Palermo – Si è tenuta alla libreria Feltrinelli la presentazione del libro di Davide Camarrone L’ultima indagine del commissario (Edizioni Sellerio).
Si tratta di un giallo storico ambientato a Palermo nel 1911, il cui protagonista è il Cavalier Eugenio Garbo, un commissario di polizia che indaga sulla sparizione di un agente. Partendo da questa indagine, il personaggio giunge ad un altro delitto ad esso collegato, quello di un altro agente, che aveva sventato l’attentato al Procuratore del Re Diotallevi. Da qui si dipana l’intreccio del romanzo in cui mafia, affari e potere si mischiano. Il libro rappresenta dunque un modo per compiere un’analisi della storia di Palermo attraverso le vicende e le indagini del protagonista. L’opera racconta una storia immaginaria, ma alcune delle vicende trovano una corrispondenza con fatti storici realmente verificatisi alla fine del Novecento, come il fallito attentato a Giovanni Falcone all’Addaura. Nel libro esistono altri parallelismi che esprimono in maniera chiara quanto quei tempi fossero simili ai nostri. Il tentativo di strage del 1989 a Giovanni Falcone fu una delle pagine più oscure della nostra storia – ha detto ai nostri microfoni – mi ispiro a quei fatti, ma cerco di raccontare una storia più generale che possa rappresentare il paradigma del rapporto tra la mafia e gli altri poteri.
Il romanzo propone una storia avvincente, in cui emerge una grande ricchezza di personaggi dalla forte identità. Sicuramente particolare è la figura del Commissario Garbo. Egli è, infatti, immerso nella sua realtà, ma ne è al contempo alieno, vivendo come un personaggio ai margini. Interessante è anche la scelta linguistica dell’autore di usare una prosa che richiami la lingua ed il vocabolario dell’epoca della Belle Époque.
Durante la presentazione, Davide Camarrone ha spiegato il perché della scelta di ambientare il romanzo all’inizio del Novecento. Secondo Hobsbawm il cosiddetto “secolo breve” ebbe inizio nel 1914. Secondo il mio punto di vista esso invece cominciò nel 1911 con l’impresa libica, con la scintilla espansionistica che generò lo scontro tra le grandi potenze. Studiando meglio il ‘900 ho scoperto tante cose. Nel libro – ha affermato – ho voluto un po’ demistificare l’idea che tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento ci fosse a Palermo un’età d’oro da rimpiangere. Secondo la mia opinione non fu affatto così. Palermo era una città ignorante. È vero, c’erano dei formidabili architetti e delle maestranze colte, ma la cultura autentica era in una parte della città. Si trovava nelle maestranze e nelle corporazioni che non a caso vennero cacciate a forza con lo sventramento avvenuto per la realizzazione di Via Roma. Si tratta di un castello di ipotesi, ma è necessario rinunciare ad ipotesi consolatorie e ragionare sulla rovina della città e anche sulla nostra responsabilità. Non facciamo un favore a questa città se continuiamo a immaginare che ci sia stata un’età d’oro e che improvvisamente qualcosa si è rotto.
Una frase del libro letta durate la presentazione è stata oggetto di riflessione da parte dell’autore. I crimini più odiosi si realizzano in silenzio tra un omicidio e l’altro. […] Era proprio nei tempi di quiete che occorreva occuparsi di quelle ostilità e di quei commerci, […] se si voleva dare un senso al sangue che di tanto in tanto colava dai marciapiedi.
Proprio in riferimento a questo estratto, Davide Camarrone ha espresso il suo giudizio sulla situazione in cui Palermo si trova attualmente. Viviamo in uno dei momenti peggiori della storia della città – ha detto con amarezza – credo che si dovrebbe ragionare ed eliminare quelle falsità che negano la rivoluzione. A Palermo non si può parlare di rivoluzione e cambiamento, perché è come se ci fosse una sorta di patto della menzogna e della corresponsabilità. Bisogna invece iniziare a separare le responsabilità. Quando nel libro faccio dire ad una sorta di terzo narrante che bisognerebbe utilizzare i tempi di quiete, intendo che in realtà non è la soluzione di un singolo caso, di un singolo omicidio e di una singola strage a determinare un cambiamento reale. Dobbiamo ipotizzare una normalità radicalmente diversa dall’attuale.
La redazione di TrinacriaNews ha incontrato Davide Camarrone, il quale ha spiegato quale è, secondo lui, la speranza di Palermo. La Sicilia è una terra di grandi talenti e di tante contraddizioni. Questa è una città che ha rinunciato con le ruspe e con la violenza a una parte significativa della propria storia. È una terra che dopo avere rinunciato alla diversità di popoli che l’hanno attraversata per molti secoli, può tornare ad essere vitale se diventa di nuovo una terra di pluralità. Abbiamo la straordinaria opportunità delle migrazioni e credo che questa sia in realtà l’unica possibilità di sconfitta dei violenti.
Durante l’intervista ha spiegato anche la sua suddivisione della società fra “eroi”, “vincitori” e “sconfitti” e l’analogia con Sciascia e Il giorno della civetta. Sciascia faceva una distinzione sull’essere uomini – ha detto – io in realtà ho proposto una distinzione più sociale. Includo fra gli “sconfitti” anche le persone perbene, quelle che riescono solo marginalmente a trovare nella vita quotidiana una possibilità e che poi vengono sconfitte, perché quello che le circonda è più forte. Vi è anche una categoria di sconfitti molto meno nobile, quella dei cosiddetti “vincitori”. Sono coloro i quali sfruttano le armi della violenza e dell’inganno per emergere e sconfiggere i migliori. Infine, vi sono gli “eroi”, quelli che con la loro abilità riescono non solo a sopravvivere, ma anche a cambiare le cose. Noi abbiamo bisogno di far diventare gli sconfitti gli eroi della nostra vita quotidiana.
In conclusione dell’intervista, l’autore ha anche affermato di lavorare attualmente alla redazione del romanzo sulla prima indagine del Commissario Garbo, ambientata tra Palermo e Roma a metà degli anni ’70 dell’Ottocento.
A disposizione dei lettori di TrinacriaNews la videointervista che abbiamo realizzato. Le domande che abbiamo rivolto sono state le seguenti:
- Il libro è ambientato nel 1911, il Cavalier Garbo è un uomo dello Stato che si trova a lottare contro la mafia ed i patti stretti con lo Stato. È possibile un parallelo con la storia recente?
- Nel romanzo vi è un forte riferimento alla “Belle époque” ed al suo tramonto. Qual è l’immagine della Sicilia del tempo che emerge?
- Il Cavalier Garbo divide l’umanità in tre categorie: gli eroi, i vincitori e gli sconfitti. Qual è il senso di questa divisione ed esiste un richiamo a Sciascia ed al suo “Il giorno della civetta”?
- La storia del personaggio si presta ad essere percorsa anche in altri romanzi. Ha già in cantiere un’altra storia?