Palermo – Presso la della sede regionale della CGIL si è tenuto il convegno “Donne, diritti e legalità”.
Il focus dell’evento “La Carta dei diritti universali”, una proposta di legge popolare che la CGIL ha elaborato per addivenire ad un Nuovo Statuto dei lavoratori e delle lavoratrici. Diritti che, partendo dalla situazione del mondo del lavoro femminile in Sicilia e dai tanti emblemi dei diritti ancora oggi negati alle donne, si è ampiamente trattato sulla legalità nel lavoro, della lotta contro la mafia, del ruolo delle donne in questi due ambiti.
Il convegno presieduto dalla segretaria Cgil Mimma Argurio, ha visto anche la partecipazione della Presidente della commissione nazionale antimafia Rosy Bindi e della segretaria confederale nazionale Cgil, Gianna Fracassi.
Tra le altre relatrici Elvira Morana, responsabile delle politiche di genere del sindacato. Sono intervenuti Monica Genovese, della segreteria regionale Cgil e il segretario generale siciliano Michele Pagliaro.
Il filo che lega ieri e oggi nel percorso per la conquista di diritti e legalità è stato ricostruito dalla voce di donne che sono state e sono protagoniste nel sindacato di queste battaglie: Antonella Azoti, figlia di Nicolò il segretario della Camera del lavoro di Baucina ucciso dalla mafia nel 1946; Rosalba Vella, Rsu di Almaviva, una delle vertenze più calde del momento; Bernardette Di Giacono, della Flai di Vittoria che ha riportato l’esperienza della lotta al caporalato e contro lo sfruttamento nelle campagne; Floriana Solaro, praticante con partita Iva in uno studio legale.
Mimma Argurio ha aperto i lavori caricando di entusiasmo la giornata e inneggiando alla data, non casuale dell’evento ma, coincidente con quella in cui le donne per la prima volta votarono in Italia (10 marzo 1946), e con quella in cui veniva ucciso, per la lotta dei diritti e la legalità, il sindacalista della CGIL di Corleone, Placido Rizzotto (10 marzo 1948). La memoria, il presente, il futuro è stato il percorso che ha contraddistinto i lavori dell’evento. A proposito della Carta dei Diritti, abbozzata proprio dai esponenti della CGIL, ha dichiarato l’Argurio: “la Carta dei Diritti è per quelle giovani donne che hanno un lavoro atipico e che non sono garantite. Noi, con questa battaglia e con la volontà di fare diventare questa Carta dei Diritti un tutto, essenziale non solo per la nostra Organizzazione ma, per tutta la società, allargandola alle associazioni, alle Istituzioni e a tutti, pensiamo che a questo vada accomunata la Legalità” . Evidenziando le criticità che la Sicilia e i siciliani stanno attraversando, Mimma Argurio ha espresso la ferma volontà che il movimento della CGIL sorto in Sicilia, ha dato forza alle donne, alla cui memoria ha richiamato quelle dei fasci di Piana degli Albanesi, quelle che manifestavano per la pace nel ’51, quelle dei lenzuoli bianchi, dopo le stragi di Falcone e Borsellino. La segretaria della CGIL, prima di passare la parola ai vari relatori si è appellata energicamente alle donne e alle compagne sindacali CGIL presenti, perché queste perseverino nell’azione e nella battaglia contro l’illegalità e contro la mafia, trascinando in questa lotta anche a quegli uomini, ispirati e mossi dallo stesso credo per il ripristino della legalità.
Nel suo intervento Elvira Morana, richiamandosi al titolo dell’evento “donne, diritti e nuovi orizzonti”, ha evidenziato l’ossimoro rappresentato dalla necessità di fare rispettare i diritti delle donne e la fase storica di crisi attuale, in cui tale obiettivo appare una utopia. Secondo la M. il tema dei diritti umani, divenuti patrimonio dell’umanità, sebbene violati, solo raramente vengono respinti in linea di principio. La relatrice ha rilevato che con lo sgretolamento dell’impianto dei diritti della civiltà democratica si sta schiacciando l’anello più debole: quello dei lavoratori ed in particolar modo,quello delle lavoratrici, nel loro ruolo di mamme e di donne. La Morana ha imputato alla globalizzazione e alle crisi finanziarie, un vistoso ritorno al passato, ad un arretramento di quasi tutte le conquiste fatte dalle lavoratrici all’interno delle fabbriche e nella società. “Sono le lotte che hanno determinato l’affermarsi dei diritti di cittadinanza: il pilastro del sistema previdenziale, del sistema sanitario, il diritto alla pensione, la legge sull’aborto, la legge sulla famiglia e i diritti del lavoro; parità salariale, carriera, contrattazione integrativa, cicli di vita, orario di lavoro, le azioni c.d. positive. Se da un punto di vista culturale sono state accettate le rivendicazioni delle donne, dall’altro, non vengono mantenute le condizioni per consentire alla donna una effettiva parità di genere” – ha evidenziato così, la M., .A ciò, la relatrice ha aggiunto che – “la deregolamentazione del mondo del lavoro con le flessibilità introdotte e i molteplici contratti atipici, la crescita a dismisura dei finti part-time, l’esplosione della voucherizzazione che ha raggiunto il 400%, sta ledendo anche i diritti di sicurezza sociale e comportando turni di lavoro massacranti, disconoscimenti dei giorni festivi, la mancanza di una busta paga, il diritto di cura, il diritto di scioperare, il diritto di mettere al mondo dei figli”. Purtroppo – ha osservato la Morana – la linea seguita dall’attuale Governo, alla pari di quello precedente, si ostina a proporre una politica orientata al ribasso delle retribuzioni, delle condizioni di vita, a svilire l’impianto contrattuale in un contesto di assenza di confronto sociale e di ampia esclusiva libertà per le imprese. La M. non ha lesinato critiche al Governo Regionale, reo, a suo dire, di ostacolare la crescita economica e il miglioramento dello stile di vita dei siciliani, a causa della sua incapacità organizzativa e gestionale delle risorse – “ Serve dunque, un nuovo modello sociale che riporti alla ribalta il lavoro vero e non quello nero – ha aggiunto-e punisca quanti si sottraggono alla correttezza del ruolo che rivestono”. Dispiace che siano attenzionati gli scandali come quelli di un magistrato donna che fa dire che il potere non ha differenza di genere – ha chiosato la M., palesando anche il suo timore della perdita di 160 milioni previsti dal Piano di Coesione per l’assistenza agli anziani e di bambini da zero a tre anni, in una regione in cui questo servizio copre a malapena il 40%. Ciò anche in considerazione della situazione disastrosa dei bilanci comunali e di carenza delle figure professionali. Continuando, la M. ha asserito che dal 2007 ad oggi sono stati persi ben 24.000 posti per quel che riguarda le donne. La Morana ha concluso affermando che – “la CGIL, nel pieno convincimento che va eliminata ogni forma di discriminazione e violenza e va prevista più conciliazione e welfare, e pari opportunità e che i diritti non diventano obsoleti, ma che debbono assumere un carattere universale, porta la carta dei Diritti, per stabilire nuovi orizzonti per la nostra società e per il futuro delle donne e di tutti”.
Rosy Bindi, nel suo intervento, prima di addentrarsi ad affrontare il tema delle donne ha voluto riservare uno spazio e dare delle risposte a quanti hanno chiesto la sua voce in merito al diniego da parte del Sindaco di Corleone alla CGIL sull’utilizzo della piazza in cui commemorare il sindacalista ucciso dalla mafia, Placido Rizzotto il 10 marzo. Parlando del suo passato culturale e politico in cui, in quanto “donna nata orgogliosamente nella seconda metà del ‘900, sono cresciuta ad una scuola prima che politica, culturale, mi ha fatto leggere la Costituzione Italiana cercando di capire lo spirito dei Costituenti e quale democrazia volevamo costruire. A proposito della democrazia, la Bindi ha parlato di “una democrazia partecipata nella quale le formazioni sociali hanno un’importanza fondamentale, ai quali a ciascuno spetta la propria parte, la propria responsabilità e, tutti insieme, si costruisce quella democrazia fondata sulla centralità della dignità della persona umana, ma che si raggiunge se la società è giusta. Le società sono giuste quando sono costruite da tutti coloro che sono chiamati a svolgere la propria parte. Io ritrovo non sempre queste visione di società al tempo di oggi, voluta e seguita da tutta la politica di questo Paese. Mi consola molto che il Presidente della Repubblica, che peraltro, è un palermitano col suo discorso in occasione degli auguri alle autorità dello Stato Italiano ha disegnato questa Repubblica e ha voluto sottolineare l’importanza di una democrazia partecipata nella quale nessun corpo intermedio può essere mortificato perché tutti sono fondamentali, perché appunto, attraverso la democrazia si costruisca una società giusta. “Quindi, per me la presenza alle manifestazioni, ai momenti di studio, di ricerca, di condivisione da parte dei sindacati, è sempre per me una grande occasione per onorare anche il mio impegno di parlamentare oltre che, di cittadina. Anche io voglio dedicare questa giornata a Placido Rizzotto e a tutti sindacalisti uccisi dalla mafia, in questa giornata di grande festa, di 70 anni dal voto delle donne. A Placido Rizzotto e a tutti i sindacalisti uccisi, il messaggio che ci mandano è molto semplice: “ le mafie sono contro i diritti delle persone e uccidono coloro che lottano per i diritti e la legalità. Non è un messaggio banale perché è ancora forte la convinzione che le mafie garantiscono diritti che lo Stato nega. Ed è vero che più di una volta, dobbiamo dire con grande operazione di verità, lo Stato nega i diritti ma, la mafia non li conosce mai. La mafia è la causa principale dei nostri problemi, del Mezzogiorno, della Sicilia, di Palermo. Non è mai la soluzione. Si presentano come la soluzione. Questo cedimento culturale non ce lo possiamo mai permettere e non lo passiamo mai, minimamente trasmettere alle giovani generazioni. La prova più evidente è che nel Mezzogiorno d’Italia, si continua ad uccidere, ad usare violenza, a praticare l’usura. Qui resta la forza principale, la casa madre di tutte le mafie che si sono de localizzate in tutto il mondo. Però, i soldi che si fanno qui con la morte, si vanno a spendere altrove. In Sicilia non si investe, in Calabria non si investe. Si investe in Lombardia, in Emilia Romagna, in Veneto, in Germania, in Canada; non si investe nel Mezzogiorno d’Italia. L’uccisione dei sindacalisti e, credo più di altri, sia la prova di questo. La mafia quando uccide chi lotta per i propri diritti, manifesta chiaramente che è contro le persone. E quindi, ricordare qui, tutti insieme Placido Rizzotto e tutti i sindacalisti uccisi dalle mafie significa, essere consapevoli di quanto è importante estirpare questo male, terribile che è la criminalità mafiosa da ogni angolo della terra, non solo dalla Sicilia. Anch’io voglio ricordare che nessuno può dividersi quando si tratta di ricordare le vittime di mafia. Non ci si divide per ricordare Placido Rizzotto. Anche se, qualche volta distinguersi può servire”.A proposito delle donne, la Presidente della Commissione Antimafia ha fatto osservare i 70 anni da che le donne hanno votato per la prima volta in Italia – chiosando – “Noi donne credo, dobbiamo essere in prima fila perché la strada ancora è molto lunga da percorrere. La storia delle donne che hanno ottenuto il diritto al voto ci dice che dobbiamo essere noi a colmare le lacune, i ritardi che ci sono, addirittura i ritorni indietro a cui stiamo assistendo, perché nessuno ci regala mai niente, donne. Io l’ho imparato; nessuno ci regala mai niente, anzi dubitate di quelli che vi regalano qualcosa, perché qualche volta, in quel regalo qualche altra finalità ci potrebbe essere. Non voglio dire che non esista la gratuità, ma in politica è merce rara davvero. I diritti politici pieni delle donne, non sono ancora pienamente realizzati, anche se sono formalmente riconosciuti. Abbiamo chiesto di contare e chiediamo di contare, perché siamo convinte che attraverso di noi si possa costruire una società più giusta. Pensate quante leggi non si sarebbero state in questo Paese se non ci fossero state le donne a promuoverle. L’ultima cosa di cui si possiamo accontentare è l’applicazione formale del principio di uguaglianza. Noi saremo uguali nel giorno in cui la nostra differenza avrà piena cittadinanza in questo Paese e in tutto il mondo, non al giorno in cui per essere uguali dobbiamo rinunciare alla nostra differenza. E quanta omologazione al maschile c’è ancora: in politica, nel mondo del lavoro, nell’organizzazione familiare e in tutta la società.
Rivolgendosi agli esponenti della CGIL, a proposito del loro lancio della Carta internazionale del lavoro, la Bindi ha rilevato che “la vostra Carta del lavoro uno sforzo l’ha fatto” – e quindi, il mio augurio è che riusciate ad aprire un dialogo, un confronto a tutti i livelli perché si riapra. Continuando, la Bindi ha ribadito che – Il principio di legalità scritto nella nostra Costituzione ha una misura laddove, se tu realizzi l’articolo 2, 3 e 4 della Costituzione e tutto quello che ne segue, allora il tuo principio di legalità è messo al servizio dei diritti. Ma è anche vero che quando uno Stato e le Istituzioni non applicano il principio di legalità, negano lavoro, salute, istruzione, sicurezza, aprono le strade alla mafia. C’è un rapporto di causa-effetto del quale non possiamo non sentirci non sentirci la responsabilità e, mentre noi oggi ricordiamo Placido Rizzotto e tutti i sindacalisti uccisi e vogliamo rendere onore a tutti quei magistrati, a quei poliziotti, a quei carabinieri, a tutti quegli uomini e donne che per difenderci dalla mafia hanno dato la vita. E dir che questo Paese è il Paese della mafia ma, anche della lotta alla mafia che altri Paesi al mondo non conoscono.
La Bindi ha ricordato anche le donne che, essendosi ribellate, hanno pagato con la vita,“Codice d’onore la mafia non ne ha”, né ne confronti dei minori, né nei confronti delle donne e ci sono tante donne che hanno dato la vita per essersi ribellate a questo codice, tante, tantissime e sono una storia infinita. Anche a quelle dobbiamo rendere onore e in maniera particolare.. Quindi, lo Stato che applica il principio di legalità non è solo Stato che reprime ma, è soprattutto lo Stato che crea il deserto intorno alle motivazioni delle mafie e fa le leggi attente e capaci di inseguire il cambiamento delle mafie. Concludendo la Bindi ha voluto rilevare che – “se in questi anni abbiamo ottenuto grandi risultati è grazie a quello che è accaduto a Palermo, perché Palermo non è stata solo il centro di Cosa Nostra e delle stragi, ma è stata anche il luogo nel quale è nato il movimento civile contro la mafia. E non avremmo ottenuto tutti questi risultati che abbiamo ottenuto in questi anni e avere messo in ginocchio Cosa Nostra se non ci fosse stato quel movimento, se non ci fossero state quelle donne. Ecco perché è una grande ferita che il movimento antimafia sia attraversato da qualche ombra, perché quando chi combatte la mafia si macchia, dà un regalo alle mafie come nessun altro; quando da un simbolo positivo diventi un simbolo negativo, tu dai il regalo più grande ai poteri mafiosi e rischi di delegittimare un lungo percorso che è stato ed è un grande tesoro in questo Paese. Quindi, smascherare chi sbaglia, cercare di capire gli inganni che sono maturati dentro è un modo per ri -legittimare il movimento antimafia, è un modo per restituirgli tutta la credibilità. Concludendo, la Bindi ha osservato: “ le mafie sono cambiate e deve cambiare anche il movimento antimafia. Deve dotarsi di strumenti più forti, con un obiettivo: che non deve sensibilizzare solo quelli che partecipano all’associazione e al movimento. O la lotta alla mafia diventa l’impegno di tutte le cittadine, di tutti cittadini di questo Paese, o se no, saremo qui a piangere i nostri eroi. Non bastano gli eroi, non bastano gli ammazzati dalla mafia, non bastano i magistrati, non bastano i poliziotti. Occorre un movimento di cittadini. Il Papa disse in Calabria: un cristiano, un cattolico non può avere niente a che fare con la mafia. Io dico, in maniera molto più laica: un cittadino, una cittadina italiana che giura sulla Costituzione non può avere niente a che fare con le mafie”.
Monica Genovese, nel suo intervento ha dato una traccia dell’essenza della Carta dei Diritti Universali del Lavoro, come progetto di legge di iniziativa popolare della CGIL che, ampliando, estendendo ed integrando la L. n. 300/70 la configura come una riscrittura dl Diritto del Lavoro, considerata dal punto di vista delle donne. Una proposta ambiziosa la nostra – ha esordito G. – un’operazione politica e culturale che vuole leggere il cambiamento, aprendo anche al lavoro autonomo, un’idea alternativa e di ricodificazione del diritto del lavoro e, soprattutto – ha aggiunto – una battaglia per i diritti che serva a rendere chiaro il modello di società che noi vogliamo, una società che rimetta al centro “il lavoro”, che sia solidale e non competitivo, che serva a restituire i diritti e le tutele tolte ai soggetti deboli, e tra questi, a noi donne, inclusiva e sotto il segno della coesione, in un Paese sempre più diviso per condizioni economiche e sociali, per tassi di scolarizzazione,e quindi, per opportunità di sviluppo e crescita. La Genovese, considerando alcune storture del sistema lavoro in Italia si è espressa sul Jobs act, sostenendo che “ha aumentato l’incertezza e alimentato la precarietà, in un mercato del lavoro già incerto e precario; ha reso debole anche il lavoro forte, aprendo la strada a quello che viene definito il lavoro vulnerabile, senza adeguate protezioni e senza paracaduti sociali, che è sempre più delle donne e dei giovani.
Michele Pagliaro ha posto l’enfasi sulle problematiche del Sud Italia, unito all’agire dei Governi che si sono succeduti ed il modo di utilizzare le risorse destinate al Meridione d’Italia, anche del Governo Renzi per finalità diverse rispetto alla loro originaria destinazione. Facendo da eco alle affermazioni della Genovese, Pagliaro ha sostenuto che “nonostante le abili campagne di comunicazione, tuttavia – 3 miliardi mezzo di risorse destinate al Sud finiscono per finanziare il Jobs Act che a Sud non funziona. Accade che, in queste ore mentre si parla di Piano per il Sud, si spostano 3 miliardi sulla banda larga da Sud verso il Nord. In una delle conferenze Stato – Regioni abbiamo assistito ad un assordante silenzio, nel senso nessun Presidente, tranne credo, Emiliano ha sentito il bisogno di intervenire, visto che l‘80% di tali risorse dovrebbe essere destinato al Sud. Lanciando una sfida, P. esortato i presenti a provare ad alzare la voce. Inoltre, Pagliaro ha evidenziato altre criticità e storture che caratterizzano la Sicilia. In particolare: “le responsabilità politiche di cui vi parlo sono sotto gli occhi di tutti, perché, non solo le risorse non arrivano al Sud, per cui già sarebbe un fatto positivo se il Governo decidesse di investirle al Sud, ma poi c’è un altro aspetto: quelle risorse, spesso diventano spesa corrente e quindi, abbiamo una condizione del cane che si morde la coda. I 3 miliardi della vecchia programmazione, per 721 milioni si sono trasformati in spesa corrente. Ed io credo che qui, ci siano tutte le responsabilità di questo governo in ordine alle mancate riforme di cui tanto si parla, ma una sola riforma realizzata noi non ce l’abbiamo. A proposito della condizione lavorativa delle donne, Pagliaro ha sostenuto che i soggetti più deboli ne risentono di più: “ Noi abbiamo una situazione generale dove la crisi è stata scaricata sui pensionati, sui lavoratori e sui giovani, perché quelli non avranno mai un lavoro, non avranno mai una pensione e non hanno nemmeno la prospettiva in futuro, anche se con elevato tasso di scolarizzazione”. Pagliaro nell’evidenziare queste criticità ha voluto esprimere l’esigenza di invertire una tendenza: “abbiamo bisogno di creare una opinione rispetto a questi temi. Nelle scorse settimane, campeggiava la notizia che in Sicilia ci sono questi 60 mila posti di lavoro. Però, noi analizzando quel dato abbiamo scoperto che quei posti di lavoro, in gran parte sono stagionali, nel turismo, negli alberghi. Abbiamo visto questa implosione dei voucher: 2 milioni e mezzo di voucher venduti da quando l’istituto è nato. Anche qui, spesso, sono i soggetti più deboli che vengono colpiti dall’utilizzo spropositato e sproporzionato dei voucher, con una crescita del 70% rispetto al 2013 e del 95% rispetto al 2014. Abbiamo quindi, contestato il fatto che, quei 60 mila posti di lavoro non fossero posti di lavoro vero. Tra l’altro, la rilevazione si fa quando erano in atto i tirocini della Garanzia Giovani, perché c’è da dire che i soldi per i giovani, non solo non si spendono in questa Regione, ma quando si spendono, si spendono male. Lì, sono stati spesi qualcosa come 170 milioni, 50 mila tirocini formativi e noi abbiamo fatto le nostre stime ed è emerso che il 95% di questi giovani, non ha avuto, alla fine di questo percorso, neanche un contratto, e magari è stato utilizzato impropriamente in studi legali con modalità di utilizzo discutibile. A proposito delle donne Pagliaro ha rilevato che – “se tutto questo, naturalmente, viene osservato nella prospettiva femminile è peggio. Non c’è dubbio che la pensionata donna, o una lavoratrice donna, o una giovane donna, hanno maggiori difficoltà perché si debbono misurare con una situazione di welfare penalizzante, perché deve provare a conciliare l’inconciliabile, per farsi carico di tutti quei pezzi di welfare che non ci sono. Le donne hanno pagato e pagano di più in termini di disoccupazione, di precarietà e di retribuzione, perché, a parità di lavoro, la donna rispetto all’uomo guadagna molto meno. Quindi, noi con la nostra Carta dei diritti vogliamo rivolgerci, non solo all’Universo femminile ma, vogliamo costruire l’azione che vuole portare alla de-mercificazione del lavoro, perché in questi anni, il lavoro è stato reso una merce. Quindi, il ragionamento che stiamo facendo è molto semplice: “ vogliamo che alcuni diritti, che tra l’altro sono diritti che sono stati riconosciuti dalla nostra Costituzione passino dai contratti alle persone, perché il diritto ad un lavoro dignitoso e decente, il diritto alla maternità non può essere una prerogativa di alcuni lavoratori che, magari sono più fortunati di altri, che hanno un contratto rispetto agli altri”.
TRINACRIANEWS.EU HA INTERVISTATO LA SEGRETARIA CONFEDERALE NAZIONALE CGIL GIANNA FRACASSI
D. A fronte delle conclamate libertà conquistate dalle donne in passato, parità salariale, parità di genere, l’arretramento a cui, tuttavia si è assistito negli ultimi tempi e la loro erosione progressiva, sono un dato di fatto. L’idea di una Carta dei diritti del lavoro anche per le donne è un’utopia o una realtà possibile?
R. Noi ci stiamo impegnando su questa Carta universale dei diritti dei lavoratori e delle lavoratrici perché crediamo che questo sia un obiettivo molto concreto. C’è un arretramento dei diritti, lo possiamo osservare nel nostro lavoro quotidiano di sindacalisti. C’è una inesigibilità di alcuni diritti sanciti, financo dalla nostra Costituzione, ma che sono diventati inesigibili per i lavoratori. Noi proviamo a fare un quadro di riferimento più largo del vecchio Statuto dei Lavoratori del ’70 perché abbracciamo anche forme di lavoro che quello Statuto non considerava per ragioni storiche, per ragioni sociali legate ai tempi di maturazione di quella Carta. Proviamo a fare questa operazione perché crediamo che in questa fase sia necessario ribadire un principio: cioè, che quei diritti sociali, prioritari e indisponibili devono stare in capo ai lavoratori, a prescindere dal tipo rapporto di lavoro. Quindi, significa che, che io sia un lavoratore che sia Partita IVA, che abbia un rapporto di collaborazione, che sia autonomo, che sia un precario o un lavoratore a tempo indeterminato, io devo contare su quel pacchetto di diritti che mi consentono di affermare libertà nel mio lavoro, ma anche possibilità che quel lavoro sia di qualità, perché un lavoro non assistito dai diritti non è un lavoro di qualità è altra cosa.
D. Questa proposta di iniziativa popolare, a fronte di tutte le beghe burocratiche, come potrà vedere il suo battesimo?
R. Più che burocratiche, direi politiche. Il fatto di costruire una proposta che non è una semplice legge di iniziativa popolare ma é il tentativo di riaprire il dibattito, la discussione, di “rimettere al centro della discussione politica del Paese i temi del Lavoro” è chiaro che se noi riusciremo, come speriamo a fare determinare le condizioni perché questa legge abbia tante, tante, tante firme, diventa un po’ difficile ignorarla, anche per la politica. E’ chiaro che stiamo parlando di un obiettivo non di brevissimo termine. Noi ci impegniamo per i prossimi mesi, nel lavoro, non soltanto di raccolta firme, ma anche di estensione del consenso sui contenuti della Carta.
D. La donna siciliana che viene discriminata nella sua storia lavorativa, una donna sola, bisognosa, come può difendersi e avere consentito il rispetto della legge in suo favore?
R. Intanto, la prima cosa che le donne siciliane devono fare è che devono essere più presenti nel sindacato, rivolgersi al sindacato e devono condizionare il lavoro del sindacato. Perché c’è anche un’idea che attraversa questa società di individualismo spinto, in cui ciascuno può risolversi i problemi autonomamente, in modo individuale. Non è così. Il Sindacato non è soltanto servizio (Vedi CAF). Il Sindacato è costituito da tante categorie che si occupano di tutti gli ambiti del lavoro. Quindi, all’interno di quel contesto le donne possono trovare qualcuno che li ascolta, le aiuta, le tutela.. Avvicinarsi al Sindacato è importante non solo per compilare una domanda di disoccupazione, piuttosto che un altro atto burocratico, significa anche partecipare la vita del sindacato, riscoprire il fatto che la lotta collettiva determina anche dei cambiamenti. Questo accade tra l’altro, nei contesti lavorativi più disgregati, più difficili. Allora, il cambio di paradigma che dobbiamo provare a costruire è che quelle condizioni si cambiano se lavoriamo insieme e, la tutela e la rappresentanza può essere data solo da un soggetto collettivo che è il Sindacato.