Palermo – Presso la sede del Centro Studi Pio La Torre si è svolto un incontro volto a promuovere una campagna di sensibilizzazione dei gruppi parlamentari, dei governi e delle istituzioni nazionali e europei, affinché l’Ue proceda all’armonizzazione delle legislazioni penali dei paesi membri per un contrasto efficiente, sia alla corruzione, sia alla criminalità organizzata. All’evento hanno preso parte il Professore di diritto penale dell’Università di Palermo, nonché Console Onorario della Repubblica Federale di Germania, Vincenzo Militello, l’Assessore Regionale all’Economia, Roberto Agnello; l’Eurodeputato (NCD) Giovanni La Via, che è interevento mediante video-messaggio. La deputazione (PD) Sicilia-Sardegna composta da Michela Giuffrida, Renato Soru, Caterina Chinnici, che impedita da audizioni parlamentari, ha fatto pervenire il proprio contributo di impegno, parimenti a Salvo Pogliese (FI), con lettera di adesione all’iniziativa del Centro Pio La Torre.
Il Presidente del Centro Studi, Vito Lo Monaco che ha moderato l’evento, ha rilevato che: dopo tutti i dati e le ricerche condivise, l‘Ue non può limitarsi all’approvazione di risoluzioni senza procedere a individuare norme giuridiche, strumenti, mezzi finanziari e risorse umane necessari per reprimere e prevenire, in modo specifico, le mafie e in generale, le criminalità organizzate e la corruzione. Pertanto, in virtù del semestre italiano con Presidenza italiana del Consiglio dell’Unione, Lo Monaco ha auspicato che si approfitti della situazione per calendarizzare con un crono programma, quanto deliberato nella precedente legislatura. In particolare, posto che le organizzazioni criminali e le mafie sono state capaci di accrescere la loro presenza utilizzando le mille pieghe offerte dalla mancanza di norme giuridiche specifiche contro i nuovi reati associativi, sono state fatte delle proposte di contrasto al fenomeno ed approvate nella settima legislatura europea. Il Centro Pio La Torre, unitamente alla Presidenza della Regione Siciliana e i Deputati europei del Collegio delle Isole, Caterina Chinnici, Renato Soru, Michela Giuffrida e il Magistrato Antonio Balsamo, hanno ritenuto necessario sollecitarne e verificarne la rispettiva attuazione, mediante strumenti normativi appropriati, a livello europeo: i Regolamenti e le Direttive. Ciò al fine di armonizzare le norme di incriminazione a livello europeo; introdurre una incriminazione della partecipazione ad una organizzazione criminale, tale da consentire a tutti i sistemi penali degli stati membri UE di: reprimere le associazioni di stampo mafioso e la cooperazione fra gli stessi Stati membri nella connessa attività di contrasto; uniformare le norme e le misure di contrasto dei reati di riciclaggio, autoriciclaggio, falso in bilancio e corruzione; proteggere i testimoni le vittime di mafia; prevedere la istituzione di un Fondo europeo Antimafia e Antiracket.
Facendo riferimento alle posizioni espresse dai vari Eurodeputati, che hanno risposto all’iniziativa del Centro Studi, Salvo Pogliese,Europarlamentare (FI) in una parte della sua missiva, ha evidenziato il ruolo preminente dell’Italia in Europa avverso la criminalità organizzata. In particolare: l’Italia che aveva “insegnato” al mondo la mafia ora insegna anche l’antimafia. Lo fa a cominciare dall’Europa, esportando il “modello italiano” circa il sequestro e la confisca dei beni ottenuti da reati di mafia o corruzione. Il Parlamento Europeo in plenaria ha approvato la direttiva che prevede la confisca dei beni provento di reati. E’ chiaro, però, che occorre fare di più nella lotta alle mafie a livello europeo. In questo senso non posso che appoggiare appieno le richieste, e farmi umile strumento affinché esse diventino realtà, che voi del Centro Pio La Torre avanzate alle massime Istituzioni europee, ovvero l’istituzione di una Commissione Parlamentare Speciale Antimafia e Anticorruzione e, soprattutto, la creazione di una Procura Europea Antimafia, fornita di mezzi e uomini sul modello italiano, per il coordinamento di tutte le attività di contrasto.
L’Assessore, Roberto Agnello, in una parte del suo intervento ha evidenziato il suo impegno contro i fenomeni di criminalità organizzata, proponendo uno strumento da potere applicare: “il Sistema di Controllo Interno”. Strumento, trascurato in maniera macroscopica, ma, di cui ha evidenziato: le banche sono dotate nella forma più sofisticata possibile e consiste, secondo la sua definizione – in un “Reticolo organizzativo che impedisce al malaffare di operare, a prescindere dalla moralità delle persone”. Il presupposto della legalità all’interno delle banche, per es. – ha continuato l’Assessore – non è basato sulla qualità morale dei suoi dipendenti, ma sul sistema efficacissimo del sistema di controllo interno, che fa si che un dipendente si comporti secondo le regole. A livello europeo, noi oggi dobbiamo cominciare a parlare dei reati e sanzionare chi non adotta i sistemi di controllo interno che l’amministrazione ha predisposto. Secondo Agnello – la base della frode sta nel fatto che è troppo grande la maglia della rete che deve impedire a ciascun individuo che fa parte della P.A. di commettere la frode. Ma, attraverso il S.C.I. – ha concluso – si ottengono risultati straordinari perché noi andiamo a monte (in chiave preventiva), non alla fase successiva della commissione del reato.
TrinacriaNews.eu presente all’evento, ha realizzato le seguenti interviste:
VINCENZO MILITELLO
D. Ci può dire perché solo recentemente e disarmonicamente il Parlamento europeo sta agendo contro la criminalità organizzata e mafiosa, ramificata oltre i confini italiani?
In verità, l’impegno dell’UE è ormai risalente ad oltre 15 anni, quando nel 1997 venne approvato il primo piano di azione dell’UE contro il crimine organizzato. E’ vero che si tratta di un filone non molto conosciuto al grande pubblico. Proprio perché l’UE a lungo non è riuscita ad aprire le proprie porte e a veicolare al di fuori degli addetti ai lavori i propri obiettivi di azione. E’ vero che, nel tempo più recente vi è stata una crescita di consapevolezza rispetto al fenomeno, però non sarebbe corretto rappresentare come una novità assoluta anche il recente impegno del Parlamento Europeo, che pure ha segnato importanti risultati tramite la Commissione creata appositamente nel precedente Parlamento europeo e dedicata espressamente a questa tematica.
D. Come si sta pensando di contrastare la corruzione delle istituzioni pubbliche dei Paesi extraeuropei orientali, che rilasciando passaporti, documenti e visti d’ingresso facili, agevolano la colonizzazione della criminalità organizzata in Europa?
R. Di specifici provvedimenti normativi non ho notizie di prese di posizione espresse per contrastare questo filone di attività criminali. Certamente quando parliamo del concetto di genere “criminalità organizzata”, dobbiamo pensare che si tratta di un agglomerato di varie realtà criminali. Non è un concetto monolitico. In verità, l’organizzazione criminale è un modo strutturale per commettere attività criminali non episodiche. Quindi, i reati “scopo” che vengono, di volta in volta, commessi possono essere molto vari. L’Europol ogni anno pubblica un annuario nel quale si rilevano i filoni di attività criminali “censiti”. Lì, si trovano anche profili come quello della contraffazione dei documenti personali, del mercato delle auto rubate, degli stupefacenti, delle armi. Tutti i traffici illeciti sono attività che, nelle loro componenti più significative, sono dominati dalla presenza di organizzazioni criminali. Proprio nel 2013 è stato pubblicato uno studio ufficiale sulle organizzazioni criminali in Inghilterra redatto dell’Home Office britannico, in cui viene quantificata per la prima volta, la diffusione e i costi economico-sociali del crimine organizzato. Per esempio, si stima, in questo documento che le organizzazioni criminali, nel solo Regno Unito, raggiungano 37 miliardi di sterline, cifra che dà il quadro della diffusione. Riuscire a contrastare tutte queste singole manifestazioni delle organizzazioni è una sfida continua, una tela di Penelope. Richiede consapevolezza del fenomeno come presupposto degli strumenti investigativi utilizzati, e la pubblicazione citata può essere un utile strumento in proposito. Probabilmente qui noi, nel nostro contesto, siamo talmente condizionati da forme più conosciute della criminalità organizzata e non riusciamo a seguire il suo evolversi in nuove manifestazioni.
D. Cosa si può fare affinché l’art. 41 bis (regime carcere duro) della legge sull’ordinamento penitenziario italiano possa essere applicato oltre i confini nazionali?
R. E’ un tema molto delicato perché tale articolo presenta, nella sua applicazione concreta, delle parti che sono ai limiti rispetto ad alcuni diritti del detenuto, oggi codificati a livello di Convenzione europea dei diritti dell’uomo. Questa norma è stata più volte vagliata dal competente Tribunale, la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, che ha riconosciuto la legittimità della misura, ma l’ha sempre giustificata, alla luce della particolare situazione che nel nostro Paese si conosce in materia di criminalità organizzata. Riuscire ad esportare forme così penetranti di controllo in fase penitenziaria nei confronti dei soggetti più radicati nelle organizzazioni criminali può essere fatto, ma con estrema attenzione al rispetto dei diritti del condannato, per es. sulla corrispondenza. Occorre dunque bilanciare una previsione del genere con le norme di garanzia che si trovano nella Convenzione dei diritti del’uomo. Il rischio è che l’estensione della nostra normativa a livello europeo, senza una accurata valutazione dei contesti di riferimento, potrebbe fare sì che alla prima applicazione il detenuto faccia ricorso alla Corte europea dei diritti dell’uomo, e questa potrebbe non riconoscere in quella situazione particolare una gravità di manifestazioni della criminalità organizzata tale da giustificare una misura così incisiva. In sintesi, e con un paradosso, si deve depotenziare la incisività del nostro art. 41bis, proprio per consentire che il 41bis possa essere esportabile.
VITO LO MONACO
D. Piattaforma Change.org. Cos’è e la sua funzione per il Parlamento europeo?
D. E’ una piattaforma che si mette a disposizione per le campagne di mobilitazione relative alla promozione di diritti civili, diritti sociali. Come accaduto per la re intestazione dell’Aeroporto di Comiso a Pio La Torre, cancellata dalla Giunta di centro-destra e di centro-sinistra, abbiamo raccolto 36.000 firme in Italia. Quindi, mobilitare l’opinione pubblica italiana e quella europea significa dire al Parlamento Europeo che quanto promosso non è una posizione sostenuta dal Centro Pio La Torre, sostenuta da alcuni parlamentari o, deputati del Collegio Sicilia-Sardegna, e della Presidenza della Regione Siciliana. Ha un valore più universale, di proposta a base democratica, sostenuta dall’opinione pubblica, in senso lato. Vediamo cosa raccoglieremo. E’ un tema complicato, perché armonizzare modelli di incriminazione così diversi in tutta Europa, naturalmente non è facile, anche sul piano culturale, lessicale, oltre che tecnico-giuridico. Ma, credo che, siccome l’esigenza è reale e oggettiva, la criminalità economica e le organizzazioni criminali esistono in Europa, oltre quelle mafiose, alla fine, questo processo andrà avanti con un buon risultato.
D. Ritiene che gli Eurodeputati siciliani siano preparati a rappresentare adeguatamente, in sede Europea, i rischi della Sicilia, quale area strategica per il traffico internazionale e dei Paesi orientali, di cocaina, armi e risorse umane dedite a tale “commercio”?
R. La questione non riguarda solo la Sicilia, lo è stata storicamente, negli anni ’70, consentendo la crescita dei gruppi corleonesi. Oggi, tale posto è stato preso dalla “ndrangheta” che è in rapporto commerciale con il centro America e le organizzazioni criminali esportatrici di cocaina ed eroina, che fungono da tramite del narcotraffico in Europa. Ma così, anche il collegamento con alcune aree criminali del nord, dell’Ex Unione Sovietica, la mafia russa, albanese, slava o le mafie orientali, cinese. La globalizzazione ha favorito anche la criminalità organizzata. L’armonizzazione della legislazione è volta a consentire che, queste organizzazioni criminali globalizzate possano essere colpite ovunque, in qualunque parte del mondo esse operino. A fronte di sistemi giuridici diversi, non si consente molto spesso, di perseguire i reati nei vari Paesi. Nel momento in cui si estende il concetto per cui è il giudice italiano che persegue la confisca di un bene dell’organizzazione criminale in un altro Paese, ciò sarà consentito e così, viceversa. Si consente, pertanto, anche la cooperazione tra i vari sistemi polizieschi e giudiziari di perseguire il reato (OLAF; Eurojust). Si deve prevenire il reato e per prevenirlo non basta la repressione, ma occorre la comprensione del fenomeno e vedere tutte le misure sociali, politiche e istituzionali da metterle in essere per impedirle.
D. Eurodeputati da formare quindi, per presentare le istanze dei territori?
R. Alcuni sì, alcuni no. Questo è affidato alla scelta delle organizzazioni politiche di appartenenza degli esponenti. Il collegio Sicilia-Sardegna, ha alcune competenze di alto profilo che possono dare un grande contributo per tutta l’Europa, dovuta alla profonda conoscenza professionale dei suoi esponenti, sperimentata nei lunghi anni di attività della professione. Poi, c’è la comprensione politica. Pur in assenza dei tecnici, alcuni politici, hanno percezione dell’importanza del fenomeno e sono di grande aiuto. Ciò è diverso per un eurodeputato svedese, che non ha la stessa cultura, la stessa esperienza.