La legge della mafia è quella del silenzio. Ecco perché in Sicilia, già dagli anni ’60, la mafia ha punito chi, per professione, ha raccontato fatti scomodi a molti. Otto i giornalisti siciliani uccisi dal piombo mafioso, ma è con l’omicidio di Mario Francese nel ’79 che il gruppo di fuoco dei corleonesi ha inaugurato quella strategia di guerra sanguinaria – rivolta non solo agli uomini delle istituzioni – che avrà il suo epilogo con l’assassinio del giudice Borsellino. Stamane la memoria di Francese e Borsellino si sono ‘incontrate’ nell’aula magna dell’I.P.S.S.A.R. di Palermo intitolato al magistrato ucciso nella strage di via D’Amelio, in occasione di un incontro sulla memoria e l’esempio di giornalismo di Mario Francese. È stato Giulio Francese, figlio del giornalista del Giornale di Sicilia, a raccontare ai giovani l’impegno, il coraggio e il senso del dovere del padre. “Mio padre e altri civili uccisi dalla mafia – ha precisato Francese – non stavano conducendo una guerra, semplicemente portavano avanti in modo coerente il loro essere uomini coraggiosi”. E di coraggio Mario Francese ne aveva tanto perché non si è sottratto al suo dovere di cronista quando scoprì gli intrecci di mafia e politica attorno alla costruzione della diga Garcia, quando intuì gli interessi della mafia dei corleonesi Riina e Provenzano in ascesa negli anni ‘70. E infatti, citando i giudici che si sono occupati del l’omicidio del padre, Giulio Francese ha puntualizzato che “lo hanno ucciso per quello che ha aveva scritto, per quello che rappresentava – era l’unico, in quel tempo, in grado di leggere le manovre della mafia di Corleone – e per dare una lezione alla stampa”. Mario Francese ha, dunque, pagato con la vita le sue audaci inchieste, come audace è stata la sete di giustizia del figlio Giuseppe che lo ha portato a documentare e a dimostrare, anche grazie alle dichiarazioni del collaboratore di giustizia Mutolo, la matrice mafiosa di quel delitto per molti anni dimenticato. Anche Giuseppe è stato un giornalista che, con il suo lavoro di inchiesta e di ricerca sull’omicidio del padre, ha restituito dignità alla figura umana e professionale del cronista del Giornale di Sicilia barbaramente ucciso. E allora, ha domandato un alunno dell’I.P.S.S.A.R. Borsellino, “perché avete assegnato il premio Mario e Giuseppe Francese alle Iene?”. “Va premiata la buona informazione a prescindere da chi la fa – ha spiegato Giulio Francese. Le Iene fanno informazione anche se non sono giornalisti. I giornalisti, invece, che hanno gli strumenti per fare inchieste, non le fanno”. L’informazione, dunque, quale valore supremo al di là dei ruoli.
L’iniziativa di oggi, moderata da Giovanni Frazzica, si inserisce nelle attività del progetto “Giovani cittadini attivi e consapevoli”, promosso dall’associazione P.A.R.S. nell’ambito dell’avviso pubblico ‘Giovani protagonisti di sé e del territorio – CreAZIONI Giovani’ dell’Assessorato Regionale della Famiglia e delle Politiche Sociali e avente come obiettivo il consolidamento nei giovani dei valori civici.
di Alida Federico