GIBELLINA (TP) – Si svolgerà dal 26 giugno al 26 luglio la XXXIV edizione delle Orestiadi di Gibellina, promosse dalla Fondazione Orestiadi.
Il Festival è stato presentato oggi in conferenza stampa daldirettore artistico Claudio Collovà, dal presidente della Fondazione Orestiadi, Rosario Fontana, e dall’assessore regionale al Turismo, Cleo Li Calzi.
Non è un caso che l’edizione 2015 incominci il 26 giugno, data di nascita dell’indimenticabile Ludovico Corrao, che delle Orestiadi è stato il fondatore, e per un mese presenta un cartellone di altissimo livello: tredici gli spettacoli in programma, con quattro prime nazionali, diverse attività collaterali e artisti di fama nazionale e internazionale, la cui presenza a Gibellina conferma come in questi anni le Orestiadi si siano attestate come un’esperienza unica nel panorama teatrale e culturale italiano ed europeo, dedicata alla ricerca, alla sperimentazione e alla contemporaneità.
Una novità assoluta è Iliade – Un racconto mediterraneo, che comprende tre spettacoli, progettati e diretti da Sergio Maifredi, con interpreti d’eccezione Tullio Solenghi, Amanda Sandrelli e David Riondino. Lo scorso anno, le Orestiadi avevano proposto “Odissea – Un racconto mediterraneo”, mentre quest’anno, accompagnati ancora una volta dallo sguardo di Sergio Maifredi, si vuole porre l’attenzione sull’Iliade, mediante un percorso da costruire canto dopo canto, scegliendo come compagni di viaggio i grandi cantori del teatro contemporaneo.
Gli spettacoli andranno in scena tutti alle 21,15, nella tradizionale cornice del Baglio Di Stefano a Gibellina, sede della Fondazione Orestiadi. Il costo del biglietto intero per ogni spettacolo è di 10 euro,mentre il ridotto (over 65, under 24 e titolari ideanet e PMo card) è 8 euro. Prevendite a Palermo da Modusvivendi, via quintino sella, 79. Per maggiori informazioni chiamare lo 0924.67844 oppure visitare il sito www.orestiadi.it.
IL CARTELLONE DELLA XXXIV EDIZIONE
Il primo spettacolo della XXXIV edizione delle Orestiadi – organizzata con sostegno dell’Assessorato regionale al Turismo -è in programma venerdì 26 giugno. Si tratta di Addio Roma che va in scena in prima assoluta. A cura di Francesco Carluccio e Francesco La Licata/Fabrizio Lupo e Roberta Barraja; con Elisa Bonazzi (mezzosoprano), Eva Macaggi (soprano), Gaia Mattiuzzi (soprano), Gökmen Sahin (basso), Giacomo Serra (baritono), Michela Ciavatti (clarinetto), Gabriele Maria Ferrante (violoncello), Francesca Fierro (pianoforte), Michele Foresi (violino), Angelica Foschi (fisarmonica), Francesco Rocco (chitarra elettrica), Eugenioprimo Saragoni (percussioni); live electronics Bernardo Lo Sterzo. Regia di Gianluca Cheli.
Prodotto da QuinteAttive Teatro, è un progetto delLaboratorio ZeroCrediti (Bologna), del Conservatorio G. B. Martini di Bologna, dell’Accademia Di Belle Arti di Palermo, Dipartimento di Progettazioni e Arti Applicate, dell’Accademia Del Lusso – Istituti Callegari Sede Di Palermo.
Addio Roma è la violenza della fame.Una tavola, dei commensali che già conosciamo, umanità che hanno lottato per sedersi a quella tavola, che sono state spinte, invitate, elette, scelte per mangiare a quella tavola. Piene di buoni propositi, hanno mangiato troppo. E non è rimasto nulla. Non è rimasto nulla né per loro né per chi avrebbe dovuto ancora mangiare. E allora serve una soluzione, un rimedio, una divinità in grado di dare a tutti l’illusione di poter mangiare ancora. Una vacca grassa per le troppe vacche magre.
E tutti l’adoreranno, tutti l’ameranno, tutti la glorificheranno. Addio Roma è un’operazione sulla disillusione e sul bisogno di nuove divinità in carne e ossa che affligge la nostra società.
Per quanto motivati da buoni principi e da belle speranze, cadiamo ciclicamente nella tentazione di abbuffarci oltre quello che ci è consentito. E cosi, satolli e strabordanti, cominciamo a prosciugarci, corpi vuoti che vagano come anime disorientate nei bollori infernali. Non siamo capaci a essere divinità di noi stessi, guida illuminata del nostro percorso e ci affidiamo con foga ed entusiasmo, al primo grasso maiale che sembra prometterci vita eterna.
Martedì 30 giugno, in prima nazionale va in scena Massa e potere #2, uno spettacolo di Claudio Collovà da Elias Canetti. Con Giuliana Amato, Fabiola Arculeo, Livia Bartolucci, Valeria Dada Berardi, Tunde Bodnar, Gianluca Bottoni, Marco Canzoneri, Mauro Cappello, Cristiana D’Apolito, Rossella Guarneri, Marco Leone, Ylenia Modica, Lelio Naccari Marcella Parito, Dario Raimondi, Angela Ribaudo, Marina Savino, Patrycja Stefanek, Vittoria Strazzeri, Simona Taormina, Giuseppe Tarantino, Maria Pia Valentini, Federica Zacchia, Nicolas Zappa.
Scenografia Claudio Collovà; costumi Luisa Urso, Caterina Strafalaci e Giulia Santoro trucco Luisa Urso / luci Michele Ambrose e Claudia Borgia; video Piero Consentino e Salvatore Pirrone; lavoro sul movimento e coreografia Maria Pia Valentini; assistenti alla regia Maria Antonietta Trincucci e Elisa Cricchio; produzione Teatro Mediterraneo Occupato (Palermo) e Associazione Culturale Marionettistica Popolare Siciliana di Angelo Sicilia, in collaborazione con Hotel Patria Occupato.
È a Francoforte nel 1927 che Canetti fa la sua prima esperienza di massa. Da quel momento Canetti volle comprendere le manifestazioni di massa che si svolgevano intorno a lui. Per tutta la vita ha cercato di comprender come il potere nascesse dalla massa. Canetti odia l’oppressione, il potere e la morte. Sa che ci sono masse altrettanto distruttive di quanto lo sia il potere. La massa e il potere diventano per lui così delle realtà antropologiche da indagare. La speranza è la sola cosa che gli permette di affrontare l’orrore della storia e non perdona a Dio la condizione del mondo. Tanto la formazione della massa che la sua disgregazione producono effetti terribili e chi cerca il potere conosce bene le masse, e il despota non esiste senza di esse. La profezia è un malevolo inganno, e anche il profeta è una figura del potere. Poiché con le parole sono stati provocati dei disastri, si dovrebbe, con le parole, poterli impedire. Il mestiere del poeta consiste nel salvare la lingua, ascoltare e preservare la memoria.
Giovedì 2 luglio va in scena Genesiquattrouno, Caino e Abele, genesi di una fratellanza deviata. Di Gaetano Bruno; Residenza Idra (Brescia). Testo e musiche sono di Gaetano Bruno; diretto e interpretato da Gaetano Bruno e Francesco Villano.
Il lavoro, che trae ispirazione dalla nota vicenda di Caino e Abele del libro della Genesi (capitolo 4, versetto 1) della Bibbia, concentra il suo sviluppo sul rapporto d’amore tra due fratelli. In genesiquattrouno l’omicidio è già stato compiuto. Ora, nel sonno, si cerca di “riprendere fiato”. La scena inizialmente appare come luogo di inconsapevolezza, nel quale uno dei due fratelli, quello già morto, tornato bambino si ripresenta, come ogni sera, a far visita al fratello amato. In quella caverna i due personaggi alternando il gioco alla sfida, esplorano la loro infanzia fatta di avventure fanciullesche e preghiere inventate ad un Dio a cui hanno imparato a donare la propria parte migliore.Ma non sarà facile stanare il fratricida. Il linguaggio di questo incontro matura nelle differenti stagioni che i due fratelli tornano a vivere. Nell’infanzia è il corpo a parlare, lasciando spazio al lavoro fisico dei due attori. Nell’adolescenza i due accolgono la parola, ed è in quel tempo che il maggiore, vedendo tradito il patto di complicità siglato con l’altro, permetterà alla sue paure di insinuarsi nei suoi affetti e ridurrà il proprio rapporto con Dio ad una patetica messa in scena. Ma sarà nella maturità che il minore, conquistata finalmente la fiducia dell’altro, lo farà cadere nel tranello costruito pazientemente sin dal suo ingresso onirico e lo attirerà nella stessa caverna dei giochi dove il loro amore è iniziato, dove tutto è finito e dove tutto ricomincerà, ancora e ancora.
Sabato 4 luglio, alle 21,15, Garbage Girls, a cura di e-Motion Gruppo Phoenix. Regia e coreografia di Francesca La Cava; musica originale di Lorenzo e Federico Fiume dell’Associazione Culturale Resiliens; collaborazione artistica di Corinna Anastasio; interpreti: Corinna Anastasio, Francesca La Cava e Angela Valeria Russo; costumi di Francesca la Cava; scene e disegno luci di Stefano Pirandello; video di Giovanni Sfarra; direzione tecnica, Carlo Oriani Ambrosini; produzione, Gruppo e-Motion, con il contributo del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, della Regione Abruzzo, della Provincia e del Comune dell’Aquila ; coproduzione Società Aquilana dei Concerti “B. Barattelli”; residenze artistiche Artisti Per Il Matta progetto Corpografie.
Garbage Girls è un viaggio poetico tra i rifiuti, tra immanente e trascendente, tra coloro che sono costretti a vivere “nella desolazione, testimoni della crudeltà della vita e dei suoi mille misteri”. È la storia poetica di donne che si “muovono” come se la strada fosse “il teatro della vita” fatto di scenografie e suoni che riproducono il vero attraverso il falso, il reale attraverso il sogno, la crudezza attraverso la poesia. La creazione si muove alla ricerca di espressioni vitali, di movimenti naturali, di dialoghi gestuali che stendono la storia nella quale gli interpreti si lasciano costruire addosso e costruiscono una serie di situazioni che giocano tra il reale, il grottesco e il trascendentale, riscoprendo gli spazi nascosti della mente. Disagio, marginalità e devianza caratterizzano il conflitto di queste donne alla ricerca della loro identità, superando le barriere sociali imposte dalla collettività..
Giovedì 9 luglio è in programma Sandro Penna. Una quieta follia. di Elio Pecora. Regia di Massimo Verdastro; con Massimo Verdastro e Giuseppe Sangiorgi; rielaborazione drammaturgica di Massimo Verdastro; musiche originali di Riccardo Vaglini; progetto luci di Marcello D’Agostino; aiuto Regia Giuseppe Sangiorgi; assistenza tecnica Marco Ortolani; prodotto daCentro Diaghilev (Bari) in collaborazione con Compagnia Massimo Verdastro.
Sandro Penna. Una quieta follia è concepito come una sorta di spartito musicale, sull’onda di una forte ed empatica conoscenza che Pecora ha del poeta perugino. Il monologo che ne è venuto fuori, accoglie in sé le poesie, le prose e alcuni frammenti dei diari inediti. Il lavoro di Pecora, rielaborato drammaturgicamente da Verdastro, vede un Sandro Penna insonne che si racconta e rivela e, mentre riflette e confida le fonti e le ragioni della sua opera poetica, descrive le sue giornate e il tempo che
ha traversato: gli anni del fascismo, la guerra, il secondo dopoguerra, la sua intera esistenza fatta di inquietudini e di stupori. In una stanza da cui ha smesso di uscire, dove sono accatastati e sparsi oggetti di ogni tipo nella confusione più totale, il poeta elenca i suoi mali, si dilunga sulle sue insonnie. Vagando nella sua stanza, ingoiando pillole, ci parla della sua infanzia difficile,
dei suoi rapporti con il padre e con la madre, che ha segnato la sua esistenza, madre amorosa e crudele, traditrice e giudicante. Quindi l’incontro con l’amico che gli parlò di Rimbaud e Baudelaire, la comparsa della poesia; i dissidi interiori, la diversità ben prima di quella sessuale; l’amore intravisto, inseguito, negato; gli anni della giovinezza, gli impieghi brevi, i piccoli commerci, la sua visione della vita accolta nei versi; le sue frequentazioni e amicizie con Montale, Saba, Pasolini e Morante.
Sabato 11 luglio, Manca solo la domenica di Licia Maglietta, dal racconto di Silvana Grasso; musiche scritte ed eseguite da Wladimir Denissenkov; luci di Cesare Accetta; realizzato da Lucio Sabatino; i costumi sono di Katia Esposito; suono Daghi Rondanini; direzione tecnica Lello Becchimanzi. Prodotto da Teatri Uniti (Napoli).
Esistono amori che non danno la felicità ma… se ne possono vivere altri. Borina, all’anagrafe Liboria Serrafalco sposata Liuzzo, lasciata “vedova bianca” da un marito che fa perdere le proprie traccie, una volta arrivato in Australia, è condannata ad un umiliante disagio sociale, perché non essendo vedova, rappresenta un pericolo per “l’ordine costituito” e per la sessualità. Dunque priva di uno Status, figlia o moglie, che la definisca agli occhi della società, Borina trasforma, trasforma tutto, crea e riscrive un’altra vita fino all’estremo, fino in fondo. La sua vulnerabilità non è stata rispettata e lei si riappropria di tutto e di tutti. Andare lontano dalla propria casa. Fantasticare una vita di sentimenti amorosi e luttuosi. Desiderare passioni, amori e soprattuto uno Status da poter portare dipinto sulla faccia come una voglia di vino o di fragola. E se la realtà le impedisce di vivere tutto questo Borina non se ne preoccupa: pianifica. Ho tratto la drammaturgia di questo monologo, anzi lo definirei melologo, dall’omonimo racconto di Silvana Grasso, scrittura che è canto, scalpello, forbici tatto e senso. Con Wladimir Denissenkov lo abbiamo riscritto in musica, la sua musica, che ha condotta armonica, timbri e inflessioni melodiche russe. Era importante non connotare il racconto con sonorità del nostro sud. Le vedove bianche appartengono alle storie di molti paesi.
Domenica 12 luglio, Fuochi a mare per Vladimir Majakovskij. Uno spettacolo di e con Andrea Renzi. luci Pasquale Mari. suono Daghi Rondanini. Produzione Teatri Uniti.
Armato dei suoi versi e di una Smith and Wesson a canna corta, dalla tribuna di un piccolo tavolino, alle sue spalle il cielo trapunto di stelle, in una immaginaria conferenza cosmica e pirotecnica il grande poeta russo si presenta in tutta la sua smisurata, tenera e trascinante vitalità.
Questa requisitoria poetica ha il suo cuore pulsante nel poemetto la Nuvola in Calzoni, dove il giovane Majakovskij ingaggia un corpo a corpo con i temi universali dell’amore, della religione, della vecchia poesia e della rivoluzione, realizzando un insuperabile manifesto della sua concezione poetica potentemente innovativo sul piano formale. In un montaggio scandito dallo sparo suicida le gemme verbali, le burle immaginifiche, i concitati paradossi, gli amori disperati e carnali e le profetiche visioni di questo gigante del secolo scorso giungono fino a noi.
Venerdì 17 luglio “Teatrino giullare” mette in scena Le amanti, dal romanzo di Elfriede Jelinek. Interpretazione, regia e drammaturgia sono del Teatrino Giullare. Traduzione italiana di Valeria Bazzicalupo; scene e oggetti di Cikuska. Produzione Teatrino Giullare e Festival Focus Jelinek, con il sostegno della Regione Emilia Romagna. Si ringraziano Emilia Romagna Teatro Fondazione, Comune di Sasso Marconi.Un ringraziamento particolare a Francesca Zarpellon.
Protagonista di questa storia è l’Amore, con le sue angosce, le sue spesso fallaci promesse. Protagoniste di questa storia sono due ragazze, Brigitte e Paula, che desiderano una vita migliore. Brigitte ha le idee chiare: accaparrarsi con le unghie e con i denti l’amore di un promettente elettricista. Paula è più confusa, ma anche lei s’innamora perché solo l’amore sembra poter dare un senso alla sua esistenza. Incontri, gravidanze, matrimoni, nascite, morti improvvise e paradossi della vita compongono un furioso e divertente affresco popolato di sogni e speranze in cui le protagoniste sono due bambole a grandezza umana sullo sfondo di un paesaggio abitato da grotteschi personaggi chiusi in scatole di cartone. A condurre il racconto teatrale una narratrice e un Eros ambiguo e singolare. Ma protagonista di questa storia è anche il linguaggio, provocatorio e implacabile, giocato sul filo del paradosso, a tratti irresistibilmente comico. Un romanzo illustrato, un duello teatrale tra Eros e la brutalità in cui la satira prende come oggetto la crudeltà dei rapporti, l’insensatezza della vita lavorativa e soprattutto la retorica sull’Amore, che si rivela l’ennesima mistificazione dell’essere umano per non vedere la povertà dei suoi orizzonti. Dallo straordinario romanzo di Elfriede Jelinek (Premio Nobel per la letteratura 2004), per la prima volta adattato per il palcoscenico, Teatrino Giullare crea con soluzioni sceniche sorprendenti un componimento delicato, feroce, comico e potentemente visionario.
Sabato 18 luglio, Racconti d’estate di e con Ascanio Celestini. Suono e luci di Andrea Pesce. Prodotto da Fabbrica srl – Sara Severoni.
C’è una barzelletta di qualche anno fa che aveva per protagonisti tre politici famosi. Saddam Hussein va da Dio e chiede “come sarà l’Iraq tra 5 anni”. E Dio “distrutto dalle bombe americane” e Saddam piange disperato. Anche Bush va da Dio e chiede “come saranno gli Stati Uniti tra 5 anni?”. E Dio “distrutto dagli attentati degli islamisti” e il presidente americano piange disperato. Infine Berlusconi va da Dio e chiede “come sarà l’Italia tra cinque anni” e Dio piange disperato.
Raccontata tenendosi a distanza dal terrorismo e dalla cosiddetta esportazione della democrazia, possiamo sentirci al sicuro e ridere. Ma proviamo a immaginare se alla grande manifestazione di Parigi dell’11 gennaio, all’indomani degli attentati, avesse partecipato proprio l’ex premier Silvio Berlusconi, che ha sempre manifestato la sua passione per le barzellette, e avesse raccontato questa storiella sostituendo Bush con Hollande, Saddam con il califfo dell’Isis e se stesso con Renzi per prenderlo in giro. Il meccanismo sarebbe stato lo stesso, ma non l’effetto comico.
Spesso nelle barzellette accade ciò che vediamo nelle vecchie comiche: ridiamo per l’uomo grasso che scivola sulla buccia di banana, ma se quell’uomo siamo noi non ci troviamo niente da ridere.
Allora qui vengono proposti alcuni racconti, nei quali ci si trova davanti ad un meccanismo simile a quello delle storielle. Ma a differenza di esse in queste mie storie c’è qualcosa che si inceppa. Incominciamo a ridere come da ragazzini ridevamo del fantasma formaggino e poi, invece di immedesimarci in Pierino, ci troviamo spalmati sul panino.
Mercoledì 22 luglio, va in scena Aldo morto di Daniele Timpano. Collaborazione artistica di Elvira Frosini. Drammaturgia, regia e interpretazione sono di Daniele Timpano. Prodotto dalla Compagnia Frosini / Timpano (Roma), Associazione Culturale Kataklisma Teatro e Accademia degli artefatti.
“Desolato, io non c’ero quando è morto Moro. Aldo è morto senza il mio conforto. Era il 9 maggio 1978. Non avevo ancora quattro anni. Quando Moro è morto, non me ne sono accorto. Ma dov’ero io quel 9 maggio? E cosa facevo? A che pensavo? E soprattutto a voi che ve ne importa? […] Lo hanno trovato nel bagagliaio di Renault 4 rossa, undici colpi sparati a bruciapelo addosso. Oh, mio Dio! Hanno ammazzato Moro! Brutti bastardi. E vabbè, pazienza. […] Cose che capitavano negli anni ‘70. Bisognava fare la rivoluzione. Chi? Brigate rosse. […] Ma rosse in che senso? Un attore nato negli anni ‘70, che di quegli anni non ha alcun ricordo personale, partendo dalla vicenda del sequestro di Aldo Moro, trauma epocale che ha segnato la storia della Repubblica italiana, si confronta con l’impatto che questo evento ha avuto nell’immaginario collettivo. In scena, assieme al suo corpo e a pochi oggetti, solo la volontà di affondare fino al collo in una materia spinosa e delicata senza alcuna retorica o pietismo.
A partire da Venerdì 24 luglio, le Orestiadi propongono tre spettacoli tratti dal ciclo “Iliade, un racconto Mediterraneo”. Progetto e regia di Sergio Maifredi. Prodotti daTeatro Pubblico Ligure (Genova). Il primo è Il duello per Elena (Libro III), con Tullio Solenghi.
Iliade è il big bang della letteratura occidentale. Nei suoi versi sono racchiusi i geni di tutti i miti, di tutti gli eroi. Achille, Agamennone, Aiace ed Ettore ma anche Odisseo, a cui lo stesso Omero dedicherà l’altro grande codice della nostra cultura: l’Odissea. Ma anche Enea che, profugo, in fuga dalla propria città in fiamme, si vedrà affidato da Virgilio la responsabilità di portare sulle proprie spalle Anchise, il padre, la storia, la sua storia che è la storia vista dalla parte sbagliata, dalla parte di chi è stato sconfitto, e per mano il figlio, il futuro, la fondazione, Roma e l’Impero che verrà. Iliade è un racconto della prima guerra del Mediterraneo e quindi la prima guerra mondiale. Iliade è l’archetipo, il paradigma delle guerre che verranno. Nei suoi versi ci sono il conflitto, l’ira, l’eroismo, il dolore, il rancore, l’amore, il sangue, le armi, la paura, le madri, le spose, i padri, i figli ma soprattutto vi è la morte. La nera morte umanamente temuta, la bella morte eroicamente cercata. La morte che è fine di tutto e che per questo impone i patti di pace come catarsi finale. Iliade, un racconto Mediterraneo restituisce alla narrazione orale, al cantore vivo e in carne ed ossa di fronte a noi, le pagine dell’Iliade che dagli anni della scuola abbiamo letto in silenzio. I racconti vivono assoluti. Il “montaggio” avviene nella testa dello spettatore che può conoscere o ignorare gli episodi precedenti.
Ne “il duello per Elena”, l’esercito greco e l’esercito troiano si fronteggiano. Paride, il rapitore di Elena e Menelao, il marito tradito si fronteggiano. Afrodite salverà Paride da morte certa. Un grande artista Tullio Solenghi per un grande simbolico duello. Iliade è il big bang della letteratura occidentale. Nei suoi versi sono racchiusi i geni di tutti i miti, di tutti gli eroi. Achille, Agamennone, Aiace ed Ettore ma anche Odisseo, a cui lo stesso Omero dedicherà l’altro grande codice della nostra cultura: l’Odissea. Ma anche Enea che, profugo, in fuga dalla propria città in fiamme, si vedrà affidato da Virgilio la responsabilità di portare sulle proprie spalle Anchise, il padre, la storia, la sua storia che è la storia vista dalla parte sbagliata, dalla parte di chi è stato sconfitto, e per mano il figlio, il futuro, la fondazione, Roma e l’Impero che verrà.
Sabato 25 luglio “Iliade, un racconto Mediterraneo” presentain prima nazionale, La morte di Patroclo (Libro XIV e XVII). Con Amanda Sandrelli. Progetto e regia sono di Sergio Maifredi. Produzione, Teatro Pubblico Ligure (Genova).
Achille, offeso da Agamennone, si sottrae al combattimento. Patroclo, suo amico fraterno, va a combattere con le armi di Achille per intimorire i nemici. Ettore lo affronta e lo uccide.
Infine, domenica 26 luglio, per “Iliade, un racconto Mediterraneo” (con la regia di Sergio Maifredi), è in programma in prima nazionale Achille e Priamo (Libro XXIV). Con Davide Riondino.Produzione Teatro Pubblico Ligure (Genova).
E ANCORA, INIZIATIVE FRA ARTE E POESIA PER L’ESTATE DELLA FONDAZIONE
Oltre agli spettacoli teatrali, nell’ambito del Festival, la Fondazione Orestiadi, con il Museo delle Trame Mediterranee, diretto da Enzo Fiammetta, propone un ricco cartellone di attività che contrassegnerà l’estate di Gibellina.
Ludovico Corrao: l’identità molteplice
Il 26 giugno, alle 18, nell’Atelier del Baglio Di Stefano è in programma Ludovico Corrao: l’identità molteplice. A cura della Fondazione Orestiadi e della Soprintendenza ai Beni Culturali di Trapani – Assessorato Regionale Beni Culturali e identità Siciliana.
Arte a poesia a Selinunte
Il 16 e 17 luglio al Parco Archeologico di Selinunte e Cave di Cusa, Arte a poesia a Selinunte:
Atelier di Adel El Siwi, Antonio De Luca, Pino Sciola, Sergio Tumminello. Reading di poeti del Mediterraneo. Evento a cura di AB Comunicazioni per il Parco di Selinunte, con la direzione artistica della Fondazione Orestiadi.
A sicilian walk
Dal 9 Luglio al 19 settembre al Baglio Di Stefano, A sicilian walk, a cura di Giusi Diana.
La possibilità negata e Niscemuos. Installazioni di Sebastiano Mortellaro.
Progetto di Riso-Museo d’arte Contemporanea della Sicilia, in collaborazione con Fondazione Orestiadi, Fam Fabbriche Chiaramontane, Parco Archeologico e Paesaggistico della Valle dei Templi di Agrigento, Fondazione Fiumara D’Arte.
Le Orestiadi – spiega l’assessore regionale al Turismo, Sport e Spettacolo, Cleo Li Calzi – si confermano un festival di altissimo livello e il fatto che oggi presentiamo la sua XXXIV edizione con produzioni e nomi importanti è il segno, da un lato, di una storia gloriosa che continua, e dall’altro, di un’offerta culturale di grande qualità. Come assessorato al Turismo, Sport e Spettacolo, stiamo puntando sulla programmazione, per consentire, già dalla prossima stagione, alle iniziative importanti come le Orestiadi, di poter essere comunicate al meglio nel mercato turistico nazionale e internazionale. Stiamo, inoltre, lavorando per riportare le Orestiadi al Cretto di Burri con certezza per l’edizione 2017 ma, forse, già dall’anno prossimo.
Ci apprestiamo ad inaugurare questa XXXIV edizione del Festival Orestiadi – sottolinea il presidente della Fondazione Orestiadi, Rosario Fontana – seguendo due direttrici che ci siamo dati: operare sotto il segno della continuità e nel contempo, compiere le azioni necessarie al rilancio della Fondazione. La continuità per noi è Fondamentale, per non dimenticare la straordinaria azione culturale svolta dal Senatore Ludovico Corrao. E il 26 giugno, data in cui ricorre l’anniversario della sua nascita, inauguriamo una mostra, intitolata “Ludovico Corrao l’identità molteplice”, con la quale metteremo in risalto la sua figura e la sua incessante voglia di valorizzare il nostro territorio.
Un mese di spettacoli – osserva il direttore artistico Claudio Collovà – dal 26 giugno al 26 luglio 2015 al Baglio Di Stefano, per la XXXIV edizione del Festival delle Orestiadi di Gibellina, con 13 gruppi coinvolti e quattro prime nazionali, molte attività collaterali con mostre ed esposizioni e tante collaborazioni con istituzioni e fondazioni culturali italiane. Il Festival, però, non è solo questo: è anche il suo paesaggio, i suoi luoghi, e la sua storia complessa dedicata all’arte, all’architettura, alla poesia e al teatro. L’arte per la città di Gibellina rimane una componente essenziale e irrinunciabile, e noi alla Fondazione continuiamo a perseguire gli stessi obiettivi alti e di bellezza del fondatore Ludovico Corrao. Noi continuiamo a possedere una dimensione spirituale inalterata, e noi tutti lavoriamo, così come fanno gli artisti, con lo spirito degli artigiani. Nonostante le difficoltà, noi continuiamo a resistere. Nonostante i tagli – incomprensibilmente punitivi, dato che ogni anno facciamo di più – il nostro impegno non è venuto meno. Abbiamo molti progetti da portare avanti, da realizzare e da presentare. Fra non molto il Cretto di Burri, completato e restaurato, riportato al suo antico splendore, tornerà ad ospitare gli spettacoli teatrali, ritornerà ad essere quello che per tradizione è stato nel passato, un luogo vivo e bellissimo, pieno di gente e di artisti. Non chiediamo interventi straordinari, ma un solido pensiero che ci coinvolga con la dovuta attenzione.