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Anno XII - Num. 57 - 09 dicembre 2024

Anno II - Num. 08 - 21 ottobre 2013 Cultura e spettacolo

“Il ragioniere della mafia”, intervista al regista Federico Rizzo

di Tania Catalano

Il_ragioniere_della_mafia_(locandina)Venduto alla Stealth media group, nota compagnia inglese, sarà distribuito in tutto il mondo, comprese Corea e Vietnam. E’ Il ragioniere della mafia l’ultimo film diretto dal regista Federico Rizzo.

 

Nato a Brindisi nel 1975, Federico Rizzo trascorre la sua infanzia a Milano e fin da adolescente inizia a curare la sua grande passione: il cinema, fino a conseguirne la laurea al D.A.M.S. di Bologna. Vanta collaborazioni con i registi Giuseppe De Santis e Pupi Avati. Regista e, al tempo stesso, sceneggiatore ha realizzato circa quaranta cortometraggi, fra questi “La tunica” che ha ricevuto il prestigioso premio Civis Video Awards del Parlamento europeo a Bruxelles nel 2000. Realizza inoltre dieci lungometraggi tra i quali proprio Il ragioniere della mafia.

Uscito il 10 ottobre nelle sale dei cinema italiani, il film tratto dall’omonimo libro di Donald Vergari (libro che ha guadagnato il Premio della legalità e il Premio Stella Fuorimetrica), alterna, in 75 minuti, suspance, colpi di scena, loschi intrighi senza tralasciare, sebbene in ultima analisi, l’amore.

Sono presenti scene girate in quasi tutta la penisola, gran parte delle quali in Puglia e Basilicata.

Presentato in anteprima mondiale al Montreal Film Festival e al Marché du Film a Cannes, nel film fa capolino la presenza del protagonista Lorenzo Flaherty insieme ad un cast di attori come Ciro Petrone ed Ernesto Mahieux, che hanno raggiunto popolarità con i film Gomorra e L’imbalsamatore, il palermitano Tony Sperandeo (I cento passi  oltre alla partecipazione a numerosi film e fiction televisive sul tema della criminalità organizzata), Rosalinda Celentano, Franco Neri, Simona Borioni, Marika Frassino, Nando Irene, Salvatore Ruocco, Luca Lionello, Massimo Galantucci, Antonio Barbero, Mimmo Russi, Francesca Testasecca, Anna Munafò, Benedetta Piscicelli, Sara Izzo e Alessia Tedeschi e molti altri.

Un po’ come Phileas Fogg che doveva compiere il giro del globo in 80 giorni, così Angelo va in giro per l’Italia e per il mondo girando, però, attorno alla malavita, a differenza del protagonista del libro di Giulio Verne che assaporava il brivido di nuove civiltà, circondandosi di esperienze interculturali, il “ragioniere” si muove tra boss e trafficanti di armi e di droga, e assapora il brivido del crimine, circondato da missioni pericolose, narcotrafficanti, boss e malavita. Un intreccio di personaggi e location che spingono la scena verso continui momenti di tensione nei quali un uomo costretto, ma allo stesso tempo appagato, a vivere una vita che non gli appartiene avrà la possibilità di scoprire versanti inesplorati della sua personalità che lo condurranno, attraverso l’amore, all’introspezione e al pentimento solo dopo aver oltrepassato i confini delle regole del gioco.

Quasi onirico il tocco dato alle scene in cui incombe la presenza di una voce, quella della coscienza del protagonista e di altri personaggi, una sorta di sottotitolo, a mo’ di parole e pensieri, che puntano dritto alla maggiore comprensione del personaggio da parte dello spettatore.

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La Trama

Famelico di numeri, Angelo perde il lavoro dopo il fallimento dell’azienda per cui lavorava. La nuova situazione lo spinge a giocare con i suoi amati numeri trasformando in vizio il gioco al casinò, luogo in cui perderà denaro e personalità. Ruba, infatti, dei soldi ad un giocatore mafioso ed è a questo punto he arriva la svolta decisiva. Angelo riceve ed accetta una proposta che non si può rifiutare. Il suo passato viene cancellato come colpo di spugna su una lavagna, gli viene attribuita una nuova identità, quella di Angelo Bianco, che dovrà essere il ragioniere della grande holding malavitosa i cui esponenti appartengono a Camorra, ’Ndrangheta, Sacra Corona Unita e Cosa Nostra. “Il ragioniere” si ritroverà, dunque, ad amministrare i guadagni della più grande organizzazione mondiale formata dalle maggiori organizzazioni criminali italiane, ingegnandosi tra le diverse richieste dei Capi Famiglia e le sue nuove iniziative per fare carriera all’interno dell’organizzazione. Tuttavia “Il ragioniere” si rende conto di aver perso il bene più prezioso, ossia la libertà e conduce la sua nuova vita consapevole che in qualsiasi momento potrebbe arrivare la sua fine, così, grazie ad un cardinale, escogita un piano criminale al fine di ottenere il denaro necessario per uscire libero da tutto ciò. Durante la più grande operazione della sua vita succede un imprevisto, Angelo si innamora di una principessa, a Malta, amore che metterà tutto in discussione, rischiando di compromettere anche il suo piano. Il finale è a sorpresa e si risolve solo alla fine di in una storia di coinvolgenti intrighi.

TRAILER UFFICIALE DEL FILM: http://www.youtube.com/watch?v=KMmUpKBZJqM

Il_ragioniere_della_mafia_(Federico_Rizzo)TrinacriaNews ha raggiunto il regista Federico Rizzo che ci ha rilasciato la seguente intervista:

1. Chi è Federico Rizzo e come inizia la sua carriera?

Sono un emigrante metà brindisino metà messinese, mi sono formato a Milano e li ho conseguito diversi diplomi nel campo della regia cinematografica, ma penso che l’esperienza fondamentale sia stata la pratica, il fai da te, ho iniziato a fare corti fin da giovanissimo e ora che ho solo 37 anni mi ritrovo alle spalle già 10 lungometraggi e molti corti, ma continuerò a ritenermi un eterno studente che cerca di imparare un mestiere con ostinazione e serietà.

2. Come nasce l’idea di mettere su un copione cinematografico la storia raccontata in un libro? E perché proprio il racconto di Donald Vergari?

Per me è un film su commissione, Vergari mi aveva fatto leggere il suo libro un anno fa e mi era piaciuto molto, gli ho permesso di usare il mio nome per ricercare finanziatori, non pensavo che ci sarebbe riuscito, poiché un libro molto americano pieno di cambi di scena e azione, invece c’è riuscito, il film è stato prodotto da un attore di fiction, Lorenzo Flaherty, che nel film è anche il protagonista. Non avendo mai fatto cinema è stato un lungo lavoro per rendere la sua recitazione consona a questo altro linguaggio, anni luce diverso dalla fiction, devo dire che il risultato ci ha reso ragione e abbiamo abbattuto il pregiudizio che vuole che un attore del piccolo schermo non funziona sul grande schermo poi naturalmente nel film ci sono anche grandi attori di esperienza come Ciro Petrone (Gomorra), Ernesto Mahieux (L’imbalsamatore), Tony Sperandeo (I cento passi).

3. Secondo lei, quella raccontata, è una storia verosimile?

Sì, ma io l’ho resa sopra le righe, non mi interessava fare un mafia movie realista e tradizionale mi interessava fare un film gustoso e dinamico con scenari meravigliosi e attori a volte pulp a volte seducenti, un film diverso rispetto a quelli europei, un film più giovanile.

4. Se lei si fosse trovato nella stessa situazione di Angelo avrebbe agito allo stesso modo?

Assolutamente si, Angelo Bianco sente la fascinazione per il mondo criminale e i suoi lussi, ma sa che la mafia è una cosa terribile. Quindi bleffa per uscirne fuori ed escogita un piano che gli può costare la pelle, ha coraggio.

5. Il cast è ricchissimo di attori molto conosciuti, non sarebbe stato un interessante esperimento “arruolare” nuovi volti?

Assolutamente si, il prossimo film lo farò con soli attori sconosciuti, il mio sogno è quello di farlo nella mia amatissima Messina, chissà.

6. La dinamicità delle scene, apprezzata da molti, è stata anche oggetto di diverse critiche. Qualcuno ha, infatti, commentato negativamente i repentini cambi di scenario e inquadratura, attribuendogli un carattere spezzettato che non lascia seguire il filo del discorso, così come la colonna sonora ritenuta troppo invadente. Lei cosa ne pensa?

Il film ha diviso la critica italiana che non è abituata a film nostrani con uno stile fresco e giovanile, per me l’importante è che il film sia stato venduto a Stealth media group, la nota compagnia inglese che lo venderà in tutto il mondo, lo hanno venduto persino in Corea e Vietnam, questo vuol dire che se racconti una storia universale con un buon ritmo non ci sono barriere e non c’è crisi del cinema.

 

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