Palermo – Presentata in anteprima la mostra che completa idealmente il percorso voluto dalla Fondazione Terzo Pilastro – Italia e Mediterraneo.
Da oggi 11 ottobre fino al 9 gennaio 2015, cento opere di artisti siciliani dall’epoca della costituzione del Regno delle Due Sicilie fino al primo dopoguerra saranno fruibili al pubblico presso la rinata Villa Zito.
“Di là del faro” è una mostra che ha come tema fondamentale il paesaggio, espressione di un’elaborata rappresentazione identitaria della Sicilia da parte di artisti siciliani ottocenteschi che dipingono paesaggi sempre più veristi, che hanno a cuore la natura e la storia dell’isola. La mostra costituisce dunque un excursus artistico in grado di offrire al fruitore l’essenza della Sicilia del XIX secolo, attraverso un attento sguardo verso luoghi fondamentali dell’isola quali l’Etna, Taormina, Monte Pellegrino e Favignana.
L’inaugurazione della mostra è stata aperta dal Prof. Giovanni Puglisi che ha presentato Villa Zito quale luogo presente nel vissuto visivo dei palermitani e ha fatto riferimento all’obiettivo raggiunto nell’aver dato un senso stabile all’arte rendendola una causa permanente. La mostra presenta opere che a Palermo non sono mai state fruibili finora. A turno, saranno esposte 1600 opere con mostre temporanee affiancate alla mostra permanente. Tra gennaio e febbraio pensiamo di aprire al pubblico anche il secondo piano della Villa Zito. Credo che Palermo abbia bisogno di conservare la sua bellezza e un altro obiettivo che contiamo di raggiungere nel 2015 è costituito dall’inserimento di Palermo nella lista Unesco per il percorso arabo-bizantino – ha affermato. Prima di passare la parola all’Avv. Emmanuele Emanuele, Puglisi ha chiuso il suo intervento chiedendo al pubblico un doppio giudizio: il primo inerente al recupero della Villa Zito, il secondo (sicuramente scontato) riguardante la mostra.
Durante il suo intervento, l’Avv. Emanuele ha spiegato il senso della Fondazione Terzo Pilastro: il primo pilastro è lo Stato che si trova in una fase di reiterata irreversibilità; il secondo pilastro comprende i privati che cercano di sfuggire a una tassazione sempre più elevata; il terzo pilastro comprende il mondo delle onlus, delle fondazioni e delle associazioni. La fondazione ha avviato un grande percorso a Napoli, Agrigento, Catania, Cordova e perfino in Albania e in Grecia. Con grande rammarico, devo dire che i tentativi di iniziare un percorso a Palermo sono finora falliti. Oggi sono felice di essere a Villa Zito che è la casa della cultura. Ho grandi progetti in mente tra cui l’ideazione di una grande mostra sulla migrazione italiana e l’apertura del Museo del Risorgimento. Intanto, mi sembra doveroso ringraziare il Prof. Puglisi che mi ha dato uno spazio a Palazzo Branciforte. È un uomo dalla grande e unica sensibilità – ha concluso con una nota di commozione.
Chiari ed esemplificativi sono stati gli interventi dei due critici d’arte nonché curatori della mostra Paolo Nifosì e Sergio Troisi.
L’intervento di Nifosì è stato incentrato sul concetto di appartenenza: sono ben 25 gli artisti presenti in questa mostra dell’Ottocento. Il problema allora era quello della consapevolezza dell’appartenenza. Parlare di appartenenza mi sembra più corretto rispetto al parlare di identità. L’appartenenza è la capacità di saper vedere, significa essere consapevoli di vivere in un determinato luogo. Da quest’idea nasce la rappresentazione del paesaggio siciliano quale luogo nella sua complessità. Si rende necessario surclassare la dimensione archeologica, passare a quella della realtà per poi surclassare anch’essa. Credo sia la prima volta che viene racchiusa e rappresentata in una mostra l’intera Sicilia, una regione complessa e al contempo unica. Si tratta infatti di una terra aperta sì verso il Sud ma anche verso il Nord.
Il critico Troisi ha esternato il suo timore nell’aver vissuto l’organizzazione della mostra come rischiosa, visti i cliché sedimentatisi nel tempo. Al contrario l’idea della mostra era quella di dare più sguardi sul contesto siciliano. Troisi ha concluso il suo intervento con un esplicito riferimento al primo volume dell’Inchiesta in Sicilia scritto da Franchetti in cui è presente una bella descrizione della Conca d’Oro; si tratta di uno scritto in cui ricorre l’espressione “miraggio morale” che implica sia la componente visiva e sia una dimensione spostata sul piano dell’etica. Il paesaggio siciliano assume dunque una connotazione antropologica e viene cristallizzato nell’attributo “immenso” riferito ai campi siciliani. Attraverso la rappresentazione ottocentesca del paesaggio viene codificata una dimensione di storicità.
Ringraziamenti sentiti sono stati rivolti all’architetto che ha consentito la riapertura di Villa Zito e a Civita che ha consentito l’organizzazione della mostra.
In occasione dell’inaugurazione, TrinacriaNews.eu ha intervistato il critico d’arte nonché curatore della mostra Sergio Troisi. Ecco le domande che gli sono state rivolte:
Quali sono le sei aree tematiche in cui è suddivisa la mostra?
Le sei sezioni sono la struttura della mostra. La prima è quella degli inizi ed è relativa al periodo della Restaurazione, quindi dal 1816 sino al 1848/1850 circa. La seconda sezione ci fa attraversare i luoghi rappresentati dai pittori. Quindi una sorta di periplo che comincia da Messina, passa per Erice, giunge a Taormina, tocca Palermo e Trapani. La terza sezione è relativa alle coste perché il modo in cui il paesaggio costiero viene rappresentato differisce sensibilmente da quello della campagna. La campagna è la quarta sezione, la quinta sezione è quella dedicata al paesaggio e al mondo del lavoro e la sesta è quella della Sicilia come stato d’animo cioè la rappresentazione più legata alle poetiche simboliste di fine Ottocento e primi Novecento che poi conclude il percorso.
C’è un dipinto a cui è particolarmente affezionato?
Questa è una domanda che è impossibile fare perché un curatore ama tutte o quasi tutte le opere… Ma c’è un dipinto di cui sono davvero contento, è un dipinto di Ettore De Maria che rappresenta la Conca d’Oro acquistato nel 1905 a Venezia. Questo dipinto non era praticamente esposto quindi viene visto per la prima volta adesso dopo 114 anni, è un’opera che qui non è più tornata a distanza di più di un secolo.