sottolinea come le tappe della transizione dell’età adulta (l’occupazione, il lavoro, il matrimonio ed il diventare genitori) siano rimaste invariate nel tempo, anche se non vengono più raggiunte con la stessa continuità e regolarità. Sono tappe che oggi hanno un altissimo tasso di reversibilità, tranne l’ultima. L’idea di prestare attenzione alla transizione è quella di cogliere che significato abbiano attualmente queste tappe. I punti di forza di questo studio – ha continuato – sono la numerosità campionaria, che ci garantisce un’ampia rappresentabilità; l’interdisciplinarietà dello studio e la solidità di analisi condotta da un gruppo che unisce i professori dell’Università Cattolica afferenti a discipline differenti tra loro.
Il suo intervento è proseguito con l’analisi dei diversi temi oggetto di studio da parte del rapporto. Per quanto riguarda il settore del lavoro, i giovani non sono del tutto rassegnati. È stato riscontrato un atteggiamento pessimista, ma anche un certo tentativo di reazione. I dati rivelano spesso un’occupazione al di sotto del titolo di studio posseduto; emerge anche una bassa stabilità del lavoro, che concerne un giovane su tre. In particolare, l’instabilità aumenta con l’aumentare del livello del titolo di studio. Quasi il 50% dei giovani – ha proseguito – si dichiara pronto ad andare all’estero per opportunità di lavoro, ma esiste un “gap” tra l’intenzione e la scelta concreta. Altro dato estremamente allarmante riguarda i cosiddetti “Neet”, i giovani che non studiano e non lavorano, oltre il 20% in Italia. Questi giovani sono quelli che in questo momento preoccupano di più l’ambito della psicologia e dell’assistenza sociale, perché sono quelli a maggiore rischio. Per quanto riguarda il campo della comunicazione, i giovani hanno buona conoscenza del mezzo Internet riconoscendone limiti e pregi. Sono, inoltre, fruitori della rete in maniera attiva, commentando, scrivendo sui blog e occupandosi di giornalismo online. In caduta libera è, invece, la fiducia verso le istituzioni. La politica è quella su cui la sfiducia è maggiore, con la bocciatura categorica da parte del 90% degli intervistati. Si salvano solamente la scuola e le forze dell’ordine, mentre viene respinto il sindacato e la Chiesa. 5 su 10 giovani promuovono quest’ultima, ma se si estende il dato ai non credenti, 7 su 10 la bocciano. Più del 70% reputa non affidabili le istituzioni politiche locali. Riescono inoltre a resistere un po’ alla sfiducia generalizzata la Presidenza della Repubblica e l’Unione Europea. Per quanto riguarda il tema della famiglia, in Italia possiamo vantare uno dei livelli più alti di qualità relazionale tra genitori e figli. Questo implica uscite ritardate da casa e frequenti rientri. L’aumento delle difficoltà che i giovani hanno riscontrato negli ultimi anni ha accentuato ancora di più questa funzione di sostegno della famiglia di origine. Essa sembra avere però un valore ambivalente, in quanto da una parte è essenziale e vitale, ma dall’altra si trasforma un po’ in una trappola dell’iperprotezione.
Riguardo all’orientamento politico, i dati ci dicono che il 30% degli intervistati si colloca nel centro-sinistra, mentre il 17% nel centro-destra. Il 40% però non vuole schierarsi in nessuna logica. Per quanto riguarda la partecipazione attiva, dai dati emerge che solo il 5% dei giovani è interessato al volontariato, mentre il 90% non ha mai fatto attività politica. Tra i più giovani, il 75% non ha mai svolto volontariato, mentre tra i più grandi la percentuale è pari al 65%. I giovani d’oggi, per la loro biografia e per l’uso massiccio della comunicazione Web, non hanno più l’idea dell’impegno strutturato all’interno di agenzie regolamentate, ma lo ritengono come qualcosa che è legato ad oggetti e soggetti specifici, alla protesta, all’azione solidale, al territorio ed è limitato nel tempo. Nel contesto odierno, dunque, ci sono nuove forme di protagonismo. Le definizioni classiche di volontariato e di politica non risultano più adeguate ad esprimere questo bisogno di partecipazione.
A seguire è intervenuto Fabiano Di Prima, Ricercatore di Diritto canonico e Diritto ecclesiastico presso l’Ateneo di Palermo. La domanda chiave è se i giovani stiano meglio o peggio rispetto alle vecchie generazioni, sia dal punto di vista delle politiche pubbliche e statali, sia delle strategie usate dalla Chiesa. È necessario considerare che la società è completamente cambiata. È cambiato il volto dell’economia e la demografia con ben 2 milioni di giovani in meno, delineando un quadro che non è rassicurante. Dal punto di vista concettuale, è cambiato l’attore principale che detta i ritmi ed i trend, che è sostanzialmente l’economia. Tutto ciò colloca i temi sociali più su una posizione di secondo piano. Dal rapporto emerge che i governi non hanno pensato al futuro. L’incertezza non è un fatto naturale, è qualcosa che si poteva prevedere, ma non si è fatto.
Il suo intervento è continuato analizzando la situazione dell’istituzione “famiglia”, dei giovani e della partecipazione. Ci si è cullati sull’idea che la famiglia fosse un ammortizzatore sociale. Solamente nel 2012 si è fatto un piano nazionale organico per le strategie sulla famiglia. Esiste un grosso problema che separa l’azione della Chiesa da quella dello Stato. In questo senso, la Chiesa si trova in una posizione di forte vantaggio, perché sa chi deve sostenere. Sa che la famiglia è la Chiesa domestica e la cellula fondamentale della società. Nella Chiesa vi è l’idea di progetto nella famiglia, che è anche un soggetto ecclesiale. Sul piano civile, invece, c’è il rischio di non sapere cosa sostenere e perché. C’è sempre il rischio che passi l’idea che la famiglia non sia un antecedente logico. Da questo punto di vista, la famiglia non è una priorità, lo dimostra il fatto che si è diminuito di due terzi il fondo delle politiche sociali destinate alla famiglia. Riguardo al tema dei giovani, la Chiesa ha anche in questo caso un vantaggio forte, ma diverso, che è quello dell’esperienza. Essa ha capito che per parlare ad i giovani bisogna usare il loro linguaggio. Si è capito che se si vuole sostenere i giovani bisogna dedicarsi al tempo libero, allo sport, alla musica e all’impegno. In una nota del 2013, la Chiesa decide di puntare tutto sull’oratorio per aiutare i giovani, perché è una realtà che offre tante potenzialità, incentivando la funzione sociale. L’aggregazione è uno strumento molto importante per la crescita di un giovane. Sul piano pubblico invece il problema è che la legge sembra non rappresentare uno strumento efficace. Si fanno le leggi, si creano delle strutture, ma dopo non si attribuiscono chiaramente dei compiti. Non si capisce bene chi si deve occupare delle politiche giovanili. Per quanto riguarda il tema della partecipazione e del volontariato, il discorso è che vi è sempre stata una difficoltà nel legislatore a stare dietro a questo filone. I giovani si trovano in un contesto che è difficile anche per le autorità civili, mentre quelle ecclesiastiche hanno il vantaggio di avere un’esperienza plurisecolare.
La redazione di TrinacriaNews ha incontrato Marco Dell’Oglio, Delegato diocesano dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, che si è occupato dell’organizzazione dell’evento a Palermo. Questi i contenuti dell’intervista.
Quale utilità avrà la diffusione del Rapporto Giovani?
Il Rapporto Giovani ha una valenza scientifica molto importante, perché permette allo Stato di intervenire con delle politiche adeguate sui punti critici della condizione giovanile, come ad esempio l’alto tasso di disoccupazione, la “fuga” dei giovani all’estero. Servirà per prevedere delle politiche mirate a sostegno dei giovani. Il fatto che i giovani credano ancora nella scuola può essere un punto di partenza positivo per le istituzioni che, incentivando la ricerca, possono promuovere lo sviluppo del paese.
Quali tematiche ha affrontato il convegno di questa mattina?
Dopo una panoramica generale sui dati emersi riguardanti vari temi, l’attenzione si è concentrata sul volontariato. L’indagine intende delineare dei risultati oggettivi che possano fornire una corretta immagine della realtà. Questo rapporto è stato già presentato dal Cardinale Scola accompagnato da un’équipe dell’Istituto Toniolo. In particolare erano presenti il Dott. Enrico Fusi, la Dott.ssa Paola Bignardi, il Prof. Alessandro Rosina, coordinatore scientifico del Rapporto.
Quali sono le finalità del Rapporto Giovani?
L’obiettivo è quello di fornire uno strumento che consenta di restituire una conoscenza solida dei cambiamenti in corso e del loro impatto sulle vite delle persone e delle famiglie, con particolare riferimento alla complessa realtà dei giovani e alla transizione all’età adulta.
Per quanto riguarda il volontariato, quali dati sono stati presentati al convegno?
È stata analizzata la partecipazione dei giovani per quanto riguarda il Terzo settore. I giovani sono responsabili del cambiamento, ma anche dell’identificazione e della costruzione della cittadinanza. Si è proseguito con un secondo intervento basato in maniera maggiore sulla piattaforma giuridica, analizzando l’azione di promozione, valorizzazione e sostegno della partecipazione giovanile posta in essere da alcuni soggetti chiave pubblici e privati. Il volontariato, e la partecipazione più in generale, sono strumento di cittadinanza, in quanto ristabilisce o dovrebbe ristabilire equità tra le generazioni sociali e giustizia tra le diverse fasce sociali. Il principale motivo per cui è importante lavorare per far crescere e qualificare la partecipazione dei volontari è connesso alle possibilità di cambiamento, sviluppo e innovazione che la loro azione potrebbe produrre a beneficio della propria associazione e dell’intera comunità. I giovani sono i principali responsabili di questo cambiamento nelle società contemporanee: attori sociali in grado di giocare un ruolo determinante; è in loro che si sedimentano le nuove tendenze destinate nel tempo ad estendersi alla famiglia, alle generazioni adulte e all’intera società.
APPROFITTO DI QUESTA OPPORTUNITA’ PER ESPRIMERE UN PLAUSO
DI STIMA E APPREZZAMENTO PER I CONTENUTI, I RELATORI E GLI ORGANIZZATORI DEL CONVEGNO, DI ALTO PROFILO GIURIDICO
SOCIALE E POLITICO NONCHE’ EDUCATIVO, E PURE PER QUESTA
SINTESI PUNTUALE E MOLTO PROFESSIONALE.
BIAGIO AMATA