Il profumo del talento siciliano approda su Rai3 con il nuovissimo format “Sconosciuti”. E già, perché l’essenza della nostra bella isola viaggia sempre lontano e, in questo caso, si avverte nella regia di un docu-reality che, sin dalla prima puntata, ha riscosso un grande successo.
Il programma va in onda, dal lunedì al venerdì, alle 20.15 e scorre in ventitré minuti di pura narrazione di vite normali, la cui autenticità le rende straordinarie pur restando nella loro ordinarietà.
La regia del programma è di Claudio Pisano, 30enne siciliano, appunto, e più precisamente di Scordia, in provincia di Catania. La co-regia è stata affidata al fratello Emanuele di 25 anni.
Ma Claudio è anche ideatore ed autore del format, insieme a Simona Ercolani, Andrea Felici, Christian Raimo e Coralla Ciccolini.
Protagoniste del programma sono storie ordinarie nelle quali fanno capolino l’emozione, il dolore, i ricordi, squarci di vita vissuta e raccontata con la semplicità di chi si descrive.
Programmata per il 20 dicembre, l’ultima puntata del programma sarà, forse, posticipata agli ultimi giorni del mese.
Abbiamo voluto intervistare Claudio Pisano, questo regista siciliano che, nonostante sia ancora molto giovane, ha già percorso tanta strada e, attraverso sacrifici, come quello di andare a studiare lontano dalla sua famiglia, è riuscito a realizzarsi in un mondo tutt’altro che facile. Claudio è siciliano, anche per questo poniamo l’attenzione su di lui piuttosto che intervistare uno dei produttori più conosciuti, sperando che possa essere d’esempio per altri giovani che, davanti a difficoltà, crisi e delusioni, decidono di gettare la spugna. Vale la pena impegnarsi per realizzare i propri desideri, è “La nostra personale ricerca della felicità”, come recita il sottotitolo del programma.
Intervista a Claudio Pisano per TrinacriaNews
1) Tu parti da una realtà piccola, Scordia un paese in provincia di Catania, poi ti trasferisci a Roma per studiare e adesso approdi, come regista, su Rai3 in una fascia oraria in cui gli italiani sono incollati davanti alla TV. Hai preso coscienza di questo?
Ho alle spalle dieci anni di esperienza che mi hanno abituato a questa realtà. Ho lavorato a diversi film, ho lavorato tanto per MTV e tutto questo, ormai, mi fa percepire quello che faccio come un lavoro normale. La differenza con le altre volte sta nel fatto che quando ho lavorato a un film o ad un programma ho visto in giro i cartelloni pubblicitari, ho sentito parlare la gente quindi mi aspettavo l’impatto della gente. Questa volta, invece, c’è stata una piccola esplosione che non mi aspettavo, molta gente mi chiama. Tuttavia a differenza di come sembra questa è una fascia oraria critica, in cui gli ascolti sono bassi. Noi dalla prima puntata, in tutta la prima settimana, abbiamo avuto un picco di ascolti che probabilmente non si aspettava neanche la rete.
2) Quanto è importante avere tuo fratello accanto come co-regista?
Mio fratello Emanuele, co-regista, non è una mia scelta, ma della produttrice che, avendo già lavorato con lui, era divertita dall’idea di avere due fratelli in regia. Ovvio che questo per me ha dei vantaggi, abbiamo gusti simili quindi ci capiamo al volo. Ci sono più registi nel programma, alcuni dei quali sono in giro per l’Italia a fare le interviste e seguono le mie indicazioni da Roma, mio fratello è uno di questi e la schiettezza con cui ci confrontiamo ci permette un eccellente lavoro di squadra.
3) Sei ideatore e regista del programma. Perché incentrare un format sugli “sconosciuti”?
Io sono sempre rimasto affascinato dalla gente che racconta. Da piccolo ricordo entrambe le mie nonne che mi raccontavano tante storie di vita vissuta, storie quotidiane di gente comune. Mi frullava da sempre l’idea in testa di incentrare un programma in cui raccontare i fatti di gente comune, sconosciuta. La mia idea convergeva con quella della produttrice e così è nata questa struttura narrativa. La percezione di tutti, e questa è una cosa comune, è di non avere nulla da raccontare ma questo accade perché la storia ci appartiene. Quando la condividi con altri, la tua storia diventa quasi eroica, nonostante rimanga una storia comune tra le tante. La tecnica sta nel saper raccontare storie comuni estrapolando da esse la cosa straordinaria nella loro ordinarietà.
4) I racconti seguono una lineare e delicata semplicità che ispira serenità allo spettatore, nonostante la drammaticità di alcune storie. Non si avverte enfatizzazione del dramma ma puro racconto di vita. Hai raggiunto l’obiettivo desiderato?
Assolutamente si, era l’obiettivo comune sia dei produttori, sia il mio. Raccontare senza enfatizzare, né calcare la mano sul dolore altrui. Molti durante l’intervista piangono e, a un certo punto, dicono “scusa possiamo staccare?”, noi montiamo con queste parole ma poi stacchiamo perché è già in quelle parole che vediamo il dolore delle persone, senza necessità di sbandierarlo, che raccontano mantenendo la loro dignità. Rispettiamo il loro dolore perché non sarebbe giusto specularci su con il rischio di scatenare emozioni dolorose in chi ha scelto di raccontare la sua storia.
5) L’impronta è innovativa, come riesci a differenziarti da altri reality?
Il tratto distintivo, rispetto ad altri reality, è proprio quello di non entrare nelle viscere del dolore che non va spiattellato, la TV è un mezzo con il quale è semplice distruggere, dare o togliere dignità ad una persona. Questa dignità va mantenuta e rispettarla fino alla fine e, affinché potesse accadere questo, dovevano essere gli stessi protagonisti a raccontarsi. Anche il testo fa la differenza e la voce narrante che mai giudica le emozioni. Portiamo avanti gli eventi storici e, in questo modo, trasmettiamo serenità mantenendo le emozioni vere senza essere noi a indurle.
6) Il programma ha avuto moltissimi ascolti sin dalla prima puntata. Quale pensi sia la chiave di questo successo?
La chiave del successo è proprio questo rispetto per chi si racconta e, inoltre, la condivisione con lo spettatore della necessità di stabilire un rapporto di pace con la propria vita. Non a caso il sottotitolo “La nostra personale ricerca della felicità”. Tutti cerchiamo la nostra felicità, sebbene ognuno di noi la ridimensioni in base al proprio vissuto. Una cosa che accomuna tutti è che questa ricerca non finirà mai, neanche quando avremo novant’anni perché i desideri cambiano ma ambiamo sempre a qualcosa che ci manca la cui realizzazione ci renderebbe felici.
Sono stata una delle protagoniste delle storie di Sconosciuti. E’ stata un’esperienza molto intensa e commovente. Devo riconoscere agli autori e ai registi la grande capacità di ascolto, empatia, attenzione, pazienza, discrezione, tatto, nel raccogliere le testimonianze e successivamente nel raccontarle con naturalezza e garbo, senza inutili spettacolarizzazioni. Non mi stupisce quindi il successo della trasmissione. Molto contenta che sia seguita anche da un pubblico di giovani, stanchi forse delle solite voci gridate e sguaiate e della solita spazzatura. La Televisione di qualità e sensibilità esiste, che bella notizia! E io ho avuto i miei venti minuti di celebrità, raccontando semplicemente la mia vita. Grazie ancora, di cuore. Elvira Bianchi
“sconosciuti”, bellissimo programma, peccato è durato poco:-(