Palermo – La Questura di Palermo, in occasione della “Giornata Internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne”, ha organizzato Il convegno “La Polizia a difesa delle donne”- L’evento si è celebrato presso la Caserma “Pietro Lungaro”, sala “Domenico Corona”, in via Agostino Catalano 26. Il convegno è rientrato in un’iniziativa promossa dal Ministero dell’Interno – Dipartimento della Pubblica Sicurezza, volto a richiamare l’attenzione sull’allarmante frequenza con cui episodi di femminicidio scandiscono la cronaca nera delle nostre città. Pertanto, attraverso il rispetto della donna, dei suoi spazi, della sua libertà e della sua integrità fisica e morale, l’uomo declina l’amore per sé stesso e per la civiltà tutta. A ricordarlo, nel corso del seminario palermitano, sono state autorevoli voci delle istituzioni e dell’associazionismo, tra cui magistrati, amministratori locali, medici, psicologi e funzionari di polizia. In particolare, Alessia SINATRA, sostituto procuratore della Repubblica presso il Tribunale Ordinario di Palermo, Agnese CIULLA assessore Attività Sociali Comune di Palermo, Maria Luisa BENINCASA dell’ASP di Palermo, Rosaria LICATA dell’Ospedale Policlinico, Maria Rosa LOTTI presidente dell’Associazione Le Onde ONLUS, Angela SPATOLA, vice Questore Aggiunto della Polizia di Stato, Rosaria MAIDA vice Questore Aggiunto della Polizia di Stato. Il fenomeno è stato analizzato sotto diversi profili in funzione delle specifiche competenze delle relatrici.
A moderare l’evento Marina Turco, giornalista TGS. Ha aperto i lavori il Questore di Palermo, Maria Rosaria Maiorino, che ha posto l’accento sulla scelta della location quale luogo simbolo per riflettere tutti insieme sul tema della violenza contro le donne esercitata da mariti, compagni, partner, fenomeno che ha assunto la dimensione della emergenza. Il Questore ha posto l’interrogativo perché ciò accada – “Perché nel 2014 ci siano ancora donne che hanno difficoltà ad allontanare il proprio uomo definitivamente, al primo pugno o al primo pestaggio, preferendo precostituirsi una tesi da raccontare ad amici, parenti, secondo cui non è successo mai niente? (es. Il livido sullo zigomo frutto di una caduta accidentale). La Maiorino ha continuato sostenendo che “l’altro alleato della violenza sulle donne è la solitudine. Donne che vengono lasciate sole dai familiari, in quanto non voglio riconoscere la verità. Il Vice-Questore Aggiunto Rosaria Maida havoluto ricordare che – “la Polizia è accanto alle donne.Io dirigo la sezione reati sessuali in danno di minori, ma anche la sezione Criminalità straniera e prostituzione. Quindi, io e i miei collaboratori e collaboratrici abbiamo visto decine di donne di ogni forma di abusi, di maltrattamenti, di persecuzioni, di violenza economica, psicologica. E’ difficile che una donna rompa il muro dell’omertà. Spesso le famiglie di origine sono distanti dal comprendere le necessità della donna di uscire dal percorso di violenza.. Queste donne hanno bisogno di supporto psicologico e legale altrimenti ritrattano tutto”. Esortazioni dalla Maida sono state lanciate a fronte di avvisaglie di violenza che si subiscono dal proprio uomo, “bisogna lasciarlo, perché è un uomo pericoloso”, richiamando l’attenzione sulle storie terribili di violenza riportate dalla trasmissione televisiva di Rai 3 “Amore criminale”, con ragazze vittime di violenza, che tentano erroneamente di volere cambiare il proprio partner. “Ho incontrato anche ragazze che hanno fatto la famosa “fuitina” che si pensava fosse superata, invece ci sono situazioni in cui ragazze vanno a vivere nelle famiglie del fidanzato. Fanno un figlio, sono segregate in casa e poi incominciano le violenze e, tutte le storie sono fotocopie”.
Anche l’ASP, con la Dott.ssa Benincasa, ha testimoniato l’adesione alla rete antiviolenza, informando la platea della istituzione in seno all’ASP di Palermo del “Centro Armonia” di trattamento psicologico post-traumatico, rivolto a soggetti esposti a maltrattamento, abuso sessuale, violenza domestica, anche infantile, spesso mai denunciati e mai curati. (ESI – Esperienze Sfavorevoli Infantili). Il carattere operativo del Centro esprime la sua operatività ed il suo impegno in favore delle vittime di violenza, anche con un l’attivazione di un numero verde 800 397363, (contattabile dal lunedì al venerdì dalle 8,30 alle 13,30). Infine, la Benincasa ha evidenziato che – “la rilevazione della violenza anche domestica rimane ancora emergenziale, poiché gli operatori sanitari che visitano le donne che denunciano una lesione al corpo, non hanno un codice specifico, dinanzi a casi sospetti, da segnalare ad altri servizi.”. Non poteva essere omesso l’approccio processual-penalistico egregiamente illustrato dal Sostituto Procuratore Alessia Sinatra, che ha evidenziato le criticità del sistema giudiziario e legislativo, che si manifestano a carico della donna adulta, presunta vittima di violenza. La Sinatra ha rilevato che, posto che la Convenzione di Istanbul stabilisce l’Audizione Discrezionale Protetta, conferendo piena libertà al giudice di valutare se disporre o meno dell’udienza separata della donna abusata adulta, non sempre il Sistema offre un’adeguata sensibilità e un adeguato rispetto nei confronti di quest’ultima. Ciò avuto riguardo all’inevitabile disagio emotivo della vittima chiamata oltre che, alla rievocazione di ricordi traumatici nella fase di narrazione in udienza, anche a reggere il contatto visivo con il suo aggressore, all’interno della stessa aula. Successivamente, intervenendo l’Assessore alle Attività Sociali del Comune di Palermo, Agnese Ciulla che ha rassegnato gli interventi degli amministratori locali a sostegno delle vittime di genere, Maria Rosaria Lotti delle “Onde Onlus” ha focalizzato l’attenzione sulle modalità di accoglienza delle donne vittime di violenza presso il Centro Antiviolenza e la Rete Cittadina Antiviolenza, ben descritte nelle sue varie fasi e declinazioni. Ha proseguito la Dott.ssa Rosaria Licata del Policlinico di Palermo, che ha ripercorso dettagliatamente l’assistenza immediata fornita alle vittime in ambiente ospedaliero, in tutte le sue tappe. Ulteriore aspetto indagato, rientrante nelle novità della recente legislazione nazionale in materia di femminicidio (art. 18 bis T.U. Immigrazione), è stato quello introdotto dal Vice Questore Aggiunto Angela Spatola, riguardante la possibilità delle donne immigrate vittime di violenze di ottenere permessi di soggiorno per motivi umanitari. Spunti dialettici sono stati tracciati dalle riflessioni di alcuni studenti dell’Istituto Regina Margherita di Palermo, presenti per l’iniziativa, come quello di una studentessa che ha evidenziato l’essenzialità del ruolo della donna, del suo modo di gestire il rapporto con il ragazzo/uomo, esortando ad un cambio di mentalità che riconduca al rispetto della identità di donna.
TrinacriaNews.eu ha effettuato interviste a presidente dell’Associazione Le Onde ONLUS Maria Rosa Lotti, assessore Attività Sociali Comune di Palermo Agnese Ciulla, sostituto procuratore della Repubblica presso il Tribunale Ordinario di Palermo Alessia Sinatra, vice Questore Aggiunto della Polizia di Stato Rosaria Maida Di seguito le interviste.
MARIA ROSA LOTTI
D. L’Associazione Le Onde” ha una testimonianza atavica di lotta contro la violenza sulla donna, in Sicilia e in Italia. Quali criticità ha incontrato nel tempo?
R. Le criticità sono state tante e diverse, ovviamente. La prima, quando abbiamo iniziato a lavorare è stata che nessuno credeva che questo fenomeno fosse così diffuso e pervasivo rispetto a tutti i ceti sociali. Mentre, nel tempo e soprattutto dopo i dati dell’ISTAT, che ci dicono che 1 donna su 5 in Italia subisce violenza, c’è stata una difficoltà data dalla non esistenza di politiche strutturali che permettano ai Centri antiviolenza di potere fare i proprio lavoro con un po’ di tranquillità.
D. Quali sarebbero la politiche strutturali anti-violenza?
R.Per esempio, avere un Piano di Azione Nazionale che preveda risorse adeguate per far si che ci siano, sia attività di prevenzione verso la violenza, sia il potenziamento dei servizi specializzati che, in Italia sono nei centri anti-violenza, sia una formazione adeguata per tutti gli operatori e le operatrici di tutti i servizi (dalle Forze dell’Ordine ai Servizi sociali, agli insegnanti), rispetto a come fare emergere il fenomeno e soprattutto, come sostenere i progetti di vita nuovi, nel momento in cui una donna decide di uscire dalla violenza.
D. C’è un problema di sensibilità del Governo italiano rispetto all’impegno di risorse economiche, nonostante si sia sposata la causa?
R. Non è proprio così semplice, perché il Governo Italiano ha fatto Dichiarazioni, ha ratificato la Convenzione di Istanbul. La sensibilità da parte dei vari Governi è stata espressa in diversissime sedi e di qualsiasi tipo di Governo si trattava. Un problema molto serio era quello dell’investimento in questo settore. Perché si può dire che “sono sensibile, si, ne facciamo la nostra bandiera, se però, poi non metto in atto delle azioni concrete per potere contrastare il fenomeno, abbiamo tante belle parole ma, portato poco frutto. Mi spiace essere così. Perché io credo molto nel lavoro che può essere fatto con politiche e strategie attente di contrasto alla violenza. I Centri antiviolenza possono fare il loro lavoro, ma per contrastare questo fenomeno, tutte le Agenzie governative devono entrare in gioco e devono farlo con la sensibilità che ha dimostrato per es. la Questura di Palermo in questi ultimi 15 anni, seguendo con attenzione, non solo le donne che si rivolgono a loro ma, anche lo sviluppo del lavoro di rete. La stessa cosa ha fatto l’Arma dei Carabinieri. Adesso abbiamo, come Forze dell’Ordine in entrata la Polizia Municipale. Quindi, c’è una presa in carico del problema della protezione.
D. Cos’è la Convenzione di Istanbul?
R. E’ la Convenzione lanciata dal Consiglio d’Europa contro la violenza domestica, contro la violenza verso le donne, contro la violenza di genere. E’ una Convenzione internazionale, quale strumento che vincola gli Stati, nel momento in cui diviene operativa. E’ diventata operativa dal 1° agosto di quest’anno. Va a ridefinire il quadro normativo e le azioni da sviluppare per contrastare questi fenomeni. Il Governo italiano ha aderito quasi subito alla Convenzione.
D. La donna che si rivolge all’Associazione “Le Onde” cosa chiede?
R. Chiede di avere una vita libera dalla violenza, chiede di potere uscire da una situazione che fa soffrire lei, i suoi figli, chiede di essere sostenuta, spesso anche per un’autonomia di tipo economico, (quindi, lavoro), chiede di “ricostruirsi”.
D. E’ successo che degli uomini si rivolgessero all’Associazione per fare ritornare a casa le loro donne?
R. Non tanto quello. Noi gestiamo anche due case rifugio, ad indirizzo segreto per donne, bambini e bambine. Rispetto alle donne ospitate, può capitare che il marito vuole sapere che fine ha fatto la sua donna, soprattutto quando c’è un problema di tutela e di segretezza.
D. Quale è la grande opportunità che offre il Centro Le Onde?
R. Che ce la si fa, che le donne possono ricostruire una vita diversa, per sé e per i propri figli, e che la relazione con delle donne professioniste aiuta a ritrovare una maggiore stima di sé. Le donne devono imparare a volersi bene.
AGNESE CIULLA
D. Il Comune di Palermo ha promosso sul territorio tanta rete tra gli operatori, ma in chiave di Prevenzione come si sta attivando affinché si focalizzi l’attenzione oltre soggetto donna (abusata) ma anche sul soggetto uomo (abusante)?
R. Il primo passaggio è quello dell’informazione. C’è un lavoro integrato tra più anime dell’Amministrazione Comunale. E’ prevista l’approvazione in seno al Consiglio Comunale, di una mozione per parlare di violenza sulla donna anche attraverso interventi che siano politici, amministrativi, proprio nella città di Palermo. L’Assessore alla Scuola sta lavorando su tutti i percorsi educativi. La prevenzione parte dalle scuole, dai ragazzi. E’ un processo culturale e già nelle scuole, da più mesi si sta facendo un lavoro legato della dimensione della socialità, della emozione tra ragazzo e ragazza. C’è un lavoro rivolto ai giovani, ma c’è tutto un lavoro di formazione rivolto alle maestre delle scuole materne. Un lavoro di formazione e aggiornamento è stato fatto con i servizi sociali, servizi che si stanno attivando per lavorare in termini di prevenzione. Ma é difficile.
D. Si registra comunque che l’età in cui si esercita violenza si è spostata in avanti. Sono spesso le persone adulte gli attori della violenza, complice la crisi economica, per cui la donna subisce lo stato di repressione dell’uomo. Sarebbe auspicabile un’attenzione nei confronti del soggetto maschile “adulto”?
R. Noi lavoriamo con tutte le donne. Per cui la rete non si sposta, ma prova ad avere più fuochi, quindi, più Istituzioni, che da più punti di vista intervengono. Sull’uomo c’è un nuovo orientamento nazionale. Stiamo cercando di aspettare quali sono le strategie adottare. Il Governo nazionale sta facendo un Piano sulle Pari Opportunità sulle donne. Stiamo cercando di capire qual è l’orientamento nazionale in merito a tutta l’attività di prevenzione. L’unica forma di prevenzione è la cultura.
ALESSIA SINATRA
D. Non sempre la vittima abusata è protetta nella fase di anticamera penale, come emerso dalla sua relazione al Convegno. Cosa fare per correggere questo comportamento praticato ahimè, anche in sede giudiziaria?
R. Bisognerebbe innanzitutto osservare certamente la legge. Dobbiamo comunque, muoverci sempre all’interno di una cornice normativa. Però, il buon senso e la sensibilità non devono mai mancare, anche nel corretto intervento con il quale si applicano le leggi. Questa è una disfunzione del nostro sistema, che purtroppo accade, non sempre in cattiva fede, ma perché abbiamo dei carichi (di lavoro) molto elevati, non abbiamo le risorse, non abbiamo il personale che ci consente di curare questi passaggi. Credo che la presunta vittima di questi reati meriti di essere accolta in un contesto riservato, in un contesto protetto, meriti di rendere la sua testimonianza, sentendo di avere intorno un sistema ed una Istituzione che l’ascolta, che la rispetta e che le dà anche del tempo, perché i tempi delle vittime non sempre, coincidono con i tempi della giustizia, che ci imporrebbero di evadere rapidamente le nostre pratiche, di evitare che il processo si estingua, perché magari si giunge ad una prescrizione. Raccontare non è facile e necessita di tempi, tempi di elaborazione, tempi di metabolizzazione, tempi attraverso i quali con le cure, con i supporti adeguati la persona si confronta con se stessa, con la propria esperienza, rivisita, rielabora e riesce finalmente a riconoscersi come vittima. Molte delle persone che parlano con noi non si sentono vittime, si sentono addirittura, di averlo meritato il maltrattamento subìto, quindi è molto complesso. E l’isolamento passa da un percorso molto difficile di rielaborazione del proprio vissuto e anche, attraverso l’affidamento alla Istituzione che ti ascolta, l’Istituzione che deve intervenire, correggere e riparare, dal punto di vista giudiziario.
D. Lei che messaggio darebbe agli abusanti?
R. E’ una domanda molto complessa. Credo che una storia sia diversa dalle altre. Dietro ogni azione c’è un vissuto, ci sono delle difficoltà, delle fragilità che vanno corrette. Non mi sento di rivolgere un messaggio agli abusanti. Mi sento di rivolgere un messaggio a chi non deve cadere nel circuito criminale, a chi si trova in situazioni di rischio perché appartiene a contesti non adeguati, a contesti che non consentono di offrire stimoli adeguati, di protezione e reti di prevenzione e protezione. Quindi, mi sento di rivolgere un messaggio a chi può correggere tutto questo, alle famiglie, alla scuola innanzitutto e a tutti centri ed i luoghi in cui si formano i pensieri e le coscienze, affinché si consideri l’essenzialità degli affetti, i sentimenti, e il ruolo di ogni vita umana nella società e quello di ogni componente il nucleo familiare.
D. Palermo da questo punto di vista?
R. I reati vi sono e facendo riferimento ai casi di cui mi sono occupata, di quelli divenuti giudicati con sentenza definitiva, credo che si dovrebbe pensare a percorsi di recupero, ma sono percorsi complessi, percorsi difficili che passano attraverso l’accettazione ed il riconoscimento di avere un problema. Si viene curati, si accetta una cura quando si riconosce di avere un problema. Non è semplice questo. Se questo accade è giusto che si attivi un intervento terapeutico perché queste persone rientrano nel circuito sociale.
D. Sono complici il fattore culturale ed un machismo latente?
R. Purtroppo si. Risentiamo del fattore culturale. Condivido il pensiero della giovane alunna, (secondo la quale, molto dipende dalla donna il modo in cui si pone il rapporto con l’uomo). Le donne ancora, non sempre interiorizzano il loro valore, la loro identità, la loro professionalità e, mi riferisco anche agli apparati importanti, ai contesti privilegiati dove le donne fanno fatica ad affermarsi, anche quando meritano rispetto agli uomini. Io sono per la presenza e la completezza dei generi. Laddove ci sono risorse, l’integrazione tra i generi è un valore aggiunto. Laddove ci sono meriti è giusto che si riconoscano le posizioni di rilievo. Quindi, é’ una cultura da perfezionare e da rafforzare in tutti i contesti, in tutti gli ambiti, ma la scuola é la sede privilegiata, perché là nascono, si costruiscono e si formano le coscienze e i pensieri.
ROSARIA MAIDA
D. Sono cresciuti i casi di denunce di violenze subìte e la Polizia si afferma come punto di riferimento. Che tipo di donna è quella che viene a sporgere denuncia e qual è l’approccio che la Polizia adotta?
R. Sono donne che hanno vissuto momenti terribili, anni terribili di violenza, di maltrattamento. Quindi, bisogna comprendere questa situazione e cercare di far fronte all’esigenza di raccontare tutto, come un fiume in piena, garantire una privacy assoluta, prestare la nostra massima attenzione, in maniera tale da evitare fenomeni di vittimizzazione secondaria e al tempo stesso, dare fiducia che la situazione può cambiare. Dobbiamo essere quindi, molto professionali. A volte, queste donne vogliono parlare solo con un’altra donna (poliziotto). Ciò all’inizio. Poi, però si convincono e trovano anche negli uomini collaboratori un valido aiuto. Spesso, sono donne che hanno bisogno di liberarsi di questo peso che tenevano dentro da moltissimo tempo. Noi dobbiamo poi trovare le prove che supportano il racconto. Quindi, chiediamo e facciamo domande sempre più precise, sui tempi, sulle modalità, sui testimoni.
D. Che ci dice delle ritrattazioni?
R. Purtroppo esistono. Noi cerchiamo di fare di tutto, cerchiamo di sostenerle, di metterle in contatto con i centri antiviolenza, con i centri di supporto psicologico. Cerchiamo di non lasciarle mai sole, a volte di telefonarle più spesso di quello che dovremmo per sapere se stanno bene, se va tutto bene.
D. Ciò, nella fase post-denuncia o post giudizio?
R. Nella fase post-denuncia perché per seguirle nell’iter processuale questo è molto lungo. Noi siamo molto chiari. Noi diciamo la verità, diciamo che effettivamente, ci sarà un momento in cui si valuterà una misura cautelare nei confronti dell’indagato da parte del Pubblico Ministero, se richiederla o meno. Una volta ottenuta la misura, questa ha una durata. Inizierà poi il processo e passano degli anni. In questo lasso di tempo, la donna deve riuscire comunque ad avere una casa, un supporto economico, soprattutto un sostegno psicologico, un sostegno legale, un sostegno in tutti gli aspetti della sua vita. Le cose cambiano. Bisogna verificare se la donna ha famiglia alle spalle, se è forte il sostegno. A volte c’é , a volte non c’è. A volte c’è una struttura amicale. L’uomo, a volte, isola la donna.
D. E del fenomeno della manipolazione mentale verso la donna, in cui si tende a distruggere lentamente la sua autostima, anche isolandola, cosa vuole dire?
R. Questa viene identificata come la spirale della violenza, cioè uno dei momenti in cui la violenza consta di diverse fasi. Una di queste fasi è l’isolamento. C’è la fase acuta in cui per es. si picchia la donna e subito dopo si chiede perdono. A volte invece, c’è prima la fase della seduzione, poi si manifesta la violenza. Bisogna analizzare la storia della coppia; come inizia il fidanzamento, quando porta i fiori, quando è un fidanzato perfetto, ammaliante, quindi, che sembra non avere niente che non vada. Ma, subito dopo incomincia a diventare geloso-possessivo, viene proibito di uscire alla donna “tu non vai da nessuna parte, stai con me”, e così via.
D. Le Forze dell’Ordine, nel frattempo si sono perfezionate per captare il fenomeno, nelle sue sfumature più subdole, svariate e mutabili nel tempo?
R. Assolutamente si. Si sono fatti dei corsi di formazione per gli operatori, per tutti noi, per aiutarci a capire anche quando, a fronte di un tipo di violenza dichiarata, scopriamo che sotto ci sono episodi di violenza sessuale (che si è subìta anche da bambine, o nei confronti dei propri figli).
D. C’è una differenza di comportamento da parte dell’Agente “uomo” che accoglie una denuncia di violenza rispetto a quello dell’Agente “donna”, tra le Forze dell’Ordine?
R. Se si è professionali non c’è nessuna differenza. La professionalità esula dal sesso.