Palermo – Presentato alla Libreria Feltrinelli l’ultimo lavoro del sociologo francese Fréderic Martel intitolato Global Gay, analisi sociologica sull’omosessualità in una realtà sempre più globalizzata.
«Gli omosessuali sono sempre più globalizzati, spesso americanizzati, ma restano profondamente ancorati al proprio paese e alla propria cultura. In tutto il mondo, i gay sembrano somigliarsi, nondimeno mantengono la propria diversità. In quest’epoca di globalizzazione, apertura e radicamento non si escludono a vicenda. Esiste un qualcosa che possiamo definire global gay, ma esistono anche numerosi local gay. Le infinite sfumature locali, l’assenza di omogeneità delle comunità Lgbt sono affascinanti, anche quando si incontrano nello stesso paese.»
Il saggio, che costituisce una chiara analisi di come la cultura gay si evolve determinando cambiamenti sostanziali, è l’inequivocabile frutto di un viaggio in giro per il mondo compiuto dal sociologo francese alla ricerca di un sentire comune, quello che lo stesso Martel definisce global way of life che accomuna tutte le minoranze sessuali.
In occasione della presentazione del libro hanno discusso con l’autore la giornalista Barbara Tomasino, il presidente dell’Arcigay Palermo Mirko Pace, Gianfranco Scavuzzo (membro del direttivo di Arcigay Palermo) e Paolo Patané (coordinatore del Palermo Pride).
Durante l’incontro, ci si è soffermati su alcuni aspetti cruciali quali ad es. il ruolo del Vaticano e gli intrecci prettamente italiani tra Stato e Chiesa che non consentono di generare forme di dialogo e apertura verso il mondo gay. Tale aspetto è risultato più che mai attuale, vista la recente circolare del Ministero degli Interni fatta pervenire a tutti i Prefetti e in cui si dispone la cancellazione dei matrimoni gay registrati finora in Italia.
Particolare attenzione è stata data altresì ai concetti di omofobia calda e omofobia fredda.
Nel suo intervento, Martel ha precisato che il primo concetto è da riferirsi a tutti quei paesi in cui l’omosessualità è punita con la pena di morte, in particolare i paesi musulmani appartenenti all’organizzazione islamica; rientrano nella stessa categoria anche i paesi africani in cui gli omosessuali vengono condannati a scontare una pena in carcere; si tratta insomma delle nazioni in cui l’omofobia è un lascito del colonialismo britannico-vittoriano.
Parlare di omofobia fredda vuol dire far riferimento ai paesi (Russia, Cina…) in cui l’ossessione verso il mondo e la cultura gay è sì minore ma alla comunità Lgbt è vietata qualsiasi forma di attivismo. In ogni caso, un ruolo cruciale appartiene alla religione e ai luoghi in cui ampio spazio è lasciato all’affermazione del sé e delle identità (club, circoli, discoteche…).
Infine si è discusso sulla funzione dei social media – tema ricorrente nei saggi del sociologo francese – che, in un mondo sempre più globalizzato consentono alla comunità Lgbt di restare connessa e attivarsi, determinando un’evoluzione senza eguali.
In occasione della presentazione del saggio, TrinacriaNews.eu ha intervistato Gianfranco Scavuzzo, membro di Arcigay Palermo. Di seguito, le domande che gli abbiamo posto.
Cosa significa essere gay nel mondo globale?
Chiaramente la condizione di essere gay non è uguale in tutte le parti del mondo. Non è solo questione di riconoscimento dei diritti, di una maggiore o minore apertura nei confronti dell’orientamento sessuale e della comunità Lgbt. È proprio una questione culturale, ci sono diversi approcci… E direi che questo bel reportage fatto da Martel ci illustra perfettamente questo aspetto. Ci sono diversi modi di vivere l’omosessualità, anche in maniera aperta e out of the closet (fuori dall’armadio). C’è un modo molto diffuso definibile globale che un po’ corrisponde al mondo occidentale ma c’è anche un modo orientale di vivere l’omosessualità che ha a che fare con una visione che in alcune culture orientali si ha in generale della sessualità. L’approccio che dovremmo adottare noi attivisti dovrebbe essere pensato sia a livello locale sia a livello internazionale – pensiamo ad esempio alle azioni che si promuovono alle Nazioni Unite per la depenalizzazione dell’omosessualità. Non dobbiamo dimenticare che i modelli culturali che hanno alla base il rispetto dei diritti umani mantengono comunque delle sfumature. È giusto che le mantengano e che non si impongano modelli culturali prevalenti rispetto ad altri. Questo ci aiuterebbe ad eliminare quella visione antagonistica che poi in realtà è uno strumento politico fortissimo, soprattutto in molti Paesi dove vigono regimi di matrice religiosa – ad es. i regimi islamici – dove erroneamente l’omosessualità viene considerata un vizio meramente occidentale. Noi sappiamo benissimo, grazie anche a una florida letteratura araba, che l’omosessualità ha iniziato a rappresentare in molti paesi arabi e islamici un nemico da combattere durante gli anni del colonialismo occidentale (XIX secolo). Un aspetto interessante è la legge che istituisce il reato di omosessualità, introdotta proprio nel XIX secolo in molte colonie britanniche. Oggi molti governanti conservatori o fondamentalisti utilizzano queste leggi per attaccare l’occidente, dunque gli ex dominatori. Questo potrebbe essere un modo, vale a dire recuperare le radici di queste culture che sono in definitiva culture del pluralismo. Non è un caso che nei regimi teocratici monoteisti dove vi è una visione maschilista, gerarchica e univoca della società poi si diffondano questa e tante altre discriminazioni. Il modello che dobbiamo cominciare a promuovere è quello del pluralismo, della pluralità. Quando si dice anche in Italia che le unioni civili e i matrimoni gay costituiscono un attentato alla famiglia si ha in mente uno schema antagonistico, un aut-aut. Invece hanno sempre convissuto per secoli (pensiamo alle civiltà classiche) e devono continuare a convivere. L’unica globalizzazione che mi sento di accettare e che noi dobbiamo promuovere è quella del rispetto dei diritti umani. Non possiamo più chiudere gli occhi di fronte alle aberrazioni e ai crimini, alle violenze che molte persone subiscono per il loro orientamento sessuale ma più in generale per la loro identità. Il movimento omosessuale nasce dopo il movimento dei neri, dopo la seconda guerra mondiale e dopo l’olocausto. Ebbene, cos’hanno in comune questi tre eventi? Sono accomunati da una rivolta contro le discriminazioni delle identità. Noi dobbiamo combattere e sconfiggere tale violenza ingiustificata e ormai ingiustificabile.
Quali sono le azioni promosse da Arcigay Palermo?
Non è un caso che noi siamo qui per promuovere questo libro… Arcigay è qui perché vuole cominciare a promuovere i propri orizzonti. Chiaramente, operando a Palermo, noi abbiamo come punto di riferimento costante tutto quello che avviene a Palermo e in Italia. Ci muoviamo per aspetti come il riconoscimento dei matrimoni contratti all’estero, la battaglia sulle unioni civili e sui registri comunali. Proprio perché Palermo rappresenta l’ombelico del Mediterraneo nonché crocevia culturale, in questa realtà è stato attivato uno sportello dedicato ai migranti Lgbt, uno sportello di ascolto e di aiuto che si chiama La Migration. Vuole essere un aiuto per chi fugge da situazioni difficilissime, da contesti di guerre combattute tra popoli o guerre civili ma anche da persecuzioni per i diversi orientamenti sessuali. Palermo rappresenta da questo punto di vista un unicum. Ci dispiace soltanto non avere i mezzi sufficienti per poter aiutare tutti e avere una buona pubblicità. Spesso è difficile raggiungere queste persone anche se negli ultimi tempi, collaborando con associazioni e operatori sociali, contiamo di incrementare questa forma di aiuto.