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Anno XII - Num. 57 - 09 dicembre 2024

Anno III - Num. 15 - 24 gennaio 2015 Cultura e spettacolo

Presentazione del libro “Il Gigante controvento. Michele Pantaleone; una vita contro la Mafia”

TrinacriaNews.eu ha intervistato l’autore del libro Gino Pantaleone, il giornalista Ignazio Maiorana. Leggi all’interno le interviste

di Maria Pia Iovino

COPERTINA Il Gigante controventoURL IMMAGINE SOCIALPalermo – A Villa Niscemi (Sala delle Carrozze), è stato presentato il volume edito da Spazio Cultura Edizioni (di Nicola Macaione) “Il Gigante controvento. Michele Pantaleone; una vita contro la Mafia” scritto da Gino Pantaleone.

L’evento, moderato dal giornalista RAI, Mario Azzolini, è stato relazionato dall’autore, Gino Pantaleone, dal Prof. Salvatore Lo Bue e dall’editore Nicola Macaione. Tra gli ospiti di eccezione, il giornalista Ignazio Maiorana, direttore responsabile della rivista “l’Obiettivo”,in cui furono pubblicati numerosi articoli di Michele Pantaleone.

Lino Buscemi, nel raccontare del perché della produzione del presente volume ha affermato Il Gigante controvento nasce dalla minuziosa, appassionata ricerca di Gino Pantaleone (singolarmente omonimo del grande Michele) il quale, fra non poche difficoltà e sacrifici, ha impedito che si perpetuasse l’incredibile quanto ingiusta azione di rimozione dalla memoria collettiva di uno scrittore e di un uomo politico, che ha avuto il merito storico e letterario di accendere i fari sulla mafia e sulle connivenze con la politica e di avere parlato per la prima volta di antimafia. Un libro senz’altro necessario per far conoscere alle giovani generazioni e al vasto pubblico un intellettuale e un politico che ha speso la sua vita per liberare la Sicilia dalle tante mafie, che ancora l’affliggono”.

mario azzoliniMario Azzolini, aprendo i lavori ha dedicato un ampio spazio alla memoria del grande scrittore Michele Pantaleone,  riportando vicende della recente storia italiana e siciliana, a partire dalla fine del secondo conflitto mondiale, che videro lo stesso Pantaleone unantesignano dello studio, dell’approfondimento e della denuncia, spesso solitaria, del fenomeno mafioso in Sicilia, soprattutto in un periodo in cui non c’era la magistratura dei nostri anni, ma una magistratura post-fascista. Azzolino ha ricordato che – laddove la battaglia contro la mafia, sul fronte politico, era esclusivo appannaggio dei partiti della sinistra (comunisti e socialisti), la mafia, prima ancora di essere scelta da alcuni partiti, scelse con quali partiti andare a nozze.  La mafia riuscì a vivere anche durante il fascismo, nonostante la mitizzazione delle vicende Mori, che fu un intervento ben orchestrato dal Regime, che ha saputo vendere bene la presunta sconfitta della mafia. La mafia ha saputo scegliere i separatisti, i monarchici, i liberali in varie zone della Sicilia, per poi convolare a giuste nozze, dopo vari fidanzamenti con il partito che è stato quasi esclusivamente per anni, l’unico in grado di garantire alla mafia, non tanto una sopravvivenza, ma una espansione su più fronti. Un’azione facilitata – ha continuato Azzolini – anche da una Chiesa guidata in Sicilia dal Cardinale Ruffini che aveva come ossessione il Comunismo e non la lotta alla mafia, anzi negava l’esistenza della mafia stessa. Non a caso si scelse il partito democristiano.

Pantaleone denunziò con forza le connivenze con la politica. Nel libro sono estremamente documentati tutti i passaggi della vita di M. Pantaleone, a partire dell’esperienza di Villalba, alle lotte contadine, alla vicenda dell’attentato di Li Causi. Il fatto che Villalba ebbe un Sindaco insediato e poi eletto, marcatamente e pubblicamente riconosciuto come mafioso, da questo punto di vista – ha osservato Azzolini – gli americani seppero dare un “giusto” riconoscimento alla mafia, al di là e al di qua dell’oceano. Nella sola provincia di Palermo, su 80 e più Comuni, in 60 Comuni i sindaci messi dagli americani, prima ancora delle libere elezioni, erano personaggi riconducibili, direttamente o indirettamente, alla mafia del luogo. Azzolini ha continuato ricordando la vita di Pantaleone, a tratti gloriosa, con incontri significativi, tra cui quello straordinario con Carlo Levi, con Danilo Dolci, la sua esperienza di parlamentare. Ma, M. Pantaleone visse anche vicende tristi, come il rapporto con il personaggio che, per certi aspetti è diventato eroe della lotta alla mafia,  Carlo Alberto Dalla Chiesa, Prefetto a Palermo per soli 100 giorni ma, che nei confronti di Pantaleone non peccò certo di generosità e di onestà nel giudicarlo. Altre vicende tristi per M. Pantaleone furono legate a denunce da parte dei politici-boss e ciò che ne conseguì giudiziariamente per argomentare quelle denunce, tra cui quella dell’Onorevole Giovanni Gioia, o quella con il suo compagno di partito e allora sindaco del suo paese Villalba, Luigi Lumia. Lui ha fatto una battaglia politico-intellettuale – ha continuato Azzolini – da grande intellettuale quale era, in anni in cui si rischiava molto, anche  la vita e poi, l’elemento paradossale che finì nelle schede della Commissione antimafia, schedando M. Pantaleone “è mafioso”. Una vicenda Kafkiana, in quanto non spettava alla Commissione antimafia o a chi lo ha fatto finire la dentro, ma lui doveva dimostrare che non lo era. Queste cose possono succedere in un Paese come l’Italia, dove la mafia ha potuto e può ancora esprimere tutta la sua potenza non solo criminale e militare, ma anche imprenditoriale e politica.

L’editore Nicola Macaione nel mettere in evidenza l’attualità del messaggio raccolto nel libro “Il Gigante controvento” ha rilevato la necessità di non abbassare mai la guardia avverso il fenomeno mafioso, che è ancora molto vivo e presente trasversalmente in tutti i ceti sociali e in tutti i settori. Da qui lo spunto per mantenere viva la memoria di Michele Pantaleone, favorendo la presentazione del libro in varie parti d’Italia, con tappe in Basilicata, Spoleto, Roma.

L’autore Gino Pantaleone, poeta e scrittore di diverse raccolte di poesie, premiato in alcuni concorsi letterari, tra cui il concorso Nazionale Pablo Nerudaed insignito a Palazzo delle Aquile del “Premio Gaia 2014” per la divulgazione della cultura alla legalità, ha dato testimonianza della sua conoscenza diretta con Michele Pantaleone, dichiarando di avere avuta stravolta la sua vita, da un punto di vista caratteriale. L’autore ha ricordato di avere voluto l’incontro con Michele.

Riferendo della sua origine genealogica, l’autore ha rivelato che, essendo il proprio nonno figlio di N.N. non conosce tutta la sua linea generazionale, mentre la generazione di “zio Michele”, come il grande scrittore Pantaleone permise all’autore di chiamarlo, facendolo sentire appartenente allo stesso ceppo familiare, è molto più lunga, visto che in Sicilia ci sono due filoni di Pantaleone. Nel libro – ha riferito l’autore – è riportata una storia degli antesignani dei Pantaleone, di cui avrebbe voluto non parlarne, ma è stato costretto perché qualcuno ha messo in dubbio gli antenati di Michele Pantaleone, avendolo bollato con la scheda “ è mafioso”.

Tra i parenti di M. Pantaleone l’autore ha ricordato avvocati, repubblicani, imprenditori, gente di cultura, il Presidente di Corte di Cassazione Rodrigo Pantaleone, la cui omonima via a Palermo si riconduce proprio a questo Presidente.  L’autore ha ricordato ancora l’empatia, le emozioni, ma anche l’amarezza dei giorni vissuti con “zio Michele”, in cui questi non poteva più esprimere ciò che egli avrebbe voluto dire, tranne che nel “l’Obiettivo” in cui Ignazio Maiorana gli dava spazio per potere pubblicare i suoi scritti, fino a quando Michele, alla fine del suo tempo, chiese a Gino di raccogliere un po’ di documenti e scrivere qualcosa. Quella è stata forse – ha dichiarato l’autore – una miccia che però è scoppiata in  me 12 anni dopo.

Quando l’autore, in una delle sue domande a Michele Pantaleone gli chiese: zio, ma come mai non ti hanno mai ammazzato, con tutto quello che hai fatto, con tutto quello che hai subìto? La sua risposta fu: ho le mie assicurazioni sulla vita, i miei libri. Se mi ammazzano in questo momento, nell’ultimo libro c’è scritto chi è che mi ammazzerà”. Michele – ha evidenziato Gino Pantaleone – non faceva menzogne simili alla verità. Lui scriveva verità documentate, perché quando si parla di mafia, si scrive così. Non ci si può inventare.

Il libro ha ricevuto il contributo da Francesca Villa nella sua vesta grafica, nell’editing da Anna Maria Balistreri, curato nella prefazione da Lino Buscemi, nella postfazione da Tommaso Romano ed ha un contributo di Carlo Marchese. E’ corredato da una ricca iconografia sia di immagini inedite che di documenti originali, la copertina è impreziosita da un dipinto del 1975 del maestro Pippo Madè. La pubblicazione e la vendita de “Il gigante controvento” è stato accompagnato dal volume “Ora la sacciu, ora la dicu”  – Raccolta di articoli di Michele Pantaleone pubblicati da l’Obiettivo di Ignazio Maiorana.

TrinacriaNews.eu ha intervistato l’autore del libro Gino Pantaleone e il giornalista Ignazio Maiorana

GINO PANTALEONE

D. Cosa le ha colpito della storia di Michele, che lei definisce addirittura “romanzesca”?

intervista pantaleoneMichele Pantaleone fu originario di Villalba, il paese dell’allora capo della mafia siciliana Don Calogero Vizzini, colui, in pratica che, in accordi con il gangsterismo americano, permise nel 1943, lo sbarco degli alleati e l’arrivo di questi a Palermo senza spargimento di sangue. In riconoscenza di ciò il governo provvisorio americano dell’AMGOT concesse ai capi mafia che collaborarono, posti di potere. E così Don Calò divenne sindaco di Villalba, Giuseppe Genco Russo, sindaco di Mussomeli, Francesco Di Cristina di Riesi e così via… In tutto questo Michele Pantaleone capì che lo Stato stava tramando qualcosa di losco con la mafia e gli alleati. Questo fece scattare in lui un meccanismo di ribellione nei confronti della mafia prevaricatrice, morbida soltanto nei confronti di chi l’appoggiava. Tutto questo Pantaleone scrisse in “Mafia e politica” nel 1962, un libro che Giulio Einaudi aveva dato da scrivere a Carlo Levi e che il grande scrittore, con grande onestà intellettuale, passò all’amico di Villalba dicendogli: “questo libro lo potrai scrivere solo tu che la mafia l’hai vissuta e la stai continuando a vivere”. Pantaleone sfatò quindi la leggenda che la mafia fu cosa buona, anzi non esisteva completamente, dichiarando nel volume che divenne un vero macigno, che la mafia non solo esisteva ma era pure collusa con la politica, in barba al Cardinale Ruffini che nel 1964 sosteneva ancora che questa esistenza della mafia, il “Gattopardo” e Danilo Dolci erano una grave macchia per la Sicilia. Lui, Michele, ha dovuto remare sempre controcorrente, controvento contro una cultura, una simbologia, un lessico, modi di dire, proverbi che inneggiavano alla mafia, dicendo che la mafia era una “malapianta” e che la definiva come “Una organizzazione criminosa costituita da persone appartenenti a tutti i ceti ed a tutte le categorie, sempre solidali tra di loro che hanno come fini l’accumulazione della ricchezza con mezzi illeciti, illegali e violenti, con la convinzione di non dovere dare conto alla giustizia.

D. Il fatto che lei sia stato insignito dal Comune di Palermo del Premio “Gaia 2014” per la diffusione della cultura della legalità, cosa ha rappresentato per lei e dove la spinge questo premio?

R. Sicuramente verso una svolta educativa nei confronti dei giovani. Di fatti, in questo momento sono invitato in diverse scuole di Palermo, proprio per divulgare la cultura della legalità attraverso la vita di Michele Pantaleone. La sua vita è la storia della mafia e dell’antimafia.

D. Nel suo impegno alla diffusione della legalità fra i giovani incontra insofferenza o attenzione da parte loro?

R. Fino ad oggi ho visto solo ragazzi impegnati, ragazzi attenti, ragazzi con gli occhi sgranati, del liceo classico fino agli istituti professionali che dicono siano meno attenti. Invece non  è così. Io ho visto molto interesse, soprattutto quando finisco, hanno sempre voglia di fare domande. Il che significa che, o coinvolge questa storia di Michele, che è una storia davvero da film, romanzesca o, è proprio l’interesse verso la cultura dell’antimafia.

D. Secondo lei ci sono altri “Giganti controvento” autentici, visto che ci sono tanti paladini dell’antimafia?

R. Io sono convinto che di Giganti controvento ce ne sono. Però, purtroppo, molto spesso li sbattono in televisione. I vari Saviano, i vari “purtroppo” Di Matteo, sono troppo esposti alla mediaticità, che non fa sempre bene. Penso invece che, le vere persone che sentono e che credono in una vera antimafia la facciano nel nascondimento, come quell’umilissima persona che è stato il Dott. Borsellino, sempre riservato, sempre schivo.

IGNAZIO MAIORANA

ignazio maioranaD. Lei ha conosciuto di persona M. Pantaleone ed ha ospitato nella sua rivista “l’Obiettivo” i suoi scritti. Cosa ci dice a proposito?

R. Ho ospitato per 10 anni gli scritti di M. Pantaleone. Allorquando, in una conferenza lui parlò male dei “giornalistucoli siciliani” che non gli davano spazio e occultavano la verità su un fenomeno abbastanza serio. Ma, in sala c’ero io ed ho detto: è probabile che ci sia qualcuno dei giornalisti che non risponda a quella categoria lì? P. Lui mi rispose: Me lo dimostri. M.: Io mi occupo di informazione, faccio il giornalista. P. Allora resoconti sul suo giornale tutto quello che abbiamo detto oggi, tra cui una frase indimenticabile, in cui lui diceva che l’allora Presidente del Consiglio, Giulio Andreotti, in quel momento credo per la 4° volta Presidente del Consiglio, veniva additato da lui come “il prezzemolo di tutte le pietanze malcotte italiane”. Tra tutto quello lui che ha detto lui su Lima, sulla democrazia cristiana, sugli imprenditori del suo paese, sui politici-boss del suo paese, sulla magistratura corrotta, io ho anche riportato questo. E sul libro “Ora la sacciu, ora la dicu” c’è tutto questo  verbale del resoconto.

D. Mi può dire qualcosa di questo libro che viene pubblicato unitamente al volume “Il gigante controvento”?

R. E’stato pubblicato prima, ma non è stato ancora presentato a Villalba, dove lo vorremmo presentare e il Presidente del Consiglio di Villalba mostra ostilità a questo libro e lo ha fatto sapere al Sindaco di Villalba. Questo libro contiene un articolo, tra tutti quelli di Pantaleone di circa 20 anni fa, sull’Ingegnere Bordenga, allora capo dell’Ufficio Tecnico di Villalba e attuale Presidente del Consiglio del Comune di Villalba

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