Sventurata quella nazione che alza la voce soltanto alle cerimonie funebri, che dimostra stima soltanto presso la tomba, e aspetta a ribellarsi solo quando ha il collo minacciato dalla lama di una spada. (Kalil Gibran).
La testata giornalistica Trinacrianews.eu ha voluto effettuare la presente intervista alla luce degli ultimi fenomeni di terrorismo internazionale posti in essere dall’Autoproclamato Stato islamico dell’Is e per importanti funzioni che il Procuratore Leonardo Agueci riveste nel contrasto a tale particolare forma di terrorismo.
INTERVISTA:
D. Troppe stragi e troppe minacce a firma “Is”, senza concrete azioni degli organismi internazionali, ONU, in primis. Come si spiega questo fenomeno?
R. Le scelte e le strategie politiche che devono portare al contrasto di questo fenomeno in ambito giudiziario ci interessano fino ad un certo punto. Io non entro assolutamente in valutazioni di tipo politico. Posso dire invece che, l’Italia e gli organi di prevenzione in luoghi giudiziari si stanno attrezzando e si sono attrezzati per fronteggiare la recrudescenza del terrorismo di matrice islamica.
D. La crescita del califfato si imputa alla crescita dei foreign fighters, persino tra cittadini di nazionalità tedesca e italiana. Cosa si sta facendo per frenare questa emorragia? Si è intervenuti per colmare eventuali lacune legislative in materia di terrorismo?
R. Ci sono state recenti iniziative legislative per fare fronte con efficacia al pericolo di diffusione del terrorismo di matrice integralista islamica.
In particolare, con il D. L. 18 febbraio 2015 n. 7 e la legge di conversione del 17 aprile 2015 n. 43, sono state puntualizzate le figure di reato che intervengono per contrastare il fenomeno del terrorismo.
Tali norme hanno ampliato la portata degli articoli 274 quater e 270 quinquies c.p. ed hanno istituito l’art. 270 quater. 1 c.p. che recita: “Chiunque, al di fuori dei casi di cui agli articoli 270 -bis e 270 -quater organizza, finanzia o propaganda viaggi in territorio estero finalizzati al compimento delle condotte con finalità di terrorismo di cui all’articolo 270 sexies (terrorismo internazionale – n.d.r.) , è punito con la reclusione …….”, e si rivolge dunque proprio a contrastare l’opera di proselitismo in qualsiasi forma, anche di semplice propaganda, oltre che – naturalmente – l’arruolamento dei c.d. “Foreign Fighters”.
Questa norma costituisce la risposta interna rispetto al fenomeno del terrorismo internazionale e si pone in armonia con la legislazione degli altri Paesi occidentali.
Un’altra importante risposta a tale emergenza è stata adottata con l’istituzione della Procura Nazionale Antiterrorismo, anzi – per essere più precisi – con il conferimento alla esistente Direzione Nazionale Antimafia anche dei poteri di coordinamento delle indagini in materia di terrorismo.
Così la Procura Nazionale ha assunto il nome di “Direzione Nazionale Antimafia e Antiterrorismo” e il Procuratore Nazionale quello di “Procuratore Nazionale Antimafia e Antiterrorismo”.
In questo modo si vuole impostare l’attività delle Procure delle Repubbliche, in materia di antiterrorismo, in modo analogo a quello delle indagini antimafia, rendendo effettivo e costante lo scambio di informazioni tra i vari uffici giudiziari e l’uniformità delle indagini.
Di ciò noi magistrati avvertivamo da tempo la necessità, soprattutto perché – a differenza dei mafiosi – i terroristi, specialmente quelli di importazione, sono di regola svincolati da specifici riferimenti territoriali, ma piuttosto contano su diversi punti di appoggio sparpagliati nel territorio. Ciò comporta necessariamente una visione unitaria delle indagini che finora è stata affidata esclusivamente alle forze di Polizia e che, con la Procura Antiterrorismo, si può sviluppare anche a livello di indagini giudiziarie.
In concreto, l’istituzione della Procura Antiterrorismo, che è già pienamente operativa, ha portato ad una diversa e più efficace organizzazione del nostro lavoro nel settore delle indagini sul terrorismo internazionale, ed in particolare su quello di matrice integralista islamica, stimolata dalle diverse riunioni ed incontri di coordinamento promossi a tal fine dalla Procura Nazionale stessa.
D. USA, Gran Bretagna, Germania, Francia, Spagna e Italia sollecitano un’intesa ai due Governi Libici con un documento congiunto. Ciò non esporrebbe a maggiore rischio l’Italia, considerata la posizione di “leader” che dovrebbe nella gestione delle operazioni?
R. Certamente il fenomeno necessita un intervento politico determinante e concordato almeno a livello europeo, che serva a contenere il fenomeno dell’immigrazione nelle modalità drammatiche e disumane con cui oggi avviene. Ma più passano i giorni, più ci rendiamo conto delle gigantesche dimensioni del fenomeno e della complessità delle cause che l’hanno determinato.
Per limitarci all’esperienza da noi maturata in questi mesi sui flussi di immigrazione provenienti dai porti libici, non v’è dubbio che l’attuale instabilità di tale Paese ne favorisce l’estensione, rendendo sempre più drammatiche le condizioni di questa migrazione continua di persone verso il nostro territorio. Una volta, quando c’era un solo Governo libico, si poté riuscire a formare degli accordi che, in qualche modo, cercavano di intervenire sul fenomeno. Ora invece, siamo in una situazione fuori controllo, che complica le cose e che consente alle persone meno dotate di scrupoli, di gestire i barconi che partono verso l’Europa e di arricchirsi smodatamente sulla pelle di tanti sventurati.
D. Il proliferare di migranti in Italia e in Sicilia ha generato un epilogo di crimini a danno dei residenti (ultimo caso a coppia dei coniugi a Palagonia). Come impedire il reiterarsi di questi reati?
R. Contesto il fatto che c’è stata una estensione significativa di episodi di violenza commessi dai migranti. Vi sono stati episodi indubbiamente di estrema gravità, come quello raccapricciante di Palagonia, ma non in numero tale da registrare un fenomeno specifico. Tra i gruppi di immigrati possono, certamente, esservi persone avvezze a commettere reati, anche di una certa gravità. Ma, a tutt’oggi, siamo nell’ambito di una percentuale statistica non superiore a quella degli italiani. Non mi risulta che vi sia un incremento di reati gravi posti in essere da soggetti provenienti dal fenomeno migratorio. Trovo anzi pericoloso e fuorviante, sul piano della convivenza civile, che passi un messaggio che associ alla crescita dell’immigrazione l’incremento dei reati. E’ uno degli argomenti propagandistici che vengono usati, non so su quali dati di fatto, per creare un allarme ingiustificato avverso l’immigrazione.
D. Il Giubileo della Misericordia previsto a partire dall’8 dicembre 2015 potrebbe costituire un eccellente obiettivo sensibile?
R. Certo che può esserlo. Già vi sono dei messaggi di propaganda in questa direzione. Ovviamente, il Governo italiano si sta attrezzando per fronteggiarlo e, per consentire che un obiettivo fondamentale come il Giubileo si svolga in assoluta sicurezza. Io credo che, l’Italia, attraverso le sue istituzioni ed i suoi organismi di prevenzione e di intelligence, sia assolutamente in condizione di prevenire rischi di azioni terroristiche o comunque tali da turbare il pacifico svolgimento del Giubileo.
D. Sono emersi i criteri che sembra usare l’Is, nella sua mappa dell’Orrore?
R. Io credo che vi siano strategie concorrenti di vari gruppi eversivi che hanno come denominatore comune quello di seminare terrore nel mondo occidentale. Certamente, negli ultimi tempi, il cosiddetto “califfato” appare avere assunto un ruolo predominante, per la feroce determinazione che dimostra, l’abilità e l’efficacia dei suoi strumenti di propaganda, l’inesauribile vastità di risorse economiche di cui sembra disporre. Siamo molto vigili sulla sua eventuale capacità di penetrazione in Italia, soprattutto attraverso l’attuazione di azioni violente e clamorose come è avvenuto in altri Paesi, magari animati da spirito di emulazione.
D. C’è un’attenzione particolare alla prevenzione da parte dell’amministrazione regionale, quelle locali, nel volere costituire una sorta di “rete” in cui interagisca una Task Force, supportata da un intelligence internazionale, dall’amministrazione giudiziaria e dalle varie Forze di Polizia?
R. L’azione di intelligence, come quella di prevenzione, fanno capo al Governo nazionale e non alle amministrazioni locali. A livello locale merita invece, attenzione la gestione dei centri di ospitalità dei migranti, che acquistano lo status di rifugiati politici; essa comporta anche l’amministrazione di somme di denaro non indifferenti, derivate da specifici finanziamenti pubblici. Bisogna evitare in ogni modo che tutto ciò possa essere gestito dalla criminalità organizzata. Infatti, sappiamo che, laddove c’è movimento consistente di denaro, la mafia vuole metterci sempre la propria mano, e sono già emerse precise manifestazioni in tal senso, nel corso di indagini svolte in diverse sedi giudiziarie, tra cui in quella nota come “mafia capitale”. Il nostro impegno, sia sul piano preventivo che repressivo, è diretto a fare in modo che la mafia si tenga debitamente alla larga da tali fenomeni.
D. Le ondate di nazionalismo, populismo, xenofobia espressi da alcuni governi europei cosa testimoniano e a cosa ci si deve preparare?
R Certamente niente di buono dalla xenofobia e dal nazionalismo esasperato. Si tratta di atteggiamenti chiaramente miopi ed antistorici, a tacere di specifici e pesanti giudizi di valore!!
Secondo me, invece, è destinato a crescere sempre più lo spirito comune di solidarietà – come dimostra, da ultimo, ciò che sta avvenendo in Austria ed in Germania – verso coloro che si sono trovati, certamente non per loro scelta volontaria, coinvolti in un fenomeno dalle dimensioni epocali e mastodontiche.
In futuro, credo, cambierà molto nelle nostre abitudini di vita di relazione. Dobbiamo prepararci ad una dimensione di accoglienza e di integrazione sempre più vasta delle comunità straniere, come già da tempo avviene in gran parte del mondo occidentale.
Ovviamente l’inserimento nella nostra società comporterà sempre l’accettazione – senza deroghe o riserve – delle nostre strutture sociali e delle Leggi dello Stato e la conseguente piena assoggettabilità a tutte le sanzioni previste dagli ordinamenti civili, amministrativi, tributari e penali.
D. Al singolo cittadino palermitano che ha paura cosa dobbiamo rispondere?
R. I Palermitani devono essere orgogliosi per la grande prova di funzionalità, efficacia e spirito di iniziativa offerta – in condizioni di estrema difficoltà – dalle istituzioni e strutture sociali cittadine, in occasione degli ultimi due massicci sbarchi, avvenuti in Agosto, purtroppo contrassegnati anche da un elevato numero di morti.
Tengo a dire, a tale proposito, che in entrambi i casi – grazie anche alla tempestiva raccolta di testimonianze da parte della Polizia di Stato – abbiamo identificato e fermato un elevato numero di “scafisti”, ai quali abbiamo anche contestato il reato di omicidio plurimo, per avere determinato la morte di numerosi imbarcati, accanto a quello di traffico di esseri umani.
Va sottolineato poi, il grande esempio di solidarietà manifestato dalla Chiesa. Le recenti prese di posizione da parte del Santo Padre, anzitutto, ma anche da esponenti di alto livello delle gerarchie ecclesiastiche, ci forniscono un grande insegnamento su quello che deve essere l’approccio della collettività verso il fenomeno dell’immigrazione, contrassegnandolo da un fondamentale spirito di accoglienza, sia pure attento e prudente, che deve comunque, prevalere su sentimenti di paura, oggettivamente ingiustificabili ed originati da propaganda strumentale.
Non bisogna mai dimenticare che, al rispetto della Legge, che è giusto pretendere anche dagli stranieri, deve corrispondere un analogo e pieno rispetto da parte nostra verso i loro diritti di cittadini e verso la loro identità etnica e culturale.
D. La città di Palermo presenta fenomeni di criminalità organizzata con matrice “extracomunitaria”?
R. Nel corso di una recente indagine di questa Procura è stato accertato come, all’interno della comunità nigeriana insediata a Palermo, si sia sviluppata una organizzazione criminale con vere e proprie caratteristiche mafiose, tanto è vero che abbiamo ritenuto esistere gli estremi per contestato il reato di cui all’art. 416 bis c.p.(Associazione di stampo mafioso).
Il nome dell’organizzazione è “Black axe” (asce nere) e richiama un’analoga setta esistente in Nigeria. Si è scoperto che i componenti di tale sodalizio criminale riuscivano ad imporre il loro volere, con l’intimidazione e con atti di violenza veri e propri, agli altri esponenti della comunità nigeriana.
Peraltro, si è accertato anche che “cosa nostra” non solo ha tollerato l’esistenza di tali gruppi, purché operassero nell’esclusivo ambito delle loro comunità, ma è stata pronta anche a servirsene, all’occorrenza.
E’ vero che non costituisce certo un segnale positivo quello rappresentato dalla presenza di gruppi criminali organizzati nel nostro territorio. Non va dimenticato però che, le stesse comunità sono popolate da un numero enormemente più ampio di persone corrette, che subiscono le prepotenze dei criminali della loro stessa etnia, ma dai quali però hanno la legittima pretesa di venire nettamente separati nel nostro approccio verso di loro. Confondere tutti in un identico comportamento di diffidenza e di rifiuto porterebbe soltanto, a rafforzare le organizzazioni criminali, che vanno invece, isolate e represse.
D. Avete accesso alle moschee che ci sono a Palermo per sapere cosa viene predicato (e i messaggi che vengono ivi diffusi?
R. Perché no! I luoghi di culto non sono pubblici? Quindi, perché non dobbiamo seguire le attività e le predicazioni che colà si svolgono, sempre che si conosca la lingua….?? E posso dire che si tratta, in assoluta prevalenza, di messaggi ispirati a valori di pace e di fratellanza. L’integralismo islamico è tutt’altra cosa!!