“Praga nella poesia di Angelo Maria Ripellino” questo il titolo dell’incontro che si è tenuto sabato 21 gennaio alla Reale Fonderia , a Palermo, organizzato dal console onorario della Repubblica Ceca di Sicilia Andrea Marchione, il cui sottotitolo è “Sulle note di uno splendido violino verde”, chiaro riferimento alla raccolta poetica di Ripellino del 1976 edito da Einaudi dal titolo “Lo splendido violino verde”. Relatore dell’incontro Filadelfo Giuliano, docente di lettere e grande appassionato di Ripellino, nonché ideatore dell’incontro. Bibì Bianca, attore, anima l’incontro con la lettura e l’interpretazione di alcune poesie dalle raccolte di Ripellino, mentre alla voce di Teresa Di Fresco, vicepresidente dell’Ordine dei giornalisti di Sicilia, è affidata la lettura di alcuni passi tratti dall’opera narrativa più conosciuta dello slavista, “Praga magica” e allo stesso console Marchione alcuni brani da “L’Ora di Praga”. Infine il prof. Silvestro Natoli, ingegnere chimico e insieme grande e appassionato musicista, con la sua chitarra segna la colonna sonora dell’evento.
Questo incontro, come annuncia lo stesso console, si rivela essere in realtà un evento preparatorio e anticipatorio di un altro molto più complesso che sarà organizzato alla fine del 2017 in collaborazione con l’Università di Palermo ed il supporto di altre istituzioni cittadine.
L’incontro è basato su un aspetto preciso di Ripellino, ma sicuramente meno conosciuto, quello del poeta: “Slavista italiano nato a Palermo nel 1923, autore, traduttore, saggista, critico teatrale dell’Espresso negli ultimi anni della sua vita” così apre l’incontro Giuliano. Le testimonianze letterarie del poeta e scrittore fanno riferimento al suo vissuto, una tubercolosi giovanile lo tormenterà per tutta la vita e lo condurrà alla morte ancora giovane, a soli 55 anni, e la sua sofferenza dunque anche fisica, lo porterà a scrivere poesie; forse proprio questa gli farà vedere il mondo da un’altra prospettiva anche se la sua non era una poesia soggettiva in cui si accarezzava il proprio narcisismo ma, pur partendo da materiali autobiografici, si apriva al mondo, si apriva alla realtà circostante; i suoi modelli, aggiunge Giuliano, provenivano dalla letteratura russa.
Ripellino in realtà non è stato valorizzato per quel che era veramente perché usciva dagli schemi tipici della critica letteraria; grande appassionato di lirica e teatro russo, tradusse Pasternak, Chlebnikov; altro modello importante a cui si
ispirò era Vladimir Holan, suo amico fraterno, di cui tradusse le poesie Una notte con Amleto, una notte con Ofelia. Frequentando dunque questi modelli culturali, spiazzanti per una critica provinciale come quella italiana, preferiva l’ostracismo o il silenzio all’esternazione. Poi furono Giacinto Spagnoletti, Dario Puccini, Antonio Pane, Claudio Vela a dargli la giusta dimensione all’interno del panorama poetico italiano ed europeo. Scrisse 6 diverse raccolte: Non un giorno ma adesso, Notizie dal diluvio, La fortezza d’Alvernia, Sinfonietta, Lo splendido violino verde, Autunnale barocco.
L’incontro alla Real Fonderia, nella cui sala un pubblico composto anche da cittadini cechi residenti a Palermo, interessato e rapito dalle letture e dall’interpretazione di Bibi Bianca, la cui voce irrompe in un silenzio religioso, e che si alterna ai toni invece delicati delle letture di Teresa Di Fresco, viene coinvolto totalmente dal racconto della vita di questo Poeta e soprattutto la lettura di un passo della sua opera più conosciuta, riesce a far comprendere l’alto valore letterario di questo autore che si è sempre considerato un traduttore prestato alla poesia; così il brano recita: “Praga è più bella della mia prediletta città di Palermo asserì Liliencron con un accostamento che mi ingombra l’anima di duplice malinconia. Nel poema Světlem oděná (Vestita di luce, 1940), carrellata sulla città vltavina, Seifert prorompe: “Praga era più bella di Roma”. In queste frasi mi sembra inscritto il vacillante triangolo della mia vita.”- Su “Praga magica”, pubblicato nel 1973 e che riceverà il premio “Libro dell’anno” a Copenaghen, scriverà note dolcissime di rimpianto per quella città tanto amata, ispiratrice delle sue opere.
Ripellino, si fa attraversare dalle sensazioni, sente tutto e tutto rimanda in circolo. I suoi versi infatti sono il quadro che porta impresso, le sue poesie sono la sua sofferenza dunque, oltre che fisica anche emozionale, per il grande desiderio di tornare a Praga ma non rinuncia mai alla gioia; lo scopo della poesia è fare musica, la poesia anche se mesta sia festa comunque; per lui il verde, spesso ricorrente nelle sue liriche, era rompere le catene dell’assedio e della morte; il verde, aggettivo e insieme sostantivo che ti porta fuori dalla realtà ordinaria e ti proietta in un altrove, dove c’è quella felicità che è stata negata dal sopruso ricevuto; alla fine dello splendido violino verde dice: “ (…) suonare su un violino in fiamme prima che cade il sipario come una ghigliottina.”, e qui non c’è più la tenerezza iniziale – chiave di questa raccolta – bensì lascia il posto al combattere prima della caduta del sipario, ovvero che le speranze del popolo ceco non fossero vane.
Ripellino nonostante il peso degli affanni, era felice con la sua famiglia e in altre poesie sparse fuori dalle sei raccolte citate, narra le tenerezze dei nipoti. Non era triste, il suo linguaggio era un bazar, forse anche tragicomico; Filadelfo Giuliano conclude l’incontro, che ha visto alternarsi all’interpretazione poetica di Bibi Bianca, alla lettura di Teresa Di Fresco e alle musiche di accompagnamento del prof. Natoli, il ricordo che nel 1993 in un convegno di studi a Praga, Ela Ripellino Hlochova, moglie dello slavista Angelo Maria, nonché una delle fondamentali mediatrici della cultura ceca in Italia: “…parlare di Ripellino non è dolore, anche se il dolore gli fu compagno, parlarne è gioia, perché amava la letteratura, Praga, Roma, i suoi amici, i suoi figli e per lui la letteratura era un ponte che univa le altre arti…”; e fra le arti che lui amava, c’era la pittura che gli rivelava squarci di futuro, e con la quale si allontanava dalle miserie del presente.
Così si chiude questo incontro, preludio di un altro ancora più interessante, nella speranza che il nome di questo palermitano possa risuonare più spesso nella nostra cultura occupando il posto che in realtà meriterebbe.