Palermo – Forse qualcuno ricorderà il film di Sean Penn “Into the wild” uscito nelle sale cinematografiche nel 2007, la storia di Christopher McCandless, un uomo alla ricerca di se stesso che andava incontro alle sperdute lande dell’Alaska nel tentativo di afferrare la vera felicità nel rapporto con la natura selvaggia. Natura come viaggio interiore, come scoperta di sé.
Così ascoltando la storia di Igor D’India, giovane filmaker palermitano che per 30 giorni è rimasto chiuso in una grotta di Monte Pellegrino, sfidando il buio e la solitudine, non si può fare a meno di rintracciare le affinità tra le due esperienze.
Allontanarsi dal mondo per riscoprire se stessi, per sentire l’io più autentico è un desiderio innato, una via per fuggire dalla frenesia della vita quotidiana, un modo per mettere alla prova se stessi.
Alla base c’è il desiderio di andare al di là di una società che induce in noi bisogni inesistenti e che finisce con lo stritolarci in un borghesismo che ci rende infelici. Nel rivedere la luce del sole Igor D’India, ancora frastornato, ha raccontato: Lo rifarei, credo che ognuno di noi dovrebbe provare un’esperienza simile, che mette a tu per tu con la propria forza psicologica e fisica.
Per un mese il filmaker palermitano ha, infatti, vissuto a 25 metri di profondità, a 18o di temperatura, con il 100 per cento di umidità e lo ha fatto in uno spazio angusto tra fango e insetti di ogni genere con il solo conforto della sua chitarra e dei suoi libri.
A disposizione del filmaker una branda, un fornellino, delle torce al led, un bagno chimico e una riserva di acqua e viveri. A tenergli compagnia i dialoghi via radio con i tre addetti alla documentazione e alla gestione del blog.
Il giovane ha lasciato la “Grotta del Pidocchio” il 25 aprile verso le 16.30 dopo essere stato imbracato dagli uomini del soccorso alpino.
Finalmente l’aria pura, è come se il mio olfatto stesse riscoprendo mille odori. Queste le sue prime parole appena è uscito dall’inospitale, ma meditativo posto.
Igor D’India è riemerso in superficie con nuove consapevolezze e convinto che la sua impresa non servirebbe a nulla se queste consapevolezze rimanessero solo sue. L’obiettivo è renderle condivisibili, documentarle, comunicare agli altri ciò che ha visto con i propri occhi. Proprio per questo motivo le riprese e i pizzini con le sue impressioni sono state pubblicate sul sito www.igordindia.it/myblog, sul quale è possibile reperire brevi filmati dell’esperienza, che ben presto serviranno per realizzare un nuovo documentario. Si spera altrettanto bello ed emozionante come il suo Oreto the urban adventure (visibile su http://vimeo.com/37989038/), un documentario che racconta il suo percorso di risalita in solitaria del fiume Oreto, dalla foce alla sorgente.