Palermo – Abbiamo avuto il piacere di effettuare una videointervista al magistrato dott. Giuseppe Ayala a Palazzo Branciforte in occasione della presentazione del suo ultimo libro Troppe coincidenze.
La presentazione è stata moderata dal Giornalista Franco Nicastro che con competenza e professionalità ha rivolto diverse domande al dott. Ayala che gli hanno permesso di evidenziare come, da detentore di una grande memoria storica, dopo il periodo cosiddetto stragista degli inizi degli anni ’90, con le stragi del 92 con la morte dei giudici Falcone e Borsellino e delle loro scorte, le bombe di Roma, Firenze e Milano del ’93 e il fallito attentato allo Stadio Olimpico di Roma del ’94, a partire proprio da quella data il ’94, appunto, anno in cui si ha l’avvento della seconda repubblica si ha un sorta di pax mafiosa che è perdurata sino ad oggi. Ecco una delle strane, ma inquietanti coincidenze di cui parla il libro.
Per Ayala, il 41 bis (introdotto dal governo con decreto legge l’otto giugno del 1992, quindici giorni dopo la prima strage) non è il vero movente degli omicidi di Giovanni Falcone e di Paolo Borsellino. Uomini simbolo del pool antimafia voluto da Antonino Caponnetto dopo l’omicidio del magistrato Rocco Chinnici. Ma, secodo Ayala, Falcone fu ucciso per il lavoro che svolgeva al dipartimento Affari Generali del ministero della Giustizia
Al ministero Falcone controllava le sentenze della prima sezione della Cassazione. “In considerazione – scrive Ayala – delle polemiche che alcune di queste avevano sollevato, tanto da indurre i giornali a ribattezzare il suo presidente, Corrado Carnevale, con il nomignolo di ammazzasentenze” venne deciso, dal primo presidente della Cassazione, di effettuare la “rotazione dei presidenti di sezione” e, così, a occuparsi del maxiprocesso fu un altro magistrato, Arnaldo Valente. Con esisti questa volta disastrosi per gli imputati che si aspettavano dalla Cassazione il solito ammorbidimento delle pene. Questo non fu mai perdonato a Falcone da Cosa nostra.
Ayala condivide dunque in parte la relazione della commissione antimafia presieduta dal senatore Giuseppe Pisanu. Secondo cui “il fine ultimo pratico” delle stragi del 1992-93 e il motivo per cui “Cosa nostra tratta o cerca di trattare” era quello di indurre lo Stato ad abolire il 41 bis, cioè il carcere duro per i mafiosi.
Ayala evidenzia troppe coincidenze che inducono il lettore a riflettere e a porsi delle domande alle quali, però, ancora oggi non ci sono risposte, ma supposizioni.
Ecco cosa abbiamo chiesto al magistrato nell’intervista che trovate in alto
- Dott. Ayala nel libro fa riflettere su troppe coincidenze, per riprendere il titolo del suo lavoro, che si ebbero nel periodo delle stragi del ’92 e ’93 e, in particolare, sul fatto che la mafia, dopo queste, avesse stranamente rinunciato al suo attacco alla Stato e che ci sia da allora una misteriosa pax mafiosa, se lei oggi avesse nuovamente il ruolo di sottosegretario alla Giustizia su cosa investigherebbe e cosa proporrebbe?
- Il suo libro Troppe coincidenze, vuole essere, soprattutto, uno stimolo a tenere accesi i riflettori per fare capire che Cosa Nostra è sempre attiva e non va sottovalutata, c’è qualche altro messaggio che desidera trasmettere ai suoi lettori?
- Ci sono giudici che ritengono il regime carcerario del 41 bis ai limiti dell’umanità, altri che difendono l’istituto inasprito nel ’92. E’ di ieri la notizia che il Tribunale di sorveglianza di Roma ha revocato il regime di 41 bis per il boss mafioso di Castellammare del Golfo Gioacchino Calabrò, condannato, in via definitiva, a più ergastoli e in regime di carcere duro da 19 anni. Implicato nelle stragi di Roma, Milano e Firenze del 93 e nel fallito attentato all’Olimpico di Roma. Ma qual è la sua posizione in merito?
Ringraziamo il Dott. Ayala per averci concesso l’intervista e per la sua gentilezza e disponibilità
http://firmiamo.it/museo-della-tonnara-di-san-giorgio