Palermo – Si è tenuta al cinema Rouge et Noir la proiezione riservata alla stampa del film Via Castellana Bandiera di Emma Dante. L’evento è proseguito con una conferenza stampa alla quale hanno partecipato, oltre che la regista palermitana, anche alcuni componenti del cast.
La pellicola, che ha ottenuto un ottimo riscontro da parte della critica alla scorsa Mostra del Cinema di Venezia, è stata proposta nelle sale di Palermo (Metropolitan, Igea Lido e Rouge et noir) con una settimana di anticipo rispetto a quelle del resto d’Italia.
La trama, solo in apparenza molto semplice, può essere così sintetizzata. In una domenica pomeriggio, Rosa (interpretata dalla regista stessa) e Clara (Alba Rohrwacher), venute a Palermo per il matrimonio di un amico, si perdono per le strade della città rimanendo bloccate in Via Castellana Bandiera, una stretta strada in cui sopraggiunge in senso contrario l’auto guidata da Samira (Elena Cotta), un’anziana donna di origine albanese, con la famiglia Calafiore al seguito. Nessuna delle donne vuole cedere il passo all’altra, dando origine ad una sorta di “duello muto” che si esprime con una guerra di sguardi.
La vicenda si impernia, dunque, su un’insolita sfida, che ricorda molto i film western, aprendo a molteplici significati simbolici. Come ha affermato Emma Dante Via Castellana Bandiera è una strada dove due donne si sfidano. Il blocco di Rosa è mentale e l’ostruzione del quartiere una questione di principio. Chiunque potrebbe passare, superare la barriera ed essere libero ma nessuno lo fa. I legami diventano indissolubili, i patti infrangibili. Si tratta di due donne cattive, nemiche all’inizio, che imparano a conoscersi e piano piano ad ammirarsi. Le loro vite vanno verso il loro destino. Si tratta di una cattiveria che serve a rielaborare qualcosa. La loro non è solo una presa di posizione su una questione di principio, è anche un modo per guardarsi dentro, per riflettere, per vedersi rispecchiata negli occhi dell’altra.
Durante il 70° Festival di Venezia Elena Cotta ha vinto la Coppa Volpi ed inoltre il Premio Pasinetti, come migliore protagonista insieme ad Alba Rohrwacher. Il film ha vinto anche il premio per la miglior colonna sonora, firmata dai fratelli Mancuso.
Emma Dante, che ha realmente vissuto per anni in questa via, ha scelto per il suo cast gli attori della sua Compagnia Sud Costa Occidentale, che ha sede alla Vicaria a Palermo. Per la realizzazione del film ha voluto anche due attori non professionisti: Renato Malfatti ed il giovane Dario Casarolo. Il primo ha lavorato su navi cisterne e come posteggiatore. Durante la conferenza stampa quest’ultimo ha espresso la sua soddisfazione per l’importante traguardo raggiunto. Ho avuto una vita molto difficile. Ho fatto sempre di testa mia, ma ho sempre fatto finta di girare un film. Avere recitato nel film di Emma è per me un sogno.
Il secondo attore non professionista è invece un ragazzo palermitano appena sedicenne; nel film interpreta Nicolò, nipote di Samira. Il mio era un sogno in cassaforte – ha affermato emozionato alla conferenza stampa – le chiavi le custodiva Emma, che è riuscita a liberare il mio sogno e a farlo diventare realtà. Con Emma ho instaurato un bellissimo rapporto. È una grande insegnante perché in poco tempo è riuscita a far emergere Nicolò, la pecora bianca e la speranza della famiglia Calafiore.
Durante la conferenza stampa la regista palermitana si è soffermata sulla complessa realizzazione del film. Abbiamo provato per un mese e mezzo, ricostruendo la strada. Ho usato il mio metodo, anche se questo non è un film teatrale. È stato fatto da bravi attori che hanno saputo recitare con la giusta misura. Non è un film impostato, perché la macchina da presa è sempre a spalla, si intrufola nella storia come un attore. Clarissa Cappellani, infatti, è l’operatore di macchina che conosce molto bene il teatro di Emma Dante e che con la sua presenza svolge quasi il ruolo di secondo regista.
Emma Dante ha proseguito rispondendo alle domande dei giornalisti. Ha parlato del suo modo di fare cinema e teatro e della sua volontà di “raccontare il disagio”. Ho il desiderio di stare ai margini, di raccontare i disadattati. Un artista è un essere ribelle, complicato da gestire. Credo che un paese civile debba accettare la critica di un artista e farne tesoro. Se un artista racconta il disagio del luogo dove vive non lo fa per mettersi contro qualcuno, ma perché spera che quel disagio venga superato.
Sono rimasta a Palermo – ha continuato – credendo che questa città potesse un giorno dare qualcosa a se stessa. In questi anni la città non è stata migliore. Sono stati anni difficili, non posso dire di essere stata sostenuta nel mio lavoro. Per rimettere in piedi un dialogo non è necessario un evento, ma una progettualità. In questo momento sento che questa città si sta aprendo a questo dialogo, per cui sono positiva. Sono di Palermo e voglio continuare ad esserlo, ma per essere di Palermo, essa deve essere all’altezza di avere me e la mia compagnia.
La redazione di TrinacriaNews ha incontrato la regista. Ecco le domande che le abbiamo posto:
Questo film rappresenta il suo esordio alla regia cinematografica. Quali le difficoltà nel passaggio dal teatro al cinema?
Il passaggio è stato difficile perché i mezzi sono completamente diversi, ma sono stata supportata anche dalla mia compagnia, dal metodo che usavo nel teatro. Siamo riusciti a trovare un modo per realizzare questo film che non fosse troppo estraneo al nostro modo di essere. Alla fine siamo riusciti a trovare una “strada”.
Il film è fortemente caratterizzato dal dialetto, dai luoghi ben precisi nei quali ha vissuto, eppure ha affermato che non si tratta di un film locale. Questa storia potrebbe svolgersi altrove?
Assolutamente si. La strada è un luogo simbolico. Questa via ha una sua caratteristica vitale, si muove, non è statica. È una via che potrebbe stare in qualsiasi città, non necessariamente a Palermo. Le dinamiche sono quelle umane e hanno a che fare con la miseria di certi gesti, di certi stupidi puntigli e prese di posizione.
Nelle sue opere ritorna Palermo ed il quartiere nella quale ha vissuto. Qual è legame tra la sua città ed il suo percorso artistico?
Il legame è forte, ma è anche conflittuale. Credo che continuerà ad essere così, perché la mia città è anche la mia famiglia. Quando si è in famiglia si critica, per questo passerò la mia vita a criticare Palermo.
Quanto della sua sperimentazione teatrale della “Compagnia Sud Costa Occidentale” è presente nel film?
C’è tantissimo. Penso che si tratti anche di un film sperimentale. Ha delle lentezze, dei ritmi particolari. È un film che va contro la tradizione nella messa in scena.
Alla conferenza stampa sono intervenuti anche alcuni attori del cast. Elisa Parrinello, che proviene dal Teatro Ditirammu, ha espresso la sua soddisfazione per avere lavorato con la regista palermitana. Il suo rigore – ha detto – mi ha insegnato tante cose. Emma mi ha permesso di essere chi sono realmente. Durante le riprese, tutti eravamo allo stesso livello. La cosa più bella è che lei ci ha voluti tutti insieme. Non ha fatto mai la protagonista, né voleva mai un unico protagonista.
Anche Carmine Maringola ha parlato della sua esperienza nel film. La cosa bella è stata l’apertura, cioè la volontà di Emma, di coinvolgere altre realtà teatrali di questa città, oltre che la “Compagnia Sud Costa Occidentale”. È un lavoro che la compagnia da anni sta facendo nonostante spesso possa passare l’idea di un gruppo chiuso.