Palermo – Il 7 dicembre 2012 TrinacriaNews si è recata a Palazzo Branciforte per l’anteprima della mostra di Mimmo Cuticchio Tradizioni in Viaggio, con una esposizione che svela i caratteri emotivi, simbolici e divertenti di ogni singolo Pupo.
Il luogo d’esposizione dei Pupi – una sala con le impalcature di legno e luci soffuse – evidenzia il rispetto che ha Cuticchio per i suoi Pupi anche nell’appenderli in modo che possano trasmettere al meglio. Un piccolo, grande mondo in miniatura dove legno e fili sono fondamentali per dare loro vita.
In laboratorio abbiamo più di 1200 Pupi esposti che si avvicendano di periodo in periodo per cercare di mostrarli ai turisti e alle scolaresche;– dice il Maestro – oggi vi mostreremo i nuovi Pupi che saranno messi in scena prossimamente.
Mimmo Cuticchio è stato un pioniere del Teatro dei Pupi. Ha creato il primo teatro in via Bara all’Olivella a Palermo, un luogo ancora “inesplorato” che metteva paura negli anni settanta. A 25 anni ebbe il coraggio di investire sul territorio siciliano, prima ci aiutò la nostra madre, che è Palermo, poi ci aiutò il mondo che è stato nostro Padre, racconta. La prima tournée fu nel 1974 a Milano per il Festival dell’Unità e poi con la compagnia Figli d’Arte Cuticchio che giunse fino al Galles partecipando al festival dei Giovani Arrabbiati. La risposta del pubblico degli spettacoli all’estero fecero capire che: il Pupo è un mezzo di comunicazione, non è un fantoccio, non è una semplice marionetta, dove ci si ferma alla bellezza. E’ un quadro vivo, e, quando nasce, nasce come personaggio e ha una storia.
Il maestro Cuticchio ha voluto raccontare la storia dei sui Pupi siciliani.
Cuticchio si ispira inizialmente ai canovacci del padre: Genoveffa di Brabante, Margherita da Cortona, ecc… tutti spettacoli che aveva visto fare al padre. Ne scrisse di nuovi canovacci e quando capì che sapeva leggerli e scriverli passò ai copioni. Il copione non voleva essere un limite tanto da renderlo un mero racconto, ma voleva che contenesse anche una morale. “L’urlo del Mostro” ne è un esempio, scritto con Salvo Licata – giornalista e drammaturgo – che per 10 anni collaborò con Cuticchio iniziando con il San Francesco. Il Maestro si occupava della scrittura scenica mentre Licata delle parole. Si coagulavano, quindi, studio e ricerca per poi raccontarle in scena. Con San Francesco si vuole esprimere un messaggio forte e chiaro contro la guerra, ed è stato portato in scena proprio per questo. Il Santo, nel racconto, si esprime contro le crociate così come Cuticchio intende esprimersi contro la guerra in Iraq che si consumava proprio in quel periodo.
L’urlo del Mostro, invece, è legato alla crisi dell’opera dei pupi: da un lato c’era Ulisse che partito da Troia andava verso Itaca e incontrava tutti i suoi mostri; dall’altro c’era Mimmo Cuticchio che andava a cercare la propria Itaca, una sorta di identificazione con l’Odissea. Il Maestro, infatti, era smarrito, ha vissuto una storia di terribile indecisione artistica: se mantenere le proprie tradizioni teatrali o rinnovarsi e rappresentare nuovi effetti scenici. E allora andavo alla ricerca della mia Itaca, per questo Ulisse è stato fatto con la mia faccia nell’89 quando abbiamo messo su questo spettacolo. Cuticchio fa notare come i Pupi di questa perfornamance non siano colorati proprio per manifestare come in quei momenti nella sua vita non c’erano colori, espressioni di gioia e sorriso. Inoltre, così come Ulisse incontrò sua madre nel regno dei morti, Cuticchio incontra suo padre.
Il Carlo Gesualdo – continua il Maestro – proviene da una richiesta dall’Accademia Musicale Chigiana dal direttore Aldo Bennici anch’egli palermitano. Bennici commissiona una rappresentazione della vita di Carlo Gesualdo (noto compositore di madrigali) con le musiche di Salvatore Sciarrino (palermitano) e una volta letto il testo e gli atti del processo pareva qualcosa da opera dei pupi. Il lavoro di Cuticchio per la realizzazione dei pupiè stato minuzioso e preciso riprendendo esattamente la simbologia e la fisionomia fedelmente ispirata ai dipinti dell’epoca: Maria D’Avalos che è la moglie; Giulio Gesualdo, lo zio; Fabrizio Adinolfi, il segretario; la vecchia zia, la marchesa; l’Arcivescovo di Napoli e poi l’amante della moglie, Fabrizio Carafa.
Un’altra rappresentazione è il Macbeth, dramma rappresentato in due edizioni: una con i Pupi ad altezza d’uomo, addirittura di 180 cm, e l’altra a misura standard. I Pupi grandi erano belli, ma mastodontici, una sofferenza per i collaboratori che accusavano comprensibili sofferenze fisiche nel gestirli. I pupi ad altezza d’uomo sono stati sempre un mio sogno fin da bambino – continua Cuticchio – però, ho fatto un errore: i pupi sono grandi anche da piccoli, non bisognava misurarli ad altezza. Non è la grandezza a fare bello il pupo e la sua storia. Secondo il maestro riducendone la misura i pupi ritornano ad essere grandi nella loro reale e giusta dimensione. Un’altra caratteristica da non sottovalutare è la costruzione del Pupo. Esso, infatti, è costruito a mano secondo regole artigianali antiche e tradizionali. Il motivo di vanto del Maestro Cuticchio sta proprio nell’artigianalità che ha il suo teatro che lo porta ad autodefinirsi un “artista artigiano”, possono cambiare gli stili, i colori, i testi, ma la lavorazione rimane fatta a mano: tutto in legno con teste di cipresso, che non tarla, il corpo di faggio o di abete a secondo se sono donne o guerrieri. I vestiti, invece, cuciti a mano prima dalla mamma e poi dai nuovi collaboratori del teatro, dando lavoro a qualche figlio di artigiano.
“Il Don Giovanni”, invece, lo considera uno spettacolo molto divertente ma che allo stesso tempo molto impegnativo. Più leggevo libri sul Don Giovanni, più veniva difficile pensare a farlo con i Pupi; poi a suggerirmi la chiave di lettura sono stati i pupi stessi. Cuticchio ci ha spiegato come un giorno, mentre era nel suo laboratorio si mise a parlare con i pupi, io con i pupi ci parlo, ci dormo, ci vivo. E si disse:- visto che non sai come raccontare Don Giovanni fallo raccontare a Leporello. Leporello, pupo di farsa, era appeso dietro ad altri duecento Pupi, erano anni che non lo prendevo, così ho pensato di farlo diventare il servo di Don Giovanni.
Il mondo del combattimento di Tancredi e Clorinda, ci racconta, cominciò nel 1984, quando col Maestro Sergio Vartolo – direttore d’orchestra italiano –, a Ferrara, iniziò la prima sperimentazione. Il cunto, il racconto, la storia, adesso, non si limitava solo alla musicalità, ma anche al significato. Nel combattimento oltre alla scansione delle parole si ha l’immagine data dal Pupo che esprime il reale significato intrinseco di ciò che interpreta. I protagonisti qui sono: Pietro detto l’Eremita, Goffredo di Buglione, Tancredi e il mago Ismeno e il personaggio principale, Clorinda. Insieme all’esercito e ai personaggi secondari. Angelica, in questo tipo di rappresentazione fa da padrona, è colei che fa perdere la testa a tutti i paladini e saraceni.
Il tour a Palazzo Branciforte di Cuticchio termina con i Pupi nuovi e col mostrarci il retroscena del teatrino tradizionale. Il teatrino è stato costruito dallo stesso Cuticchio e da suo padre. Vista l’esigenza di spostarsi fuori Palermo si sentì la necessita di studiarlo e crearlo smontabile in modo da ricostruirlo in ogni spazio. Rinaldo, Orlando, Ruggiero, Carlo Magno, Astolfo, Brandimarte, Salatiello, Re Marsilio, il Gigante Gattamugliere, Ferraù, sono alcuni dei personaggi che fanno parte degli spettacoli tradizionali che il Teatro ha portato in giro per il mondo. Qui abbiamo messo una piccola rappresentanza di cristiani e saraceni, di giganti e persino un “di più”, come direbbe Pirandello, per amore dell’arte: un ragazzo col cagnolino.
Tradizione non significa conservazione, – afferma il Maestro Cuticchio – ma significa portare avanti; non far morire, così come l’uomo si rinnova continuamente, anche per i Pupi è la stessa cosa.
Oggi, allora, più che una memoria per i vecchi è una scoperta per i giovani. Per gli uomini di una certa età il teatrino dei pupi può essere una rievocazione della memoria che porta alla nostalgia; mentre i giovani dovrebbero accorgersi che questo è un teatro che ancora emoziona, è un teatro vivo perché i pupari sono vivi, perché le storie parlano con un linguaggio corrente e con metafore che sono straordinarie e dirette espressioni di ciò che succede oggi.
Ascolta l’audiointervista in alto dove il Maestro Mimmo Cuticchio risponde alle seguenti domande:
- Maestro, perché, secondo lei, è importante continuare a diffondere il teatro dei Pupi Siciliani nel territorio italiano ed internazionale, cos’hanno di speciale?
- Quali sono i prossimi progetti che ha in mente per il suo teatro
Sul sito internet Figli D’Arte Cuticchio raggiungibile cliccando qui troverete gli spettacoli in corso e i prossimi appuntamenti dell’Associazione