Palermo – Presso l’aula Magna di Palazzo Steri è stato presentato il libro Bouche de la loi – (Bocca della legge) La Zisa edizioni. Insieme all’autrice Stefania Mangiapane, sono intervenuti prof. Giuseppe Verde, Pm Antonino Di Matteo, l’ex Pm, Avv. Antonio Ingroia, il Sindaco di Palermo, Leoluca Orlando, l’Avv. Antonio Lo Bue, e Pino Maniaci direttore di Telejato che ha moderato l’incontro.
Una fitta presenza di studenti di Giurisprudenza ha preso parte all’evento, catturata anche dallo spessore dei relatori presenti.
Diversi i focus su cui si è incentrato il libro: l’imparzialità del giudice, che si inserisce a pieno titolo nel dibattito sui problemi della giustizia e nell’analisi del rinnovato rapporto tra il magistrato ed il tessuto sociale; numerose minacce e ripercussioni professionali subìte dai magistrati che, nell’adempiere al loro lavoro, si sono scontrati con i “poteri forti”. Non ultimo, il paradosso di troppi magistrati che, da onesti servitori dello Stato si son trovati isolati da una classe politica corrotta, abbandonati dalla società civile e persino dimenticati dalla stampa, non più paladina della condizione dei magistrati nel mirino di imputati eccellenti, ma spesso rinchiusa in un silenzio assordante. L’autrice, ha cercato di offrire al lettore un percorso ragionato volto a capire cosa ha realmente destabilizzato, quasi irrimediabilmente, equilibrio tra potere giudiziario e potere politico nel nostro Paese.
Per volontà dell’autrice, il 50% del ricavato della vendita del libro sarà devoluto alla “Missione Speranza e Carità” di Biagio Conte.
Toccante l’intervento del Pubblico Ministero della Dda di Palermo, Nino Di Matteo, il quale ha affrontato la tematica della Politicizzazione dei giudici, della politicizzazione della Magistratura, rilevando che: da troppo tempo, (25-30 anni) siamo abituati a parlare di una guerra fra la politica e la magistratura. Io mi sento di contestare questa frase perché la guerra presuppone una volontà offensiva di una parte nei confronti dell’altra e viceversa. Io credo che sia più rispondente al vero parlare non di guerra ma, di una offensiva unilaterale, sistematica. Non c’è una guerra tra la politica e la magistratura. C’è un’ampia parte della politica, assecondata anche dalla magistratura nei confronti di altra parte della magistratura, di altri magistrati che in questi anni comunque, a vario livello, ancora tengono al controllo della legalità a 360°. L’intento di molta parte della politica è quella di trasformare la figura del giudice in un burocrate sempre attento, anche per evitare le conseguenze economiche di una sua propria azione, che poi venga smentita dal giudice di 2° grado, a non disturbare i potenti.
Il PM ha paventato anche il rischio per la magistratura, di diventare un organo servente della politica o del potere esecutivo di turno, con la gerarchizzazione degli uffici della Procura, portando ad una sostanziale rinuncia alle prerogative di indipendenza del giudice. Inoltre, Di Matteo, riferendo del GIP, Clementina Forleo, ha fatto una riflessione, riportando le espressioni della stessa, nel descrivere la solitudine di un giudice che conduce indagini scomode: E’ una solitudine indescrivibile, proprio perché non viene dall’esterno, ma anche dall’interno e il giudice viene lasciato solo. Ha continuato Di Matteo: Io voglio discutere di quello che è successo in questi anni rispetto all’inchiesta Trattativa; quello che continua a succedere in questi giorni. Avete mai visto una presa di posizione rispetto al lavoro svolto dalla magistratura? Una presa di posizione chiara, precisa da parte del CSM, da parte dell’Associazione Nazionale Magistrati? Qualcuno muoversi a tutela della onorabilità per l’attività di quei magistrati?
A proposito delle esternazioni pubbliche del magistrato, richiamate nel testo dell’Autrice, Di Matteo ha detto: io credo che, in certi frangenti, un magistrato che abbia realmente a cuore la tenuta del sistema giustizia, abbia non solo il diritto, ma il dovere etico di intervenire nel dibattito pubblico, anche per ripristinare, rispetto a vicende processuali, la verità dei fatti, presentati in maniera distorta, o da altri protagonisti processuali, o dagli imputati o dalla stampa. […]. Io sono stato per un anno e mezzo sotto procedimento disciplinare perché rispetto a quelle famose intercettazioni, rispetto ad una rappresentazione che già c’era sulla stampa, non solo della esistenza di queste intercettazioni, ma anche di eventuali contenuti che avrebbero avuto un rilievo ed interesse per il processo della Trattativa, in una intervista mi ero limitato a dire che invece, le intercettazioni le avevamo giudicate irrilevanti e pertanto, non erano state depositate, in quel momento della conclusione delle indagini. Ma, allora il magistrato non ha nemmeno diritto, così come prevedrebbe l’ordinamento giudiziario di esternare, per ripristinare la verità dei fatti, deve comunque subire rappresentazioni distorte, a danno suo, del suo ufficio, e soprattutto del lavoro?
Di Matteo ha voluto concludere riportando uno stralcio del discorso di Pericle agli ateniesi del 461°a.C.: “Qui, ad Atene facciamo così: ci è stato insegnato a rispettare i magistrati. Oggi, non solo vengono troppo attaccati, ma c’è il silenzio generalizzato rispetto a questi attacchi. Ci è stato insegnato anche a rispettare le leggi, a non dimenticare mai coloro che ricevono un’offesa. Ci è stato insegnato anche a rispettare quelle leggi non scritte che risiedono nell’universale sentimento di ciò che è giusto e di ciò che è buono”. Io credo- ha concluso Di Matteo – che tutti noi, e questo non spetta solo ai magistrati, dobbiamo lottare strenuamente perché la magistratura si ispiri effettivamente, nel suo quotidiano agire, a quelle nobili finalità: rappresentare con il proprio lavoro di ogni giorno, il punto di riferimento per la tutela dei diritti dei senza potere e non di diventare custode di altri poteri.
Continuando con gli interventi, l’avv. Antonio Ingroia, ex PM, nell’esprimere parole di apprezzamento per l’impegno civile profuso dall’autrice con il suo libro, non ha lesinato parole sulla validità (o nullità) dell’udienza relativa al processo sulla Trattativa Stato-Mafia, così riferendo: a causa di una nullità assoluta, rilevabile d’ufficio, in ogni stato e grado del procedimento, per una partecipazione impossibilitata degli imputati, ci sarebbe un modo per togliere dall’imbarazzo, in cui evidentemente si è ritrovata la Corte d’Assise, per evitare il corto circuito istituzionale che si sarebbe potuto determinare dando libero ingresso, sia pur virtuale, a degli stragisti sanguinari come Riina e Provenzano, dentro le stanze del Quirinale. Ed era molto semplice: questa scelta sta nelle mani del Capo dello Stato che può, anche domani fare una comunicazione alla Corte d’Assise che dice che, per salvare quel processo, dichiarare pubblicamente di essere pronto a venire per testimoniare nell’Aula Bunker di Palermo, in modo che non ci sia nessuna “contaminazione” diciamo così, del luogo sacro del Quirinale, con la presenza degli imputati. Saranno presenti gli imputati, come gli altri testimoni, nel rispetto delle prerogative presidenziali; sarebbe sentito il Capo dello Stato e lì si sarebbe potuto dire tutto. L’ex PM, A. Ingroia ha voluto concludere facendo un invito ai cittadini all’impegno attivo per la tutela della democrazia: Quanti più cittadini dovrebbero essere impegnati a fare molto di più, ciascuno nella propria parte, con un impegno anche a rinnovare la politica. Senza una politica dal basso, dei cittadini dalla schiena dritta, dei giovani appassionati, la nostra democrazia sarà sempre più dimezzata e sempre più incompiuta.
La redazione di TrinacriaNews.eu ha effettuato le seguenti interviste:
STEFANIA MANGIAPANE
D. Perché questo titolo al suo libro “Bouche de la loi”?
R. “Bocca della legge” – poiché il cittadino si aspetta dal giudice che venga applicata “la legge uguale per tutti”. Quindi, attraverso questo libro ho cercato di offrire un percorso ragionato su ciò che ha destabilizzato quasi irrimediabilmente, l’equilibrio tra il potere politico e la magistratura in questo Paese. Anche l’opinione pubblica viene destabilizzata da ciò che viene pubblicato dalla stampa. Perché la stampa non è più paladina come un tempo. Forse, neanche con Falcone e Borsellino lo è stata. Le loro dichiarazioni sono state strumentalizzate. Adesso vengono inneggiati come degli eroi, ma anche loro hanno subìto delle ripercussioni professionali, per avere detto tutto ciò che pensavano e per essersi esposti mediaticamente. Ora, io spero, attraverso questo evento, di dare la possibilità ai ragazzi, soprattutto di giurisprudenza e tutti i professionisti, di capire cosa c’è dietro una sentenza, al di la di ciò che può essere strumentalizzato da una parte politica, se viene intaccata da dei processi, che comunque riguardano degli imputati eccellenti. Quindi, offrire, questo percorso ragionato, attraverso degli illustri relatori come Nino Di Matteo e Antonio Ingroia, che sono dei personaggi, dei magistrati, degli esempi che tutti i giovani ammirano, per spiegarci come la sentenza nasca da un processo motivazionale, autonomo e completo, dettato dalla capacità di discernere le proprie convinzioni dal caso completo. Ed infine, cosa porta questi magistrati a lottare sempre per la verità e la giustizia.
ANTONIO INGROIA
D. Che dire della effettiva indipendenza della Magistratura?
R. L’indipendenza teorica è scritta nella Costituzione, mentre di fatto i Magistrati sono sempre più chiusi, pressati, in una situazione in cui la politica cerca di limitare ogni forma di indipendenza della magistratura. E credo che oggi, le condizioni in cui opera la magistratura sono molto peggiori di quelle in cui ho iniziato a fare il magistrato vent’anni fa.
D. L’assenza di due imputati al processo sulla Trattativa Stato-mafia a carico di Napolitano, inficia la sua attendibilità nelle dichiarazioni? Potrebbe sentirsi più libero il Presidente nel deporre, in virtù della loro assenza?
R. No. Non credo che ci possa essere un’incidenza diretta rispetto all’attendibilità della testimonianza del Presidente.
D. C’è un timore del Presidente rispetto alla loro presenza al Quirinale?
R. No, c’è una posizione del Capo della Stato sul conflitto di attribuzione, di riconoscimento del ruolo di Presidente della Repubblica che è comprensibile. Non condivisile, ma comprensibile.
LEOLUCA ORLANDO
D. Il suo invito alla società civile a mantenere alti i valori della Costituzione, che lei ha esaltato, mentre altri Ordini cercano di picconarla. Lei cosa ci direbbe?
R. Io credo che sia assolutamente importante lasciare i magistrati liberi e non ci si chieda se le inchieste che fanno siano opportune o non opportune. La categoria dell’opportunità non può attenere all’applicazione della legge. Ai Magistrati si chiede l’applicare la legge, come è prevista, per come la si legge, alla luce de principi costituzionali. Voglio ricordare che la Costituzione è la legge delle leggi, in base alla quale interpretare la legislazione vigente. Se c’è un contrasto, allora si solleva la questione di incostituzionalità di una legge, pur formalmente approvata dal Parlamento. Talmente i magistrati devono essere lasciati indipendenti, liberi e autonomi, che la società civile si deve fare carico di operare un’azione di valutazione etica, politica, senza aspettare l’esito del processo. Ci sono una serie di comportamenti che possono o non possono configurare reato ma, che certamente sono disdicevoli e vanno censurati. Se un politico frequenta un mafioso, un magistrato lo potrà chiamare per capire se, frequentando quel mafioso ha commesso o non commesso un reato. Una cosa è certa, che un politico, in un Paese civile non può prendersi una pizza con un mafioso anche se, incontrando un mafioso parla di Bach e di Mozart. Questa è la distinzione tra il compito dei Magistrati che hanno bisogno di prove e di indizi e quello del civile che deve giudicare con libertà, senza cercare gli indizi. Tanti di noi abbiamo subìto sfregi, insulti, perché abbiamo detto quello che pensavano. Ma noi non siamo magistrati. Abbiamo il dovere di indicare una prospettiva etica poi, i magistrati hanno il dovere di trovare le prove e gli indizi. E’evidente però dobbiamo lasciarli liberi di trovare le prove e poi, ad ogni piè sospinto fare lo sgambetto alla loro azione. Da questo punto di vista, un processo sulla trattativa tra Stato e mafia, che mette in discussione comportamenti di persone delle Istituzioni e la possibile esistenza di un reato che io chiamo “sistemico” serve non soltanto alla magistratura ma, a salvare la democrazia. (per questo il Comune di Palermo si è costituito parte civile).
PINO MANIACI
D. Si parla di abbandono dei magistrati da parte di un certo giornalismo e, di una perdita di indipendenza dello stesso, che sembra quasi schierato, non tutelando l’indipendenza dei magistrati nel loro operato. Lei che ne pensa?
R. Io invece credo che, il giornalismo faccia il tifo. Infatti, c’è molto tifo sulla Procura di Palermo e sulla Processo sulla Trattativa e invece, si lasciano perdere, secondo me, quelli che sono i processi più importanti, in cui si scriverà nei libri di storia. Ovviamente, parlo dei processi di Caltanissetta, sulle stragi di Via D’Amelio, di Capaci. I riflettori in questi casi sono completamente oscurati. L’abbandono dei magistrati esposti in prima linea non avviene da parte della società civile, ma soprattutto della politica, proprio perché, come diceva Ingroia, si è alzata quell’asticella che va a toccare quei poteri che nel ’92 hanno inquinato l’Italia. Parlo della Trattativa tra pezzi dello Stato con la Mafia. Ma c’è da chiedersi, dopo 22 anni chi vuole sapere veramente la verità? C’è fame di verità. Ma credo che questo processo finirà o con una prescrizione o, verrà inficiata dalla prossima udienza in cui sarà sentito il Presidente Napolitano, senza gli imputati. Quindi, ci sarà un’eccezione di nullità e rimarremo di nuovo all’oscuro di tutto e non sapremo nulla.