Palermo – Presso il cinema Rouge et Noir di piazza Verdi a Palermo, si tenuta la seconda conferenza del Progetto Educativo Antimafia promosso dal Centro Pio La Torre. Il tema della conferenza è stato il “Contrasto alle mafie e Riforma della Giustizia: priorità del Paese e del Governo”. A partecipare alla conferenza sono stati Andrea Orlando, ministro della Giustizia. Ad affiancarlo Leonardo Agueci, procuratore aggiunto presso la Procura di Palermo ed Ettore Barcellona, legale del Centro studi Pio La Torre. L’evento è stato introdotto e moderato da Vito Lo Monaco, presidente del Centro Studi Pio La Torre.
Prendendo la parola il Ministro ha volto riservare qualche istante al neo-eletto Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, uomo di grande rigore morale ma anche, un palermitano, importante esponente della vita politica e della Sicilia migliore. Ricordando l’eccidio di 35 anni fa del fratello Piersanti, Orlando ha scorto nel Presidente della Repubblica, colui che raccolse la sua storia e si fece custode e testimone, senza mai cedere ad un’antimafia di maniera, ma, trasformando la sua vita in un impegno civile e politico, caratterizzato da una lotta rigorosa alla mafia e per la difesa della democrazia.
Secondo il Ministro, la mafia di oggi si è trasformata in un sistema finanziario, economico, in grado di condizionare la vita pubblica, le istituzioni, non più soltanto con potere della intimidazione, ma attraverso il potere della corruzione, della collusione, con la capacità di influenzare i passaggi pubblici, elettorali e soprattutto scelte economiche, attraverso una potenza che si è accresciuta e diffusa in tutto il Paese. Snocciolando ciò che si è deciso e quello che si sta facendo, il Ministro ha riferito che si é prevista una serie di norme che rafforzano la capacità di aggressione patrimoniale delle organizzazioni mafiose, secondo l’importantissima intuizione di Pio La Torre, seguita da Giovanni Falcone. Per colpire la mafia, secondo il ministro Orlando, sono importanti gli anni di carcere che si minacciano ma, ancora più importante è la capacità di togliere alla mafia il potere economico, l’accumulazione del patrimonio che nel frattempo si è riuscita a realizzare. Originariamente un fenomeno derubricato, a cui si è attribuito un tratto folkloristico, una cultura tradizionale, fatta di regole legate all’onore. Oggi il fenomeno – ha continuato il Ministro – ha assunto una dimensione sovranazionale, espandendosi in tutti i continenti, posto l’ausilio della tecnologia e il fatto che, anche i figli dei mafiosi parlano l’inglese, potendo mantenere i contatti con gli esponenti mafiosi oltre i confini nazionali. Una novità è rappresentata dal reato di auto-riciclaggio. Considerato che, nel nostro ordinamento viene punito chi, in qualche modo, prende dei soldi da chi li ha accumulati in maniera illecita (trafficante di droga) e poi li investe per avere commesso il reato di riciclaggio, oggi, “Il reato di auto riciclaggio approvato è uno strumento molto importante – ha aggiunto – perché nel nostro ordinamento prima dell’approvazione di questa norma alcuni fenomeni di infiltrazione nella nostra economia non avevano un’adeguata sanzione; l’autoriciclaggio, invece, consente di intervenire nei confronti di fenomeni che hanno esaurito la loro attualità ed evita di mettere fuori gioco le imprese che rispettano le regole e che non agiscono in un mercato drogato”.
Altra azione, secondo quanto riferito dal ministro Orlando – si è eseguito per contrastare il fenomeno del falso in bilancio, laddove per esempio, non si dichiara in bilancio denaro derivante da tangenti, si falsifica il bilancio. Considerata, l’estensione del fenomeno della rte di collaborazioni in varie parti d’Italia, il Ministro ha fatto riferimento a sconti di pena che possono essere riconosciuti a quanti collaborano a denunziare la corruzione. Infine, il Ministro, rivolgendosi agli insegnanti delle scolaresche che hanno partecipato all’incontro, li ha esortati a fare sviluppare negli studenti il senso critico, la capacità di coltivare sempre il dubbio, perché ciò che vogliono le organizzazioni mafiose è l’uniformità di pensiero, una società che si rassegna o si inchina. Infatti – secondo il Ministro Orlando – la mafia ha bisogno di un’organizzazione dello Stato che funziona male, legittimando impropriamente strutture criminali, che si accreditano al cospetto della società. Ma, la mafia ha bisogno – ha rilevato il Ministro –anche di corpi intermedi che funzionano male, (sindacati, partiti, organizzazioni ed associazioni religiose) per insediarsi, esercitando egemonia e porsi come “garante dei privilegi di classe”. Posto che, questo fenomeno non si sconfigge solo se si hanno soltanto delle buone leggi o delle strutture in grado di reprimerlo, amministrativamente e dal punto di vista dell’ordine pubblico. E’ importante non perdere la fiducia nella ragion d’essere dello Stato, nella Costituzione, Carta fondamentale della lotta alla mafia.
Il Procuratore aggiunto Agueci, nel suo intervento ha riferito che “La storia della mafia insegna che nessuna istituzione e amministrazione è rimasta incontaminata rispetto al fenomeno mafioso che si è sviluppato nelle forme che gli sono proprie, tra le carenze delle istituzioni. negli Istituzione, non solo la politica sono state condannate”. Continuando Agueci ha affermato – Non abbiamo ancora un testo sul falso in bilancio e in materia di corruzione, finora abbiamo soltanto delle anticipazioni di stampa, specialmente in riferimento alle misure premiali che abbiamo chiesto da un pezzo – ha rilevato Agueci – Aspettiamo di leggere il testo perché siamo abituati a dei progetti di riforme normative che contengono delle contraddizioni interne che vanificano lo scopo prefissato – ha aggiunto il Procuratore – riteniamo che una volta che è stata aumentata la sfera della punibilità con la legge Severino, la contropartita dovrebbe essere un’area di non punibilità per chi collabora. Attendiamo che si affronti in modo adeguato pure questo aspetto”. Sul fronte della sicurezza dei pm, il guardasigilli tiene a precisare: “Abbiamo firmato un decreto sulla messa in sicurezza del tribunale di Palermo.
A ridosso degli interventi dei relatori, degli studenti hanno sollevato delle domande, come quella sulla Trattativa Stato-mafia e sui suoi sviluppi a cui ha risposto il procuratore Agueci: “La Trattativa riguarda un preciso momento storico relativo alle stragi del 1992 e che ha avuto per oggetto un accordo tra alcuni esponenti delle istituzioni e alcuni mafiosi per fermare le azioni stragiste in cambio di un trattamento meno afflittivo nei confronti dei boss”. – “Oggi sul piano della mentalità c’è un indubbio progresso e appare chiaro che non può esserci nessun compromesso. Ma il fatto che oggi ci siano organi dello Stato capaci di processare quelle parti di se stesso che si sono trovate coinvolte è la dimostrazione di uno Stato forte e veramente democratico che non ha paura della verità”. Ha detto il procuratore aggiunto Agueci.
L’incontro è stato trasmesso in videoconferenza per le scuole italiane che hanno aderito al progetto e in diretta streaming sul sito del Centro Studi Pio La Torre (www.piolatorre.it) e sul portale legalità dell’Ansa(www.ansa.it/legalita)
TrinacriaNews.eu ha effettuato interviste a Ministro Andrea Orlando e Procuratore aggiunto Leonardo Agueci. Di seguito le interviste:
ANDREA ORLANDO
D. Cosa suggerirebbe alle istituzioni che sono più esposte al fenomeno corruttivo (esempio: Assessorati attività produttive, formazione professionale)?
R. Di attuare e proporre a verifica costante dell’autorità nazionale anticorruzione i piani nazionali sulla corruzione. Non c’è molto da inventare. Lì c’è tutto e si viene seguiti con scrupolo e non in modo formale e burocratico. Io penso che ci siano tutte le condizioni per contrastare e prevenire il fenomeno.
D. Si sono riusciti ad ottenere risultati positivi nel contrasto a Cosa nostra. Tuttavia, nuove mafie affiorano all’orizzonte, di diversa natura e trasversali. Come monitorare questo fenomeno, ab inizio, in chiave preventiva?
R. Sicuramente gli strumenti di indagine vanno rafforzati. Abbiamo introdotto figure di reato che aiutano in tal senso, come l’autoriciclaggio, che credo sia fondamentale. Ma poi, credo che, l’attività fondamentale sia quella di costruire istituzioni forti. Le organizzazioni mafiose, interagiscono e sono in grado di condizionare il meccanismo delle Istituzioni quando sono deboli, quando funzionano male e sono opache nel loro funzionamento.
D. Il depotenziamento del reato di evasione fiscale al 3%, eliminando il reato penale ed introducendo solo una sanzione amministrativa ai trasgressori. Perché è stato depenalizzato?
R. Questa è una considerazione che farà il Consiglio dei Ministri e sentiti i pareri del Parlamento.
LEONARDO AGUECI
D. E’ stato introdotto un decreto-legge che rafforza il sistema di sicurezza del Palazzo di giustizi di Palermo e della cittadinanza. Perché secondo lei, si interviene solo ora con un decreto, visto che da tempo invocavate un intervento che proteggesse la magistratura di Palermo?
R. Il problema è tecnico, per l’utilizzo di determinato strumenti legislativi. Il decreto prevede la unificazione di tutta una serie di procedure, stato la guida di una regia unica. Questo è stato un intervento legislativo particolare. Infatti, si è trattato di una sorta di commissariamento. E’stato nominato un Commissario straordinario. Siccome il Palazzo di Giustizia di Palermo prevede l’intervento di diversi ordini dello Stato (il Comune, la Regione, il Procuratore della Repubblica), per cui, alla fine ci si perdeva nei meandri di questa ripartizione di competenze. Il Decreto è servito ad unificarli, determinando un passaggio tecnico particolarmente importante.
D. Dal punto di vista della politica, si assiste spesso ad una profonda compenetrazione della mala politica, degli interesse privati e della mafia all’interno delle Istituzioni, assistendo ad un indebolimento delle stesse. Cosa propone perché l’ordinamento giudiziario non debba intervenire in un logica repressiva delle varie tipologie di reato (corruzione, infiltrazione mafiosa e conseguente commissariamento di enti, etc.)?
E’ fondamentale una efficace azione di prevenzione che renda più trasparente e verificabile – con adeguati meccanismi di controllo – la condotta di chi opera nell’ambito della Pubblica Amministrazione: la corruzione ed il malaffare si accompagnano necessariamente alla opacità dei meccanismi interni ed alla facilità di potere agire indisturbati. Gli strumenti organizzativi di prevenzione e controllo devono essere predisposti dalle singole amministrazioni, seguendo le indicazioni date dalle norme vigenti e – da ultimo – dalla legge Severino (6 novembre 2012, n. 190 c.d. legge anticorruzione, nella quale, i primi 60 articoli sono dedicati proprio alla prevenzione. L’obiettivo da raggiungere è quello di realizzare modalità operative che consentano l’ampia condivisione interna delle attività gestionali e la trasparenza e verificabilità dei provvedimenti e delle loro motivazioni, da parte dei destinatari.
D. a una mappatura del territorio e attingendo alle sue esperienze in quali contesti ha riscontrato maggiori opacità tra le istituzioni?
R. Per la mia esperienza non posso fare differenze. L’opacità è dappertutto. Abbiamo avuto indagini in vari settori nell’amministrazione centrale, regionale e comunale ed in tutte abbiamo trovato lo stesso fenomeno. Ovviamente, non è che tutte le amministrazioni sono così. Noi ci siamo occupati di fenomeni corruttivi in tutte queste amministrazioni. Sono fenomeni che si manifestano a macchia di leopardo.
D. La riforma della giustizia che si sta pianificando da parte degli organi preposti è quella che lei si sarebbe auspicata? In cosa è carente, per esempio?
Premesso che manca ancora il testo dell’annunciato progetto di riforma delle norme sulla corruzione, e dunque non se ne può ancora esprimere una corretta valutazione, ritengo – in ogni caso – prioritario e fondamentale che si intervenga sul sistema normativo e processuale (oltre che sul piano degli strumenti e delle risorse) in modo da garantire l’accertamento delle responsabilità in tutte le fasi ed i gradi delle indagini e del processo penale, allontanando quindi la prospettiva della prescrizione – alla quale oggi gli imputati ricorrono con molta frequenza – che vanifica l’efficacia dell’azione dello Stato.