Palermo – Il 25 gennaio 2013 il Sindaco di Palermo Leoluca Orlando ha presentato alla Libreria Feltrinelli il suo libro Il futuro è adesso. La Grande Rete e la Terza Repubblica (Melampo Editore) a cura di Luciano Mirone. Oltre al giornalista e scrittore catanese hanno partecipato all’evento il giornalista Roberto Alajmo e il magistrato Antonio Ingroia.
Nella sua ultima pubblicazione, Leoluca Orlando racconta in maniera inedita le sue “tante vite”, mescolando ai temi della politica la propria sfera privata e delineando un’esistenza che, come definisce Mirone, è segnata dalla lucida follia di chi vuol contribuire a scrivere una pagina di storia.
Punto cardine e filo conduttore del libro è il nuovo progetto della Grande Rete e l’avvento della Terza Repubblica entro il 2018. Il movimento, che si rifà a La Rete che nel 1992 accomunò Orlando e, fra gli altri, Nando Dalla Chiesa e Claudio Fava, si propone come “speranza” di rinnovamento, come un’alternativa che dovrà condurre, come lievito culturale, ad una rivoluzione morale e civile, senza appartenenze politiche. Come afferma lo stesso Orlando nel suo libro, la Terza Repubblica dovrà fondarsi su un patto e un sistema etico di selezione della classe dirigente, senza aspettare che sia il magistrato a crearla […] nella quale la giustizia deve funzionare e la politica deve darsi delle regole democratiche efficaci e dovrà essere una comunità, che trovi le vie di risposta al disagio democratico attraverso un voto liberato da una legge elettorale che premia i nominati, attraverso il rifiuto del conflitto di interessi e la sconfitta della logica dell’appartenenza.
In occasione dell’intervista che ha rilasciato ai nostri microfoni, il Sindaco ha espresso la sua passione per la politica e l’entusiasmo che cerca in ogni cosa che fa. Ho cercato di raccontare e confessare nelle luci e nelle ombre i miei pregi e i miei difetti. Racconto episodi della vita pubblica e privata, di una vita senza hobby. Vivo nel lusso, perché faccio soltanto le cose che mi piace fare. Quando faccio una cosa mi convinco che mi piace e mi entusiasmo. Entrando nel merito della questione politica ci ha spiegato che il titolo è un richiamo alla responsabilità di tutti e di ciascuno. La Grande Rete e la Terza Repubblica partono dalla considerazione che i partiti politici sono morti, durante la Prima Repubblica con tangentopoli e nella Seconda con il governo Monti. Quest’ultima ha reso popolari i vizi della precedente. Nella Prima esisteva la tangente, nella Seconda il “sistema di tangenti”; nella Prima esisteva la volgarità coperta dall’ipocrisia, nella Seconda questa è diventata uno stile di vita; nella Prima vi era il conflitto di interessi che riguardava pochi gruppi potenti, con la Seconda si è passati ad una pratica di vita quotidiana. Dobbiamo pensare di ricostruire a partire dalla laicità – continua – dal diritto di ogni persona umana, per costruire una politica ed un’Italia diversa e migliore. Parlo della Grande Rete, perché mi sembra di rivivere lo stesso clima di disperazione e di speranza che caratterizzò “La Rete”. Il forte astensionismo è un segnale per me positivo, perché in Sicilia, in cui esiste il voto clientelare, il 53% ha detto no ai padrini. Nella mia esperienza palermitana, ho raggiunto il 74% dei consensi, ottenendo sessanta punti in più rispetto alla mia coalizione; questo è segno che anche la coalizione che mi sosteneva era inadeguata. Bisogna andare oltre i partiti e costruire, così come abbiamo fatto con Antonio Ingroia, la rivoluzione civile.
A tal proposito è intervenuto il magistrato palermitano Ingroia, che ha manifestato il proprio entusiasmo per il nuovo progetto che sta prendendo il via. Tenevo ad essere presente questa sera per la presentazione di un libro con un titolo ed un contenuto ambizioso. “Il futuro è adesso” è in linea con questa nuova esperienza elettorale. Stiamo attraversando un momento di grande difficoltà per il nostro paese sul piano finanziario e democratico, ma vi è anche voglia di partecipazione, di rinnovamento, di indignazione. Credo in un futuro imminente, per questo motivo ho scelto di rischiare in prima persona. Ho abbandonato definitivamente la mia attività di Pubblico Ministero ed è chiaro che la scelta politica implichi una rinuncia definitiva.
Durante la presentazione del libro, Leoluca Orlando ha parlato come un fiume in piena, toccando molte delle questioni e degli argomenti trattati ne Il futuro è adesso. Per me, la politica non è un’altra cosa rispetto alla vita. Questo se volete è un libro di politica, ma io racconto della mia vita, attraverso gli errori, i retroscena, in una sorta di operazione-verità di chi non si pone il problema di quello che sta scrivendo. Se sono quello che sono, lo devo alla stravaganza della famiglia di mia madre e al senso del dovere della famiglia di mio padre.
Inediti sono stati i momenti in cui ha parlato dei genitori e, soprattutto, della moglie Milli che, sugli autobus a Palermo, parla male di lui, scatenando le difese dei passeggeri. Il libro è anche l’occasione per chiarire la questione legata al cognome acquisito Cascio, che lui e suo padre adottarono per la loro attività di avvocato e che causò numerose accuse di affiliazione con Cosa Nostra. Mio padre si chiamava Orlando, ma adottò anche il cognome Cascio per differenziarsi dalla dinastia di Vittorio Emanuele Orlando. Ho svolto l’attività professionale usando il nome Orlando Cascio, che però non c’entra niente con la mafia. Quando entrai in politica, usai il mio unico cognome. Il giorno del funerale di mio padre, un grande giornale italiano, pubblicò un articolo nel quale si sosteneva che avessi preso le distanze da mio padre. Io non lo farò mai, perché a lui devo tutto.
Uno dei passi più sofferti del libro è quello che riguarda il rapporto con Padre Ennio Pintacuda. Non potevo non parlare di un mio grande maestro, al quale sono rimasto legato da un rapporto di gratitudine ed affetto. Egli è stato un mio compagno di viaggio, mi ha insegnato che solo partendo dal particolare si possono fare le grandi svolte ed i grandi cambiamenti. Quando si deve affrontare un problema molto complesso – gli insegnò Padre Pintacuda – è necessario domandare cosa ne pensa il portiere o il vicino di casa. Quando, al contrario, si deve affrontare un problema che è semplice, ci si deve rivolgere all’esperto. Probabilmente questo spiega perché tante volte sono apparso un pazzo che si occupava di cose di poco valore, mentre in realtà attraverso il particolare si raggiungono orizzonti altrimenti irraggiungibili. Nei cinque libri che ho scritto all’estero – continua – mi sono sempre rifiutato di spiegare il perché della fine del rapporto con lui. Mi sento molto in colpa nei suoi confronti. Padre Pintacuda mi considerava un figlio e lui era padre nel senso più pieno del termine. Quando fui eletto sindaco nel ’93, pensava che fosse normale una collaborazione con me. Io ero molto incerto, fra il mio dovere di sindaco e la mia gratitudine di allievo. Non ce l’ho fatta e scelse mia moglie per me. Mi ha detto che non era opportuno che lo nominassi mio consigliere. Lo dico con sofferenza; è uno dei prezzi che si paga all’impegno politico. Quando è morto non sono andato al funerale, perché sarebbe stata un’ipocrisia. Sono andato in una chiesa in contemporanea pregando per lui.
Significativo è il momento in cui ha parlato del mancato attentato nei suoi confronti dopo le stragi di Capaci e di via D’Amelio. Dopo le stragi ci fu una grande rivolta popolare di indignazione. Un giornale pubblicò il titolo “Il prossimo sarà Orlando”, alcune donne palermitane andarono dal questore, consegnando una lista con i nomi dei loro figli, disponibili a viaggiare nella mia macchina blindata. In realtà non successe mai, ma il segnale era che non ero solo. Negli atti giudiziari si legge che in una riunione di Cosa Nostra, la commissione palermitana si oppose alla volontà di Totò Riina di uccidermi, perché a conoscenza della notizia delle donne e del sacrificio dei loro figli. Avevano più paura di donne e bambini che non delle armi della polizia.
Interessante è stato l’intervento del giornalista Rai Roberto Alajmo, che ha definito Leoluca Orlando un personaggio da romanzo. Da anni vorrei scrivere un romanzo su di lui; ciò implica che il soggetto rimanga fermo in posa per un po’ di tempo. Il problema è che Leoluca Orlando non sta mai fermo. Sono appassionato dei libri che parlano di lui, perché rappresentano una serie di “fotogrammi”, che permettono di arrivare al “romanzo complessivo”. Delle tante “fotografie” che sono state fatte, questo libro è il migliore, perché in esso è meno reticente.
Nella sua introduzione al libro, Luciano Mirone fornisce tante “definizioni” di Leoluca Orlando. L’attuale Sindaco di Palermo è il paradigma di un paese che desidera il cambiamento, che crede nella società civile e che pone l’etica al centro della vita sociale e politica, tanto che il modello Orlando è oggetto di studio da parte della Yale University e la Princeton University. È colui che ha posto il tema della questione morale da un avamposto mafioso come Palermo; che crea coscienze e rompe con la cultura di appartenenza; che crede in una politica intesa come vita, scommessa, azione, rischio e non è fatta di compromessi.
Il libro propone una successione di argomenti e riflessioni. Tra questi Leoluca Orlando considera, ad esempio, i motivi che hanno portato ad una sua quinta elezione a sindaco. Ho vinto quando ci sono state le stragi e ho vinto adesso che si è riformata la palude. In situazioni normali Orlando non vince; trionfa quando i cittadini capiscono che fare la lotta alla mafia e amministrare nella legalità conviene a tutti.
Un capitolo è dedicato ai Maestri e amici di una rivoluzione impossibile: Piersanti Mattarella, Padre Ennio Pintacuda, Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Quest’ultimo ricordato da Orlando come una persona di estrema semplicità che possedeva i tratti della santità. Per me la santità è avere i tratti della normalità – afferma nel libro – i veri santi non sono persone straordinarie, ma persone straordinariamente normali.
Davvero intense sono le Storie palermitane: l’insolita passeggiata a Corleone, il legame con la sua stella Palermo, il sogno per una città in cui manca il respiro, l’ultimo festino di Santa Rosalia (con il conferimento della cittadinanza onoraria a tutti gli stranieri residenti nella città) e il grande consenso manifestato dai palermitani.
Nel capitolo intitolato On the road. Uomini e donne, il Sindaco si sofferma sul suo rapporto con noti personaggi nazionali e internazionali, come Hillary Clinton, ad esempio, alla quale è legato da un sentimento di profonda stima. Per il Segretario di Stato americano, Leoluca Orlando rappresenta un importante riferimento politico, considerando la ricchezza della società civile palermitana negli anni successivi alle stragi, tanto da proporre la sua candidatura a Premio Nobel per la pace.
Nel penultimo capitolo, Laico, tra fede e politica, il professore parla del suo rapporto con Dio, della Chiesa e del Vaticano, del Cardinale Pappalardo, di Don Pino Puglisi. Guai a confondere la Chiesa, che è il corpo mistico di Cristo, con il Vaticano, che è uno stato – ha detto durante la presentazione – la Chiesa, popolo di Dio, non può essere né di destra né di sinistra. La fede cattolica è la cosa più importante della mia vita.
Il libro si conclude con la “chiacchierata” con Nando Dalla Chiesa e Luciano Mirone, durante la quale si toccano temi prettamente politici: le elezioni amministrative, l’esperienza de La Rete, la morte dei partiti, la Grande Rete e la Terza Repubblica.
Durante la presentazione, abbiamo intervistato Luciano Mirone chiedendo alcune considerazioni sul progetto ambizioso di Orlando della Grande Rete e della Terza Repubblica. Leoluca Orlando tentò già negli anni ‘90 un progetto del genere con La Rete. Oggi cerca di dare un contributo al cambiamento insieme ad altri personaggi di primo piano come Ingroia e De Magistris. Non è facile, perché in vent’anni sono cambiate tante cose e spesso in peggio. Mirone ha collaborato con Pippo Fava nel mensile I Siciliani e con il figlio Claudio ne I Siciliani Giovani. A lui abbiamo chiesto quanto pesi l’eredità dei delitti eccellenti in campo giornalistico ai fini di un reale cambiamento. Questa eredità pesa tantissimo. Soprattutto il delitto Dalla Chiesa, il delitto Fava ed in seguito le stragi di Capaci e via D’Amelio hanno inciso molto sulla coscienza di tanti siciliani. Io allora ero ventenne, questi omicidi deflagrarono nella mia coscienza in maniera incredibile. La mafia ha soppresso fisicamente queste persone, ma proprio per la dirompenza degli omicidi molti hanno aperto gli occhi e hanno preso coscienza. Se oggi siamo avanti per quanto riguarda la lotta alla mafia, dal punto di vista politico e culturale, è proprio grazie al contributo che hanno dato queste persone alla coscientizzazione dei siciliani e degli italiani.
A disposizione dei lettori di TrinacriaNews le videointerviste che abbiamo realizzato in occasione della presentazione del libro. Le domande che abbiamo rivolto sono state le seguenti:
Leoluca Orlando
- Ci spieghi il significato del titolo Il futuro è adesso.
- Quali differenze tra il movimento La Rete di vent’anni fa e la Grande Rete 2018? Cosa è cambiato da allora?
Luciano Mirone
- Quanto il progetto ambizioso di Orlando può far uscire la politica da un tunnel di illegalità, clientelismo ed interessi personali?
- Quanto pesa l’eredità dei delitti eccellenti in campo giornalistico ai fini di un rinnovamento che possa portare ad un reale cambiamento?
Complimenti per l’intervista fatta ad un uomo coraggioso, che ha perso gran parte della sua liberta’ per combatttere contro un fenomeno assurdo, perfido, crudele creato pensate bene dai nostri bravi antenati.