Palermo – Si è tenuta al Mondadori Multicenter la presentazione del libro di Raimondo Moncada Mafia Ridens, ovvero il giorno della cilecca, Dario Flaccovio Editore, un romanzo umoristico che affronta con ironia un tema impegnativo quale quello della mafia. Il testo racconta la storia di Calogerino, ovvero Lillo, un quarantenne asociale che vive ancora con i genitori e che passa tutto il suo tempo guardando la televisione. Per dare una svolta alla sua vita e per tirare fuori la parte latitante di se stesso decide di diventare il mafioso più spietato della storia della mafia, con degli inevitabili esiti comici ed esilaranti.
Durante la divertente presentazione sono intervenuti, oltre all’autore agrigentino, i giornalisti Lino Buscemi e Giancarlo Macaluso.
In apertura, Raimondo Moncada ha spiegato l’origine del romanzo e del suo protagonista. Tengo moltissimo a questo romanzo – ha affermato – si tratta di un testo che ha avuto la sua genesi nel settembre del 2009, dopo un’estate di “babbìo” (scherzo) con gli amici, in cui avevamo l’ossessione di chiamarci non con il nostro vero nome, ma con quello di “Lillo”. Alla fine dell’estate Lillo è diventato un tormentone, ma anche il nome del protagonista del libro. La collocazione storica del personaggio è proprio l’epoca in cui uno dei Ministri della Repubblica etichettava i quarantenni disoccupati come “bamboccioni”. Raimondo Moncada ha anche parlato della delicata operazione di trattare con ironia di un argomento assai serio qual è quello della mafia. Quando si ha già in mente un personaggio non lo si può bloccare. Si è trattato sicuramente di un’operazione molto rischiosa; ho corso un “rischio” in maniera inconscia. Quello della mafia è un argomento che in questo romanzo affronto in maniera completa. Quando ho cominciato a scrivere non ho pensato di lanciare messaggi particolari. Alla fine il messaggio lo coglie chi legge il libro. Credo che la risata in questo caso faccia riflettere sul nostro stato, sulla nostra terra, sulla cultura in cui viviamo ed in cui operano certi personaggi.
In seguito è intervenuto Lino Buscemi, il quale ha espresso il suo apprezzamento per i contenuti proposti e per l’ironia con la quale l’autore ha affrontato il tema. Questo non è un romanzo sulla mafia – ha affermato – ma sulla mentalità mafiosa, che è da collegare più a comportamenti e a modi di parlare ed agire. Questo è un libro sulla cultura mafiosa, che è ridicola, macchiettistica, buffonesca. La dice lunga sulla sostanza di coloro che hanno soggiogato il territorio e che hanno creato le condizioni perché non ci fosse sviluppo. Raimondo Moncada ha messo a nudo una mentalità assai ricorrente che è prerogativa di queste persone. Mi ha colpito molto il capitolo in cui il protagonista decide di entrare in politica; facendo ridere, l’autore comunica una cosa straordinaria, cioè che oggi la mafia non si fida più dei politici e non vuole governare per interposta persona, ma in prima persona. La banalizzazione della politica è anche frutto di questa scelta. Ecco perché nascono gli onorevoli Cetto La Qualunque. Il nostro Paese è pieno di persone del genere che governano e decidono le sorti del Paese, con tutto quello che ne può derivare in termini di massima occupazione e massimo sviluppo economico.
Anche il giornalista del Giornale di Sicilia Giancarlo Macaluso ha espresso il suo apprezzamento per il modo in cui l’autore è riuscito a trattare il tema. La mafia è un argomento delicato per poterci ridere sopra. Mi sono chiesto come l’autore avesse potuto avere questo coraggio. Il rischio di scivolare sull’argomento è molto facile, ma lui maneggia molto bene la lingua. Raimondo ha tracciato un’operazione sofisticata che è quella di fare ridere utilizzando un tema che in Sicilia è pericoloso; essendo padrone dei calembour, delle assonanze, dei giochi di parole ci è riuscito benissimo. Ha creato una storia leggera con una punta agrodolce. Il giornalista ha anche letto un brano del libro in cui l’autore traccia il profilo del protagonista. “Calogerino non voleva diventare un assassino, gli veniva pure difficile da credere, non era infatti capace di fare del male ad una zanzara di cui anzi era un pranzo prediletto. Voleva semplicemente diventare il carnefice di se stesso per uccidere quella parte di sé che lo aveva trasformato nello zimbello di tutti”. In queste parole non c’è niente da ridere – ha commentato – questa è una tragedia, quella dell’essere condannati a condurre una vita diversa da quella che si vorrebbe avere. È un po’ la tragicommedia di Calogerino, che per diventare un feroce assassino, lui che non riesce nemmeno ad ammazzare una zanzara, ne combina di tutti i colori con esiti per il lettore non solo sorprendenti, ma anche molto divertenti.
La presentazione è proseguita con la lettura di altri passaggi del libro.
In occasione dell’evento la redazione di TrinacriaNews ha intervistato l’autore del libro. Ecco le domande che gli abbiamo rivolto:
- Come è nata l’idea di scrivere un romanzo umoristico su un tema impegnativo quale quello della mafia?
- Cosa rivelano realmente l’ironia e l’umorismo, che sono il filo conduttore del libro?
- Perché il richiamo nel sottotitolo al Giorno della civetta di Sciascia?