Palermo – Si è tenuta alla Libreria Feltrinelli la presentazione del libro di Margherita Bonomo Le Gattoparde. Sentimenti e potere di una famiglia aristocratica nella Sicilia borbonica (1824-1863) (Bonanno Editore). All’evento hanno partecipato la storica e scrittrice Amelia Crisantino ed il Segretario Regionale della Cgil Sicilia Antonio Riolo.
In un affresco inedito di una famiglia siciliana nobiliare dell’Ottocento, l’autrice ripercorre lo scambio epistolare degli Statella, una delle più antiche casate della Sicilia orientale. La corrispondenza privata è quella di Antonio Statella, Principe di Cassaro, che si rivolge alla moglie Stefania Moncada Paternò ed alle due figlie Eleonora e Caterina, mentre si trova lontano da casa per i suoi incarichi di Ministro degli Esteri del Regno delle due Sicilie (dal 1830 al 1840) e di Ministro dopo lo sbarco di Garibaldi. Le lettere, relative ad un periodo compreso tra il 1824 ed il 1863 e conservate ancora in buono stato nell’archivio di famiglia, offrono uno spaccato inatteso delle famiglie aristocratiche del tempo. In particolare, le tre donne che emergono dal carteggio invertono alcuni stereotipi legati alla figura femminile nobiliare del periodo. Stefania, Eleonora e Caterina sono figure dalla femminilità indipendente e dalla mascolinità tenera, mostrando vivacità culturale ed abilità nella conduzione degli affari di famiglia e nella partecipazione ai sommovimenti politici. Si tratta di periodi in cui la donna era equiparata all’incapace – sottolinea l’autrice durante la presentazione del libro – non poteva acquistare immobili, né prestare testimonianza. La donna coniugata era interdetta, al contrario le donne della casa Statella non hanno assolutamente questo ruolo. Le Gattoparde, così come le ha ribattezzate l’autrice, sono colte, conoscono le lingue e possiedono un’istruzione pari a quella dei fratelli. Caterina, ad esempio, è un’appassionata di astronomia, una provetta giocatrice di scacchi, una musicista ed un’artista di grande livello.
Il Fondo Statella è un archivio prezioso, ben conservato, costituito da numerosi volumi, in cui vengono trattati gli aspetti privati e non della famiglia in un periodo compreso fra il Cinquecento e l’Ottocento. Il Fondo venne ceduto dalla famiglia all’Archivio Centrale di Stato ed in seguito venne trasferito a Ragusa, in quanto fra gli altri possedimenti, gli Statella erano anche i feudatari di Spaccaforno, l’odierna Ispica. Dall’antico carteggio emerge l’immagine di una famiglia “borghese”, basata sul rispetto, sull’intimità delle relazioni, sulla comprensione fra sessi, in un modello egualitario che si distacca nettamente dalle immagini de I Viceré di De Roberto. Il matrimonio tra Antonio Statella e Stefania Moncada è basato sull’amore e sull’affetto reciproco, tanto che i coniugi si danno del “tu”. Si tratta di una coppia solidale, in cui Stefania sostituisce il marito lontano per incarichi governativi, gestendo gli affari di famiglia e le proprietà. Dai rapporti di Antonio Statella con la moglie e le figlie, è evidente una grande stima e considerazione nei confronti del sesso femminile.
Margherita Bonomo è una storica del Novecento ed ha confessato in principio di essere stata anche lei guidata dagli stereotipi, non essendosi mai occupata dell’Ottocento. Non mi aspettavo di imbattermi in figure di questo tipo – ha affermato l’autrice in occasione della presentazione del libro – Antonio Statella fa parte della più antica nobiltà siciliana, appartiene ai vertici dello Stato Borbonico, ma è un padre di grande modernità, dalla grande sensibilità ed affettività nei confronti della moglie e delle proprie figlie. Nella famiglia vi è un’intimità che non mi aspettavo. Il padre predilige le figlie femmine ai maschi. Quando è a Napoli, sceglie Eleonora per la gestione dei suoi patrimoni.
Ai microfoni di TrinacriaNews, Margherita Bonomo ci ha parlato del suo lavoro impegnativo di ricerca e di studio all’interno della corrispondenza dell’archivio Statella. Ho avuto l’idea di studiare le carte familiari, piuttosto che quelle che riguardavano la politica e l’amministrazione. È venuto fuori quello che le storiche da tempo sottolineano, cioè che le figure femminili sono spesso tenute in ombra anche a livello di archivistica. Spesso accade nei fondi archivistici che donne che hanno svolto un ruolo fondamentale ed attivo ad esempio nel Risorgimento, vengano nascoste ed assorbite dietro i nomi dei mariti e dei padri. Mi sono confrontata con manoscritti con un inchiostro spesso sbiadito e con una scrittura ottocentesca. Il primo approccio non è stato dei migliori, ma a poco a poco sono riuscita a decifrare la scrittura ed il mio lavoro è diventato appassionante. Ho trovato lettere palpitanti di vita, di dolore, di gioie condivise e di grandi sofferenze. Leggendo le lettere si è creato uno stretto legame, mi sono affezionata a queste donne. Mi sentivo di pregare per la loro felicità, perché mi utilizzassero come mezzo per esprimere quello che non avevano potuto dire.
L’autrice si è soffermata anche sulla scelta del titolo Le Gattoparde per il suo libro. Si tratta di donne dell’alta aristocrazia, che dimostrano una forte capacità nell’affrontare la vita, non solo all’interno delle loro pareti domestiche, ma in occasione degli avvenimenti politici, della grande storia. Sono donne di grande cultura, che sanno superare gli abissi del dolore per la perdita delle persone care, che si impegnano nel lavoro, che diventano agenti di storia rispetto a situazioni estreme, come può essere, ad esempio, una separazione, in un momento storico in cui le donne che abbandonavano il tetto coniugale venivano rinchiuse o assassinate.
In particolare, la figura di Caterina è quella che, per la sua modernità estrema, ha toccato di più l’autrice. Nel 1844 sposò per amore il Marchesino di San Giuliano, si attivò personalmente per la raccolta dei fondi per sostenere il comitato rivoluzionario ed assistette alla presa di palazzo Ursino. Nel 1861, stanca di soffrire per i continui tradimenti del marito, decise di separarsi, trasferendosi a Palermo con il suo amante e lasciando il figlio. Il padre non era d’accordo con le sue decisioni, ma in un secondo momento capì la ragioni della figlia, cominciando a sostenerla seppur da lontano. Non potendo sopportare che il figlio si dimentichasse di lei, decise di tornare a Catania. Nell’800 la donna ha un ruolo di educatrice forte – afferma a questo proposito Margherita Bonomo – ma Caterina rivendica i suoi diritti non di ruolo, ma affettivi, perché ha il diritto di godere di suo figlio. Affitta una casa e lotta per avere il figlio presso di sé.
Anche Eleonora è un donna particolare, sposa il Principe di Partanna, ma rimane vedova. Secondo l’usanza del tempo sarebbe dovuta tornare presso la famiglia di origine o presso i suoceri, al contrario diventa il capo famiglia, rimane nel palazzo del marito e conduce con successo gli affari suoi e del padre.
Interessante è stata anche la puntualizzazione dell’autrice per quanto riguarda la lingua italiana utilizzata per la corrispondenza fra Antonio Statella e le donne della sua famiglia. L’italiano con cui sono state scritte le lettere le rende fruibili. La duttilità e la vivacità formale della lingua, la disinvoltura e la varietà dei toni utilizzati, ci fanno ipotizzare l’uso anche nel parlato di un italiano familiare, di una lingua comune adatta alla comunicazione quotidiana. Mi ha colpito molto il fatto che uomini e donne della corte dei Borboni utilizzassero un italiano moderno, fluente e molto vicino al nostro. È singolare che a parlare e scrivere in italiano fossero proprio loro, mentre chi poi effettivamente “farà” l’Italia, Vittorio Emanuele, Cavour scrivevano e si esprimevano in francese.
Alla presentazione è intervenuto anche il Segretario Regionale della Cgil Sicilia Antonio Riolo.
Margherita è riuscita a ribaltare i luoghi comuni sulla questione siciliana, in uno dei passaggi epocali più importanti, che è quello risorgimentale e quello immediatamente post-unitario – ha affermato – approfondisce il carteggio anche da aspetti psicoanalitici. Margherita Bonomo non è una storica qualsiasi, perché è legata al cinema. Offre l’opportunità non solo di sfatare tanti luoghi comuni, ma di portarci dentro delle stanze, dentro il cuore delle famiglie tra Catania, Palermo, Napoli e la Spagna; ciò che purtroppo molti storici non fanno. C’è un ribaltamento non solo storico, ma anche dal punto di vista dei ruoli e della funzione dirompente femminile in Sicilia.
La storica e scrittrice Amelia Crisantino ha sottolineato l’importanza di un testo che “ribalta” l’immagine dell’Ottocento siciliano, portata avanti da opere letterarie in cui la famiglia è dipinta in maniera terribile, basata sulla violenza dei rapporti, come Il Gattopardo, I Viceré e I vecchi e i giovani. Il Gattopardo è un alibi collettivo, diventa un tòpos che ritorna, uno stereotipo – ha affermato – questo libro ha il merito di dimostrare che le Gattoparde erano tutt’altro che Gattoparde. Sono delle donne “borghesi”, che lavorano e che seguono gli affari. Qualcosa che nel senso comune è lontanissimo dalla nobiltà siciliana. L’Ottocento siciliano purtroppo non viene studiato; è come se il regno borbonico fosse una parentesi vuota. Avvicinandosi però lo stereotipo non regge. È importante che si mostrino queste immagini di donna che vive il suo tempo. Il merito di Margherita è quello di avere scoperto questo carteggio, seguandolo con delicatezza; si tratta di una corrispondenza privata e bisognava avere mani delicate per poter scrivere di queste lettere.
A disposizione dei lettori di TrinacriaNews la videointervista all’autrice che abbiamo realizzato in occasione della presentazione del libro. Le domande che abbiamo rivolto all’autrice sono state le seguenti:
- Il suo libro dipinge un affresco inedito di una famiglia nobiliare ottocentesca, in cui le figure femminili emergono e ribaltano degli stereotipi. Quale realtà inaspettata viene descritta nel suo libro?
- Perché la scelta del titolo Le Gattoparde?
- Ci parli del suo lavoro di ricerca all’interno del Fondo Statella.
- Ci parli delle sua sorpresa nel constatare l’utilizzo della lingua italiana per la corrispondenza della famiglia Statella.