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Anno XII - Num. 57 - 09 dicembre 2024

Anno I - Num. 03 - 28 settembre 2012 Politica e società

DOC Monreale: la kermesse del vino tra storia, mito, cultura e paesaggio

di Viviana Villa

Manifesto KermesseMonreale (Pa) – Sabato 4 agosto si è tenuta in Piazza Guglielmo II la manifestazione DOC Monreale: Il Vino tra storia e mito, cultura e paesaggio, organizzata dall’omonimo consorzio di tutela DOC Monreale. La kermesse è stata promossa dal Presidente della Commissione Attività Produttive all’Ars Salvino Caputo e dal Presidente di DOC Monreale Mario di Lorenzo, allo scopo di promuovere e valorizzare i prodotti vitivinicoli di sette aziende coinvolte, legandoli alle ricchezze monumentali del territorio attraverso un “viaggio” inedito fra l’iconografia del vino all’interno del complesso monumentale di Monreale. Per questo motivo, la kermesse è stata caratterizzata da due momenti: l’itinerario fra i mosaici e i bassorilievi del duomo e del Chiostro e la degustazione tecnica dei vini delle cantine della Valle dell’Alto Belice Corleonese.

L’ideazione e la realizzazione del progetto è stata curata dall’associazione Archikromie e, in particolare, dall’arch. Francesca Aiello. L’itinerario proposto, in una sorta di percorso sensoriale ed emozionale, ha permesso ai partecipanti di compiere un viaggio fra cultura e gusto attraverso il coinvolgimento dei cinque sensi, partendo dal pannello musivo del duomo, noto come L’ebbrezza di Noè, in cui è raffigurato il patriarca intento nella produzione del vino.

L’arch. Francesca Aiello ci ha spiegato come il vino non possa essere considerato come un mero alimento, ma un elemento che nei secoli ha assunto un’importante valenza culturale. All’interno di una bottiglia è presente il mito, che permette al vino di non essere una semplice bibita – dice durante l’intervista – Lo scopo dell’itinerario è quello di creare un collegamento ideale tra il mito, la storia e le tre religioni monoteiste. I partecipanti, cosiddetti ‘viaggiatori’, saranno guidati in un percorso che lega il mito all’iconografia dei mosaici, dei capitelli e dei bassorilievi del complesso monumentale. Chi seguirà con noi l’itinerario, compierà un viaggio sensoriale ed emozionale, così come il vino coinvolge tutti i sensi. L’importanza di tale alimento nella cultura – continua – è testimoniata dal fatto che il vino, insieme all’olio e al grano, costituisce la cosiddetta “sacra triade” del bacino del Mediterraneo, presente ancor prima del Cristianesimo. Si tratta di tre elementi che ancora oggi fanno parte della dieta mediterranea, patrimonio immateriale dell’UNESCO. Le tre religioni monoteiste hanno con il vino un rapporto differente. È fondamentale nel cristianesimo, mentre nel culto ebraico rappresenta il regno di Dio. Nella religione islamica, invece, esso simboleggia l’eccesso.

Come preannunciato, il tour è cominciato con una breve presentazione del complesso di Santa Maria La Nova (meglio conosciuto come il duomo di Monreale e l’annesso chiostro), per poi continuare all’interno della chiesa, tra i pannelli musivi che narrano dell’Antico Testamento. I partecipanti sono stati invitati a concentrare la loro attenzione sulla scena in cui Noè, dopo aver “ristabilito la pace” con Dio al termine del diluvio, coltiva la vigna per ricavarne del vino (a sinistra) e in seguito si ubriaca (a destra). Si tratta di una sorta di rappresentazione del “secondo peccato originale”, così come interpretato da una serie di scrittori della storia della Chiesa di Oriente e di Occidente. Nella spiritualità cristianità, il vino assume un senso ambivalente: da una parte è lo strumento sacramentale per la transustanziazione del verbo di Dio; dall’altra è lo strumento del vizio, il “primo mezzo che porta alla perdizione”, come scrivono alcuni scrittori sacri. In dettaglio, il pannello musivo è suddiviso in due scene parallele: a sinistra Noè è raffigurato mentre raccoglie un grappolo d’uva e lo spreme per trarne il succo per il vino; a destra è rappresentata la “degenerazione” di Noè, che si trova disteso e seminudo. Uno dei suoi figli Cam, lo scopre e lo deride, indicandolo ai fratelli che, al contrario, lo ricoprono e tengono i loro sguardi voltati dall’altra parte. In questa scena, Cam è un esempio di comportamento malvagio e, seguendo il linguaggio pittorico bizantino, è rappresentato di profilo (come spesso avviene per Giuda). I fratelli costituiscono, al contrario, un esempio di sommo rispetto nei confronti della debolezza del padre e vengono rappresentati a tre quarti, in una sorta di lieve torsione.

A questo proposito, ai partecipanti è stato fatto notare come alla scena si adattino molto bene le parole di Giovanni Crisostomo (patriarca di Costantinopoli tra il 397 e il 402) che, in una delle sue omelie basata su un passo della Prima Lettera di san Paolo a Timoteo (Bevi un po’ di vino per la salute del tuo stomaco e le tue frequenti infermità), affermava che il vino ci fu donato da Dio, non perché fossimo ubriachi, ma sobri. Perché fossimo allegri, non per farci del male. Il vino, si dice, rende allegro il cuore dell’uomo, ma se ne fa materia di tristezza, così che chi è inebriato si imbroncia oltre misura e grande oscurità annebbia i loro pensieri. È la migliore medicina, quando ha la migliore moderazione a dirigerla.

Proseguendo nell’itinerario, è stata presentata la scena delle nozze di Cana, sul presbiterio, nella cosiddetta solea. Si tratta di un’altra scena in cui il vino assume un significato particolare, soprattutto perché costituisce il primo miracolo compiuto da Gesù. L’acqua è trasformata da Cristo in vino, elemento fondamentale del banchetto dello sposalizio per le culture del mediterraneo (greca, romana e semitica). Altra scena importante all’interno delle rappresentazioni musive è quella relativa all’Ultima Cena, in cui il vino si “trasforma” in sangue di Cristo e assume un’importanza fondamentale per la cristianità.

Durante il percorso, è stato inoltre messo in evidenza il forte valore interculturale di cui il vino è portatore. Esso ha assunto nei secoli sia una valenza positiva che negativa. La vigna, ad esempio, è il simbolo di Israele, dell’alleanza con Dio, della comunità cristiana. Per le tribù nomadi pre-islamiche, invece, il vino rappresentava il nucleo centrale della poesia. In tali comunità, esso, infatti, costituiva un elemento sacro, perché dopo averne bevuto i membri si raccontavano poesie che venivano tramandate oralmente. Al contrario, in altre culture, come ad esempio l’islamismo, il vino è simbolo del peccato, perché riconosciuto come mezzo liberatore da ogni freno inibitorio.

L’itinerario è proseguito all’esterno del duomo. Ai partecipanti è stato fatto notare che sulla grande porta del 1185 di Bonanno da Pisa, vi è una formella dedicata a Noè, che riporta la stessa immagine del mosaico della chiesa. L’aspetto significativo riguarda il fatto che, anche se la Bibbia riporta solo una descrizione concisa dell’evento, la scena in cui Noè “produce” il vino è rappresentata nel medesimo modo in più supporti del complesso monumentale. Sul testo sacro, infatti, viene detto esclusivamente che Noè pianta una vigna e si ubriaca, senza l’aggiunta di altri particolari. Al contrario, gi artisti che hanno lavorato ai mosaici e ai bassorilievi rappresentano questo momento evidenziando la laboriosità dell’azione della coltivazione della vigna, interpretando lo spirito del periodo medievale. Altre cattedrali del periodo, infatti, riportano spesso riferimenti alla quotidianità, a dettagli di costume, al lavoro (es. l’operaio in vendemmia), legati all’appartenenza degli artisti al popolo. Il vino diventa, dunque, portatore di un forte valore culturale.

Il tour è continuato all’interno del chiostro. Che è stato definito come una sorta di microcosmo, in cui viene rappresentato anche il Paradiso, simboleggiato dalla fontana del “chiostrino” da cui zampilla dell’acqua. Il perimetro di tale struttura è formato da colonne dal fusto istoriato, in cui in alcune di esse si ripete l’iconografia della vite, con i vendemmiatori e i grappoli di uva. La ricorrenza degli elementi della vite, del tralcio e del vino dimostrano il valore che assumono all’interno del mito e della storia delle civiltà mediterranee.

Nel pomeriggio sono state presentate le cantine appartenenti al consorzio della Valle dell’Alto Belice Corleonese: Marchesi De Gregorio, Feudo Disisa, Sallier de la Tour, Principe di Corleone, Dei Principi di Spadafora, Aziende Tamburello e Cantina dell’Alto Belice. E sono intervenuti il Presidente della Commissione Attività Produttive all’Ars Salvino Caputo, il Presidente di DOC Monreale Mario di Lorenzo e i rappresentanti delle aziende vitivinicole.

L'On. Salvino Caputo

Durante la manifestazione abbiamo chiesto all’On. Caputo, le motivazioni che hanno portato all’organizzazione di una kermesse così particolare, che è riuscita a coniugare il patrimonio artistico di Monreale e la produzione enologica del territorio. Ci ha risposto che a Monreale è stata creata una delle prime DOC. Le cantine presentate durante l’evento hanno avuto successo al Vinitaly di Verona, al Salone del Gusto di Torino. Tutto ciò ha permesso di coniugare il patrimonio monumentale di Monreale e la promozione dei vini. Il vino è cultura – continua – e Monreale è una città di arte e di cultura, quindi si tratta di un accostamento che permette anche di creare itinerari turistici, legati alla gastronomia, ai vini e alla valorizzazione del territorio.

In occasione dell’intervista, l’On. Caputo ha parlato al nostro giornale anche dell’istituzione dei distretti turistici siciliani. Ci ha spiegato che si tratta di un’iniziativa che permette di mettere a regime tutte le bellezze architettoniche e paesaggistiche del territorio. Invece di promuovere una singola realtà territoriale o monumentale, diversi comuni che hanno continuità territoriale o monumentale saranno uniti in un distretto, che servirà anche a veicolare risorse importanti e a creare un progetto turistico omogeneo.

Il Presidente di DOC Monreale Mario di Lorenzo ha sottolineato come l’obiettivo della kermesse sia quello di avvicinare ai vini del territorio, affinché, come la città di Monreale, possano essere conosciuti nel mondo. Il connubio tra la produzione di vini di qualità ed il patrimonio artistico di Monreale nasce dal legame tra i beni artistici del complesso monumentale e la produzione vinicola. Il pannello musivo preso a simbolo della kermesse, in cui Mosè spreme il grappolo d’uva, fa comprendere come la produzione di vino del territorio di Monreale sia radicata nel tempo. La DOC Monreale è giovane, è nata una decina di anni fa, però ha un potenziale di aziende all’avanguardia che sicuramente si possono affermare nel complesso delle produzioni in campo internazionale. La città di Monreale è famosa nel mondo, noi vogliamo riuscire ad ancorare a tale visibilità i nostri vini di qualità.

A questo proposito abbiamo intervistato anche il Marchese Massimo De Gregorio che ci ha confermato l’importanza della manifestazione per la promozione vitivinicola delle cantine del consorzio e ci ha espresso l’intenzione di creare una piccola enoteca comunale dove poter esporre e far conoscere i vini della DOC Monreale. Questa sera, ad esempio, facciamo conoscere dei bianchi e dei rossi con le loro tipicità attraverso un “viaggio sensoriale”.

L’avvocato Filippo Barbiera ha guidato il “secondo itinerario” attraverso la degustazione tecnica e ha descritto l’evento come un percorso ideale tra le varie cantine del territorio e i loro produttori. I banchi da assaggio hanno visto la presenza di numerosi partecipanti, che non hanno semplicemente bevuto del vino, ma hanno “imparato” a percepire con un sorso tutte le emozioni che un territorio può fornire. A questo fine, Barbiera ha dato al pubblico delle indicazioni da osservare durante il “viaggio sensoriale”.

La kermesse si è conclusa con un’ulteriore degustazione gastronomica con prodotti tipici e con uno spettacolo di danza sul tema dei ditirambi di Dioniso, organizzato dal Teatro Ditirammu.

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