Periodico registrato presso il Tribunale di Palermo al n.6 del 04 aprile 2012

Anno XII - Num. 57 - 09 dicembre 2024

Anno IV - Num. 21 - 02 marzo 2016 Politica e società

All’ARS le ragioni del SI’ di Lacorazza portavoce-delegato Regioni che hanno indetto referendum su trivellazioni

TRINACRIANEWS.EU HA INTERVISTATO PRESIDENTE ARS ARDIZZONE E PRESIDENTE CONSIGLIO REGIONALE BASILICATA, LACORAZZA, PORTAVOCE E DELEGATO REGIONI CHE HANNO INDETTO REFERENDUM CONTRO TRIVELLE

di Maria Pia Iovino

voto-elezioni-urne-URL IMMAGINE SOCIALMartedì 5 aprile, alle ore 10, nella Sala rossa di Palazzo dei Normanni, il presidente del Consiglio regionale della Basilicata, Piero Lacorazza, in qualità di portavoce e delegato delle Regioni che hanno indetto il referendum contro le trivelle, ha illustrato alla stampa le ragioni per cui è importante andare a votare e esprimersi per il “sì”. All’incontro con i giornalisti, nel quale è intervenuto il presidente dell’Assemblea regionale siciliana, Giovanni Ardizzone, che ha invitato i presidenti dei gruppi parlamentari dell’Ars erano presenti, tra gli esponenti dei vari gruppi all’Ars, Mariella Maggio (PD), Angela Foti (M5S), Giovanni Greco (Partito dei Siciliani – MPA), Antonio Venturino (Partito socialista Italiano PSE), Margherita La Rocca Ruvolo, (UDC). Erano presenti anche alcune associazioni, tra cui Legambiente, rappresentata dal Presidente Regionale, Gianfranco Zanna.

Giovanni Ardizzone aprendo i lavori, ha informato i presenti che la decisione di indire sei referendum, che poi è diventato uno, è stata assunta in sede di conferenza dei Presidenti delle assemblee e da Presidente Ars della Regione Sicilia non poteva dare il suo assenso positivo. La Basilicata è stata la Regione promotrice, con il proponente, il Presidente Lacorazza. Poi si sono aggregate la Calabria, la Campania, la Liguria, le Marche, il Molise, la Puglia, la Sardegna, il Veneto.

Ardizzone ha evidenziato l’assenza della Sicilia, dell’Abruzzo che, in un prima fase aveva aderito e poi, ha ritenuto opportuno non essere tra i promotori. “Indipendentemente dal quesito elettorale che viene posto, è chiaro che ogni referendum ha una valutazione politica – ha rilevato A. – “La valutazione politica che ho fatto nel momento in cui ho dato la mia adesione in quella sede è che con lo “Sblocca-Italia”, c’era un’aggressione, fatta pure con violenza, al sistema delle Regioni; un accentramento di potere sempre con a capo lo Stato, in un momento in cui il regionalismo ha avuto una serie di difficoltà insite nell’Istituzione Regione” – Continuando l’On. Ardizzone ha chiosato Ho ritenuto opportuno come siciliano, che a dire no deve essere la Regione, perché per tutte le autorizzazioni si bypassava la Regione siciliana, su ogni tipo di questione e di autorizzazione. Ci rendiamo conto che sono scelte di interesse primario per la Nazione. Però il nostro sistema è un sistema unitario. L’Italia è una, è indivisibile ma, fino a prova contraria, è fondata sulle Regioni. Quando non ci saranno più le Regioni allora se ne potrà discutere. Come siciliano ho inteso aderire alla proposta formulata dalla Basilicata perché mi sento doppiamente leso dalla vicenda trivellazioni, indipendentemente dal profilo che si affronterà con il referendum. Cioè, noi estraiamo un prodotto petrolifero dalla nostra terra, lo raffiniamo. Otto miliardi di accise vengono riversate nelle casse dello Stato. Però, sempre veniamo accusati di avere una sorta di disavanzo. C’è stata una politica miope in tal senso. Quindi, era un modo per mettere in discussione i rapporti, anche di natura finanziaria tra lo Stato Italiano e la Regione Siciliana.

Nel suo intervento Piero Lacorazza, ha evidenziato come l’AGICOM ha pubblicato un rapporto molto preoccupante sulla durata dedicata alla diffusione dei contenuti del referendum del 17 aprile, piuttosto ristretti di alcune reti televisive nazionali, a danno di una adeguata informazione degli elettori. Evidente il suo orientamento per il sì, cioè per l’abrogazione della norma che permette l’estrazione del petrolio fino all’esaurimento naturale dei giacimenti petroliferi, ma che permette lo sfruttamento fino alla scadenza delle concessioni alle compagnie petrolifere. Scelta che preserva i posti di lavoro e che garantisce il rispetto dell’ambiente, con le energie rinnovabili, come ha sostenuto Lacorazza: abbandonando gradualmente le estrazioni di idrocarburi per favorire energie pulite sarà possibile triplicare il numero di lavoratori occupati: Proprio il Ministro dell’Ambiente alcuni giorni fa ha affermato che gli operai delle trivelle sono in totale 36 mila addetti. Se si pensa che con un miliardo di investimento sul fossile si producono circa 500 posti di lavoro mentre con un miliardo di investimenti sull’energia pulita si producono circa 15mila posti di lavoro, appare evidente come anche sul piano dell’occupazione maggiori saranno i benefici ambientali e sociali qualora trionfasse il Si al referendum del prossimo 17 aprile. Continuando, Lacorazza, nel suo affondo sulla condotta del Governo Renzi sul referendum, che invita all’astensione degli elettori, ha colto uno spauracchio nella vittoria del si, sostenendo: “Se il governo avesse accorpato la consultazione referendaria con quella delle elezioni amministrative si sarebbero risparmiati circa 350 milioni di euro. Tutto ciò dimostra – ha concluso Lacorazzacome il Governo abbia un certo timore a lasciare agli italiani nella condizione di scegliere il futuro energetico del Paese.La verità è che occorrerebbe rivedere la strategia energetica nazionale. Non si può immaginare che questa strategia venga ridefinita, comprimendo prerogative delle Istituzioni e degli Enti locali. Noi abbiamo chiesto l’equilibrio tra industria e ambiente. MA, soprattutto quando si parla di una certa industria come quella petrolifera, a mare, occorre ancor di più l’equilibrio”.

TRINACRIANEWS.EU HA INTERVISTATO PRESIDENTE ARS ARDIZZONE E PRESIDENTE CONSIGLIO REGIONALE BASILICATA, LACORAZZA, PORTAVOCE E DELEGATO REGIONI CHE HANNO INDETTO REFERENDUM CONTRO TRIVELLE

GIOVANNI ARDIZZONE

D. Come spiegare che la Regione siciliana non sia tra le regioni promotrici del Referendum contro le trivelle, insieme alle altre 9 che l’hanno promosso?

R. Purtroppo questa è una pecca. Io mi ero impegnato in sede di conferenza dei Presidenti dell’Assemblea dove è maturata la decisione delle regioni, su proposta, proprio del Presidente Lacorazza di indire ben 6 referendum.  Purtroppo non si è raggiunto il numero di 46 voti favorevoli, anche se c’era la maggioranza dell’aula con 38 voti a favore, 16 contrari e 2 astenuti. Erano presenti e votanti 56  parlamentari regionali. Quindi, c’era la volontà di essere tra le regioni promotrici. Cerchiamo di riparare a quest’errore con la conferenza stampa di oggi. Quindi, il perché andrebbe chiesto ai singoli gruppi parlamentari che magari, non hanno ritenuto in quel momento,  in base alle loro valutazioni, di non dare alla Regione Sicilia di essere tra le 10 regioni che concorrevano.

D. C’entrano le royalties a cui qualche gruppo parlamentare poteva essere interessato con delle eventuali ricadute di interesse sul loro territorio di riferimento?

R. No. Io credo che sia stata una vicenda politica a livello nazionale. Se noi pensiamo che già l’Abruzzo si è defilato. Peraltro, abbiamo pure visto posizioni del Governo che “incitano” all’astensione” per non fare raggiungere il quorum!  C’era una forte contrapposizione tra lo Stato, sempre più accentratore e le Regioni. Io credo che siano le Regioni che controllano il territorio, nel senso buono del termine, a dire la giusta parola. Abbiamo avuto uno Sblocca-Italia che purtroppo, accentrava poteri in capo allo Stato.

D. Pensa che i cittadini siano realmente informati sulle ragioni del sì e sulle ragioni del no?

R. Assolutamente no. Nello specifico no. Tant’è che si è cercato di stendere il silenzio più appiattito in tutta questa vicenda.

D. Si è intravisto lo spettro delle mafie nelle energie rinnovabili. Non è meno verosimile che anche per le energie “tradizionali” si manifesti lo stesso spettro? Come se da ogni fronte siamo circondati da questo male che è onnipresente?

R. Mafia e corruzione. C’è di tutto!  Per quello che leggo dalla stampa, c’è mafia: laddove c’è denaro, c’è mafia, c’è corruzione. Noi dobbiamo guardare in positivo. Noi, non ci dobbiamo fare condizionare nelle opere di sviluppo, dalla criminalità organizzata diffusa che è sia in Sicilia, che nel resto d’Italia. Io temo molto “le zone grigie”.

D. E’ emerso un evidente scollamento politico tra lo Stato e le Regioni, che la dice lunga sull’assetto democratico del nostro Paese, a fronte di un Comitato d’affari che sembra aleggiare intorno. Cosa si sta facendo per impedire che questo scollamento si allunghi e la Regione divenga sempre più periferica in queste decisioni?

R. C’è una volontà di accentramento in capo allo Stato ed a togliere sempre più poteri alle Regioni.

D. Invece, l’art. 5 della Costituzione promuove le autonomie locali, quindi anche le Regioni? Che dire?

R. Mah, si sta cambiando la Costituzione.  C’è stato un attacco frontale, con grosse responsabilità nella gestione delle Regioni stesse, senza ombra di dubbio. C’è solo un precedente in settant’anni di Costituzione, che le Regioni indicono un referendum, ma che siano state addirittura nove Regioni a richiedere un Referendum, fa emergere che non è più questione di appartenenza politica, ma che c’è il fronte delle regioni che tiene rispetto ad uno Stato che ritengo “ accentratore”. Per quel che ha spiegato Lacorazza c’è un interesse ad accentrare. Quando in un referendum  addirittura, era previsto che con le autorizzazioni si superava la questione dei vincoli espropriativi e si esautorava l’ente locale e il Comune da incidere sulla questione delle autorizzazioni, la dice lunga.

PIERO LACORAZZA

D. Quando si promuovono le ragioni del No, e si vuole indurre il cittadino italiano a votare per il No, gli obiettivi veri quali sono?

R. Innanzitutto, utilizzano l’argomento “lavoro”, molto sentito dagli italiani, in un momento di crisi economica, in cui il lavoro manca e la prospettiva che si perdano altri posti di lavoro, fa breccia. Il punto fondamentale è che se ci abbarbichiamo su questi settori, tra due, tre, cinque, dieci anni, se ne perderanno molti di più di posti di lavoro. L’importante per noi è invece, cominciare a riconvertire, per mantenere questi posti di lavoro, ma anche per crearne di nuovi. La cosa che, secondo me, non va bene è questo eccessivo scontro che c’è, utilizzando alcune volte, i lavoratori come scudo comunicativo delle lobby. Questo non va bene, perché si potrebbe dire che ci sono altre realtà italiane dove si estrae petrolio e gas e si applicano contratti di lavoro a due mesi, a tre mesi; le imprese dell’indotto lavorano con ribassi eccessivi, del 30, 35, 40%. Che senso ha mettere lavoratori contro lavoratori, imprese contro lavoratori. Le lobby fanno la loro attività: dicono che bisogna continuare ad estrarre in Italia petrolio e gas ed hanno un’altra opinione.

D. Cosa ci può dire di chi intravede questo Referendum come “un attacco al Governo”?

R. Excusatio non petita, accusatio manifesta -“Scusa non richiesta, accusa manifesta”, nel senso che, si vuole in qualche modo, trasformare il carnefice in vittima. Francamente, noi abbiamo proposto un referendum a cui ha dato l’ok la Corte di Cassazione e la Corte Costituzionale. Questo è importante spiegarlo perché. Noi non abbiamo detto: comunque, dobbiamo farlo! La Cassazione e la Corte Costituzionale hanno definito elusiva, su questo quesito, la norma che il Governo ha cambiato; cioè quella sulla vita utile del giacimento, elusiva rispetto alla nostra proposta, cioè di dare un fermo graduale alla scadenza naturale delle concessioni alle compagnie petrolifere.

D. La qualità del petrolio che sarebbe estratta dai giacimenti italiani com’è, rispetto a quella ottima dei paesi Arabi e con un prezziario a deciso ribasso?

R. Ci sono studi diversi ed opinioni diverse. Non si tratta in quel modo di entrare nel merito, perché la scienza e le valutazioni sono opposte, anche in questo caso. Il punto fondamentale è la scelta politica. Contesto la scelta di chi vuole estrarre idrocarburi, ma la capisco. Io e tanti altri come noi, dicono che bisogna scegliere altro, andare in altra direzione. Noi non diciamo che il 18 aprile chiuderemo le trivelle. Ma, diamo una gradualità. Il tempo c’è per riconvertire. Anche la modica quantità di petrolio estratto in Italia (1, 5%) è utile al nostro fabbisogno energetico. Noi diciamo che questa gradualità la si gestisce, la si governa insieme Stato, Regioni ed enti locali. Ci vorrebbe un Referendum di buon senso.

D. Al cittadino confuso, che il 17 aprile non sa cosa votare, se sì o no, lei cosa consiglia e perché?

R. Io consiglio sempre di informarsi, di fare un ulteriore sforzo, di ascoltare, di chiedere, perché in questi pochi giorni che ci separano dal voto c’è anche il futuro dei propri figli e quindi, forse, bisogna da parte di  tutti dedicare un po’ di tempo in più all’informazione.

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