Palermo – Nel Salone Lavitrano del palazzo Arcivescovile si è tenuto un incontro organizzato dall’Ufficio Comunicazioni sociali dell’Arcidiocesi di Palermo, in collaborazione con l’Ordine dei giornalisti, l’Assostampa, il Gus e l’Ucsi Sicilia, in occasione della festa di San Francesco di Sales, patrono dei giornalisti.
Tema dell’incontro: “Comunicazione e misericordia: come comunicare la misericordia e il perdono nell’anno del Giubileo”, la riflessione è partita dalle parole del Santo Padre Francesco nel suo messaggio della 50a Giornata delle Comunicazioni sociali: “La comunicazione ha il potere di creare ponti, di favorire l’incontro e l’inclusione, arricchendo così la società. Le parole possono gettare ponti tra le persone, le famiglie, i gruppi sociali. Persino quando deve condannare con fermezza il male, cerca di non spezzare mai la relazione e la comunicazione”.
Hanno partecipato all’incontro l’Arcivescovo mons. Corrado Lorefice, don Pietro Magro, direttore dell’Ufficio per la pastorale dell’Ecumenismo e il dialogo interreligioso e il Presbitero Andrew Parfenchik della chiesa di San Alexander del patriarcato di Mosca che dialogheranno con il presidente dell’ordine dei giornalisti di Sicilia dr. Riccardo Arena, il presidente dell’Ucsi Sicilia, dr. Domenico Interdonato e il vice segretario dell’Assostampa dr. Massimo Bellomo. A moderare il convegno il direttore dell’Ufficio Comunicazioni Sociali dr. Pino Grasso.
Il presidente dell’Ordine dei Giornalisti della Sicilia Riccardo Arena ha sottolineato nel suo discordo introduttivo l’importanza della laicità del giornalista: Il popolo dei giornalisti non ha una Chiesa, ma è una genìa formata da ottimi figli della Chiesa, da brave persone che non necessariamente coincidono con i bravi cristiani, da uomini e donne che magari la fede l’hanno persa o non l’hanno mai avuta, da laici che sono persino capaci di pensare da persone che credono nei valori. Mi tocca rappresentare una categoria che dovrebbe essere irriverente per antonomasia eppure in alcune sue componenti appare sin troppo riverente. Vorremmo essere chiesa laica nella chiesa e ritrovarci attorno ai valori non necessariamente religiosi della chiesa ma i valori aconfessionali dei termini della professione, della facoltà incondizionata di credere o di non credere sale di qualsiasi religione che tenga al proprio fine ultimo e più nobile quello della vera libertà dell’uomo che è principalmente libertà di scelta.
L’arcivescovo mons. Corrado Lorefice rivolgendosi ai giornalisti presenti ha parlato dell’importanza della parola e del dialogo nella comunicazione. Una parola vera che esprima verità e la notizia, proprio per il raggiungimento della verità, secondo Lorefice, non va edulcorata.La comunicazione deve servire per creare incontri. E ha esortato, inoltre, i presenti a mantenere alto il tenore di ciò che si comunica.
Vorrei esprimere tutta la mia stima e la gratitudine per il vostro servizio – ha detto – perché comunicare significa incontrare. Voi annoverate nel vostro servizio dei martiri come annovera dei martiri la nostra amata Chiesa e tutte le altre Chiese. Gente che ha espresso una fedeltà alla parola. La mia stima per il vostro lavoro nasce da questa consapevolezza: che dobbiamo mantenere alto il tenore della nostra comunicazione. Siamo in un contesto culturale che a volte ci chiede di consumare e si può entrare nel vortice del consumare e della notizia che si deve vendere, così la mia stima sarà anche esortazione permanere il tenore alto della parola, di ciò che comunichiamo. Gratitudine ma anche volontà di camminare insieme, se mi chiedete di restare sulle grandi parole io sarò al vostro fianco! Noi non siamo per la cronachistica, per il racconto che potrebbe essere mera eclatanza, ma per la vera storia anche per chi e di chi non ha nessuno che gli può dare parola.
Mons. Lorefice ha ricordato che il Papa nella 50a giornata dedicata alle Comunicazioni sociali nel suo messaggio ha legato la parola comunicazione a un’altra parola: misericordia per un incontro fecondo.
Ha, poi, presentato il presbitero Parfenchik: apparteniamo alla stessa tradizione che è quella che si lega a un nome Gesù di Nazareth, tradizione che affonda le radici in quell’evangelo che Gesù ci ha rappresentato con parole e segni che Dio ama gli uomini ed è Emmanuele e se ha una predilezione ce l’ha per i più lontani e fragili. Abbiamo delle diversità e ciò non
impoverisce l’appartenenza alla tradizione ma la arricchisce e noi oggi abbiamo gioito dell’incontro.
Ha, infine, raccomandato di dare parola a chi non ha parola, una parola che assuma l’altro nella bellezza della sua concreta esistenza in un cammino che ci deve vedere corresponsabili.
Don Piero Magro ha ribadito l’importanza dell’incontro e della parola: Quello che noi diciamo può rimanere soltanto una parola ma se non avviene l’incontro tra le persone non realizziamo nulla ma zappiamo nell’acqua. Ha parlato dell’impegno della diocesi di Palermo che sin dagli anni ’70 ha organizzato incontri tra chiese cristiane e che ultimamente ha anche realizzato incontri con il mondo islamico, soprattutto per gli atti di terrorismo che hanno creato tensione sia all’interno del nostro mondo occidentale sia nel mondo occidentale islamico. E, infine, ha descritto come sono nati i rapporti tra la Chiesa cristiana cattolica di Palermo e la Chiesa cristiana ortodossa di Mosca a Palermo Con la chiesa del patriarcato di Mosca non avevamo rapporti sia perché si sono stanziati a Palermo da poco e precisamente nel 2013 sia per la difficoltà della lingua e anche perché non siamo stati aiutati da altre componenti religiose, ad incontrarci, ma avevo sempre l’idea di questo incontro e sapendo dell’incontro storico che sarebbe avvenuto a Cuba tra il Patriarca Russo Kirill e il nostro Papa ho pensato che questa poteva essere l’occasione dell’incontro con la Chiesa cristiana ortodossa di Palermo e nonostante la difficoltà della parola siamo riusciti a intenderci e, tra l’altro, da parte del presbitero Andrea c’era l’attesa, infatti, lui aspettava che avvenisse questo incontro ed ecco che è avvenuto anticipando l’incontro storico che avrà il Papa per una vicinanza che non finirà mai più!
Presbitero Andrea ha voluto evidenziare la rilevanza dell’incontro di Cuba che è un passo verso l’unione tra le due Chiese: Noi ci troviamo alla vigilia di un evento storico molto importante, domani a Cuba il Patriarca incontrerà il Papa Francesco e per sottolineare l’eccezionalità di questo evento vorrei ricordarvi che l’ultimo incontro tra il rappresentante del patriarcato di Mosca è avvenuto 600 anni fa e dopo 600 anni si incontrano due mondi, la tradizione occidentale e quella orientale.
E’ un passo molto importante verso la nostra unione. Cristo ha detto che siamo tutti uniti ed è Li che ci ha chiamai a questa unione. La chiese tradizionali cristiani hanno elementi comuni ma ci sono delle piccole differenze, qualcuna è dogmatica, liturgica, ma fino all’XI sec abbiamo tutti santi comuni e crediamo tutti nell’unico Signore Gesù Cristo figlio unigenito di Dio e veneriamo tutti la Santissima Madre alla quale rivolgiamo le nostre preghiere.
Ha parlato dell’importanza dell’unità tra le Chiese cristiane per il raggiungimento della pace nel mondo molto a rischio a causa delle persecuzioni religiose e del terrorismo internazionale soprattutto in questo periodo in cui il mondo si trova in una situazione difficile noi cristiani dobbiamo essere uniti per testimoniare al mondo intero che noi siamo cristiani e facciamo ciò che ci ha detto Cristo. In questo momento in cui ci sono problemi in medio oriente, in Africa del Nord, in Siria, dove cristiani martiri subiscono morte e persecuzioni, tutti le popolazioni cristiane si aspettano di vedere un’unità, non è il momento delle dispute ma dell’unione. In quanto pastori e sacerdoti dobbiamo esercitare la nostra influenza tra le persone per la pace e tranquillità.
Si è soffermato sull’incontro del patriarca a Cuba come un passo importante che conduca all’unità: Il giorno dello storico incontro il 12 febbraio è per la Chiesa ortodossa russa un giorno in cui per il calendario giuliano si festeggiano tre Santi che sono comuni sia per la Chiesa occidentale che per quella orientale e sono: Giovanni Crisostomo, Basilio Magno e Gregorio il Teologo. E questo può essere considerato un segno che ci chiama all’unità. Spero che da domani potremo camminare insieme per testimoniare la nostra unità.
ECCO LE DOMANDE CHE TRINACRIANEWS.EU HA POSTO ALL’ARCIVESCOVO LOREFICE E AL PRESBITERO PARFENCHIK
- Nei territori europei sono avvenuti conflitti tra le diverse confessioni cristiane, come l’uniatismo, che riguarda la questione delle chiese cristiane ucraine, e che Papa Francesco definì un concetto “di un’altra epoca”. L’incontro del 12 febbraio sembra essere la conseguenza di questo atteggiamento del nuovo Papa di superamento di barriere, anche se a rendere i rapporti più tesi fra le due Chiese fu la decisione di Giovanni Paolo II di fondare vere e proprie diocesi cattoliche in Russia. C’è l’intendimento, secondo voi, da parte delle due Chiese Cristiane di un riavvicinamento per un progetto ecumenico desiderato da Papa Francesco che serva per la pace nel mondo?
R. Parfenchik
Nella chiesa Russa già dagli anni ’60 sono sorti questi progetti di pace e per questo l’incontro tra il Papa e il Patriarca è un primo passo verso l’incontro tra le due chiese.
- Sia il portavoce del Vaticano Lombardi che il metropolita Hilarion hanno spiegato che è stato scelto come luogo di incontro Cuba perché rappresenta un luogo “neutro”. Però secondo lo storico Alberto Melloni, esperto di storia del cristianesimo e in particolare del Concilio Vaticano II, la scelta di Cuba, come sede dell’incontro, ha delle implicazioni geopolitiche. Secondo il suo pensiero il Patriarcato di Mosca è allineato con il governo di Mosca, e l’incontro è stato molto probabilmente autorizzato da Vladimir Putin (per uscire da una sorta di isolamento internazionale della Russia), invece, secondo il vaticanista Sandro Magister il Patriarca Kirill,vuole rendere la Chiesa russa più autonoma dal governo di Putin e “ottenere per sé una credibilità e un profilo carismatico da leader spirituale mondiale. Cosa ci dite voi in merito perché, quindi, la scelta di Cuba?
R. Lorefice
Le due chiese rispecchiavano i due schieramenti, l’occidente e l’oriente dal punto di vista politico e l’incontro a Cuba è segnato da una chiara volontà, quella di saper cogliere un segno dei tempi. E’ la storia stessa di oggi che ci chiede di trovare vie di unità e pace. Quindi è la storia stessa che fa ricomprendere un valore evangelico che è quello, appunto, dell’unità e al di là delle due letture quella di Melloni piuttosto che quella di De Magistris è chiara la consapevolezza oggi nelle Chiese e dunque anche in chi guida le Chiese. Il Concilio dice che la Chiesa è sacramento di unità per tutto il genere umano, se il Sacramento comporta una parte materiale, se noi Cristiani come materia siamo divisi non possiamo essere un segno per il mondo e il Sacramento, quindi, risulta frantumato se siamo divisi.
Cuba è stata al centro di un momento particolarissimo della storia del mondo per la questione della crisi dei missili e quella questione si risolse con un atto di corresponsabilità animata da un papa Angelo Roncalli che scrisse la Pacem in terris, quindi, cuba ha un alto valore simbolico. E’ importante riscoprire anche questa dimensione simbolica di Cuba e Melloni ha ricostruito tutta la vicenda. Cuba è anche il segno di una Chiesa che riesce ad essere sacramento di pace, di unità. Secondo me è anche questa una possibile chiave di lettura.
R. Parfenchik
Un metropolita ha spiegato così l’incontro a Cuba: l’Europa in questi 2000 anni si è macchiata di eventi non positivi come guerre, crociate a differenza di di Cuba un posto nuovo e legata alle vicende storiche all’ex Unione Sovietica, anche se ci sono stati degli eventi negativi con i fratelli Castro sia per la chiesa cattolica che ortodossa. Io sono bielorusso e la stampa bielorussa ha un atteggiamento verso Cuba molto positivo e lo dicono in Russia i gerarchi e anche i cattolici.
La Chiesa Russa ortodossa è separata dallo Stato e nelle sue decisioni è indipendente e il potere statale non può fare pressione sulla Chiesa, può fare delle proposte e la Chiesa può valutarle e prendere eventualmente delle decisioni ma sempre autonomamente dalla Stato. L’incontro con il Papa è stato preparato in tanti anni e l’input più grande fu dato nel 2013.
Ecco il video integrale del discorso dell’arcivescovo Lorefice rivolto ai giornalisti siciliani