Palermo – Le luci erano all’interno della magnifica chiesa medievale di San Francesco d’Assisi, proprio a creare un’atmosfera surreale che suggestionava tutti i presenti, confluiti in quell’ambiente così tetro e introspettivo per ascoltare e farsi trasportare da una musica sublime. Queste le sensazioni di chi per la prima volta si apprestava ad ascoltare il Requiem for a Solo Cello, composizione musicale frutto dell’ispirazione di un grande artista, Maurizio Bignone, dedicata a tutti gli sfortunati migranti che hanno perso e perdono la vita nella traversata del Mediterraneo ed interpretata in prima mondiale dal violoncellista internazionale, Luca Pincini.
Maurizio Bignone, diplomatosi in viola presso il conservatorio Bellini di Palermo,è attivo da oltre vent’anni nel campo della musica ed ha maturato un’intensa esperienza in svariati generi musicali, dalla musica classica al jazz, alla musica etnica, al blues e alla musica contemporanea. Ma la sua strada, quasi per caso, come ci ha raccontato nel corso della nostra intervista, lo ha condotto alla composizione di brani musicali di alta intensità, scelti per film, documentari e colonne sonore in tutto il mondo ed eseguiti da artisti di successo come il Trio Siciliano, Luca Pincini e Gilda Buttà, il Kronos Quartet e svariate orchestre nazionali ed estere. Ha anche fondato nel 2006 una casa di produzione discografica, la U07 Production, sulla quale ha concentrato tutto il suo impegno e dedizione per farla crescere e consolidare.
Il Requiem for a Solo Cello rappresenta la realizzazione di un obiettivo importante, perché affronta l’impegnativa tematica del destino dei migranti, argomento a cui l’autore è particolarmente sensibile e che ha già trattato in un’opera precedente, la Solitudine del Migrante, e perché l’ha scritto e pensato, come ci ha raccontato, sull’arte di Luca Pincini, suo grande amico con cui condivide la sua passione per la musica.
Luca Pincini ha alle spalle una carriera prestigiosa e si è esibito oltre che in tutta Europa anche in tutto il mondo. Con la moglie, Gilda Buttà, forma un’unione musicale molto intensa e affiatata e collabora da lungo tempo con Ennio Morricone, Luis Bacalov e Nicola Piovani, avendo interpretato centinaia di colonne sonore per film e serie televisive. Sono dunque due musicisti dotati di grande sensibilità artistica che il destino ha fatto incontrare per donare al loro pubblico grandi emozioni.
Il Requiem for a Solo Cello, ha commosso tutti i presenti trascinandoli in un vortice crescente di emozioni con un alternarsi di momenti di asprezza e mistero a momenti di dolcezza e grazia. L’esecuzione del requiem si è articolata in varie parti di tonalità crescente: Introitus, Kirie Eleison, Dies Irae, Recordare, Confutatis Maledictis, Lacrimosa, Sanctus et Benedictus, con un’intensità maggiore e con intercalato il gradevole canto di Luca Pincini e Lux Aeterna, parte finale in cui sembrava quasi che l’armonia del creato desse un senso a tutto.
Al termine dell’esecuzione Luca Pincini è stato acclamato dal pubblico, entusiasta della sua intensa e coinvolgente interpretazione, con grande soddisfazione di Maurizio Bignone, che questo concerto confida di portare nelle chiese medievali di altre città italiane, a partire da Roma. Non ci resta che augurare a lui e a Luca Pincini di poter realizzare tutti i loro obiettivi, perché è bello poter pensare che in Italia ci siano artisti di tal guisa, che portano avanti progetti musicali di grande spessore come questo.
In occasione del concerto, la redazione di TrinacriaNews ha rivolto alcune domande al compositore Maurizio Bignone e al violoncellista Luca Pincini. Questi i contenuti delle interviste:
Maurizio Bignone
Questa è la sua seconda opera, dopo “La Solitudine del migrante”, che tratta il tema dell’emigrazione, come mai la scelta di questo tema?
La scelta di questo tema dipende dal fatto che per noi è un tema molto importante e molto sentito, visto che abitiamo in questa terra, che da una parte è meravigliosa, dall’altra è un luogo di speranza per queste persone, che noi vorremmo aiutare. Spesso ci si dimentica di chi soffre ed è ai margini della società,allora la scrittura di questo requiem nasce proprio per ricordare le morti di queste persone che abbiamo lasciato nel Mediterraneo e per ricordare le loro tombe sconosciute. Dunque era giusto dare voce a queste persone che non ci sono più.
Lei si è diplomato presso il conservatorio “Bellini” di Palermo in viola, come è nata la sua passione per la composizione?
Durante un tour con alcuni amici, in cui suonavamo in un gruppo, mi esortarono a provare a scrivere qualcosa. Così ho iniziato di getto, senza fare studi di composizione, nonostante abbia tentato di scrivermi al conservatorio, perché tutti i docenti me lo hanno sconsigliato, affermando che talmente era bella la mia scrittura che sarebbe stata inquinata dagli studi accademici. Per cui mi sono lanciato in quest’avventura che adesso è diventata una professione principale e devo dire che sono molto contento del risultato. Io scrivo sempre per dare un’immagine allo spettatore, la mia non è musica astratta, perché in qualche modo lego sempre una tematica alle mie musiche. Essendo un polistrumentista, perché sono violista, ma anche bassista elettrico, percussionista, ho fatto musica classica, contemporanea, jazz, musica etnica, pop e blues,tutte queste esperienze le ho inserite nella mia scrittura in maniera assolutamente naturale. Le note mi escono quasi come un fiume che scorre, non ho mai scritto in maniera progettuale, ho scritto sempre perché mi è venuta un’idea stimolata da una sensazione, da un profumo, da un odore, da un’immagine e le note per certi aspetti mi scivolano proprio dalle mani senza un motivo logico, anche se c’è molta logica all’interno della mia scrittura.
Con quali obiettivi ha fondato la sua casa di produzione “U07 Production”?
Sono obiettivi importanti perché è una casa discografica apparentemente giovane, sono solo cinque anni di etichetta discografica, ma già abbiamo realizzato ben 18 dischi tutti di musica non commerciale, ma abbastanza impegnata e ricercata. Noi, come casa discografica, agiamo su compositori e musicisti di altissima qualità e di altissimo pregio,che hanno qualcosa da comunicare, e non vogliamo scadere nella banalità, quindi in questo siamo un po’ selettivi, anche se queste produzioni possono sembrare ad alcun di nicchia, ma di nicchia non sono. Siamo anche molto orgogliosi perché all’interno abbiamo la musica contemporanea, la musica classica e i grandi compositori come il maestro Morricone, il maestro Piovani, il maestro Bacalov e il maestro Ferrio, da poco scomparso,che ci hanno accompagnati e stanno dando davvero un grande lustro a questa etichetta discografica. Gli obiettivi sono quelli importanti di allargarci il più possibile, di conquistare più fette di mercato possibili, non soltanto in Italia, ma anche all’estero, cosa che anche se può sembrare ardua e difficile, noi pian piano con la nostra professionalità e dedizione ci stiamo riuscendo.
Come è nato l’incontro, questa amicizia con il maestro Luca Pincini e la scelta di dedicargli questa sua nuova opera?
L’incontro con il maestro Pincini è stato un incontro molto particolare. Io feci un concerto con la viola, era un progetto molto ambizioso, perché univa viola ed elettronica ed eravamo al “Caffè Letterario” di Roma. Dopo che finii di suonare, mi vennero incontro due persone che non avevo mai visto, ma di cui conoscevo la fama. Erano Luca Pincini e Gilda Buttà e io non mi aspettavo tanto onore da parte loro, nel venire a vedere un mio concerto. Da quel momento è nata con Luca un grandissima alchimia, una grandissima amicizia che ci lega, perché siamo due persone molto simili, dirette e spontanee. Le nostre idee sono identiche, in lui ho trovato una persona incredibile che mi è stata molto vicina ed, essendo un grande artista, abbiamo lavorato insieme sempre con composizioni in duo,lui e sua moglie. Poi un giorno io ho deciso di scrivere questa composizione dedicandola a lui, scrivendola e pensandola sulla sua arte, sulle sue mani, sul suo modo di vedere il violoncello e sul suo modo di concepire la musica. Col suo violoncello riesce a produrre un suono straordinario, molto morbido, molto armonioso, grintoso, spigoloso e con talmente tante sfaccettature che io ho potuto sbizzarrirmi nello scrivere questo requiem. Dunque questa sera si è concretizzato per me un sogno, perché per me era un sogno scrivere questo requiem, dedicarlo ai migranti, scriverlo per il mio amico Luca Pincini ed eseguirlo a Palermo in questa meravigliosa chiesa.
Luca Pincini
Come si sente a dover suonare e quindi interpretare quest’opera dal tema così impegnativo, che tra l’altro le è stata dedicata?
Mi sento innanzitutto onorato di trarre fuori da questo signore la sua musica che ha in testa e nell’anima e di poter interpretare un’opera scritta per il mio strumento. In questo senso volevo anche fare una confessione: lui mi ha parlato della tematica e, per arrivare a trovare una via interpretativa ,ho visto questo requiem, lo dico questo per la prima volta, un po’ come un modo,u n momento per fare pace con l’umanità. La tematica dell’emigrante io l’ho già vissuta in altre esperienze musicali dedicate appunto a questa enorme tomba del mare e a tutte le disgrazie legate al Mediterraneo,ma io legherei, estenderei questo tema alla comunità globale. Vorrei che questo requiem in qualche maniera desse una spinta energetica per fare pace con qualcosa, come fosse un accompagnamento alla morte, e non nell’accezione negativa attribuitale dalla nostra cultura ma in un senso catartico.
Lei ha avuto degli illustri maestri, chi ha influenzato maggiormente la sua crescita musicale?
Se parliamo di musica attraverso il mio strumento, penso che un po’ tutti abbiano lasciato qualcosa, qualche caratteristica positiva la ricordo di tutti, cercando di dimenticare quelle negative. Sicuramente quando si fa tanto nella vita, a livello di studio e di didattica, si deve anche capire ciò che è sbagliato e ciò che è giusto. Quindi devo ringraziare tutti quanti per ciò che ho appreso da loro, certo alcuni sono più noti, ad esempio Misha Maisky, che è stato l’ultimo mio maestro e che è conosciuto in tutto il panorama musicale.
Lei collabora da più di dieci anni con Ennio Morricone, come primo violoncello solista,com’è avvenuto quest’incontro? C’è un evento o una musica particolare che le è rimasta nel cuore e per quale motivazione?
Le cose che mi sono rimaste nel cuore di lui sono tante, perché ho condiviso tante esperienze, ho rappresentato la sua musica anche in orchestra, facendo tournée mondiali, però ho fatto spesso anche il solista, sia con l’orchestra sinfonica grande, sia col mio strumento e basta e sia in duo con mia moglie. L’incontro con Ennio Morricone è avvenuto a un certo punto a Roma per un intrico strano: mi frequentavo con mia moglie, che avevo conosciuto durante un mio concerto e subito la musica ci aveva uniti. C’era un produttore che doveva fare un disco e venni coinvolto in questa cosa con mia moglie e il primo brano che suonai fu “C’era una volta il west”, una versione per violoncello e pianoforte ridotta. Lui mi fece capire che aveva visto in me qualcosa e da lì cominciò questo rapporto a tratti facile e a tratti difficile, essendo un personaggio piuttosto complesso, con tante soddisfazioni di ritorno a livello non d’immagine ma a livello profondo, perché è stato per me un grande maestro di vita, da lui ho imparato in tutti questi anni come muoversi nella vita, come rapportarsi alla musica e con quale spessore mettersi alla prova.
Come musicista come vive questo momento di crisi?
Lo vivo malissimo, tutti i giorni penso a chi non può avere possibilità, soffro delle mie mancanze di opportunità, perché uno vorrebbe fare sempre di più e meglio e nello stesso tempo penso che quando uno può vivere dignitosamente può ritenersi fortunato. Però penso anche al disastro umano che sta creando questa crisi e quello che mi infastidisce maggiormente è che credo che sia manovrata e in qualche maniera voluta. Non volendo fare politica, perché mi sembra la sede sbagliata, ma ragionando con la mia testa mi auguro soltanto che in ognuno di noi si risvegli qualcosa di vitale,perché la gente è molto abbattuta e annichilita e questo dà spazio alle incursioni negative.
Ci può parlare dei suoi progetti per il futuro?
Sicuramente aspiro a lavorare ancora con Maurizio Bignone e a fare altre cose mettendo a frutto le fatiche di tutti questi anni di lavoro. Insieme a lui io e mia moglie abbiamo realizzato tanti progetti partendo dalle idee che ritenevamo le migliori. Ma le idee non bastano, devono essere accompagnate dal lavoro e dalla vita vissuta, dai rapporti con altri compositori, appunto Morricone, per il quale io e Maurizio abbiamo fatto un lavoro molto serio, cercando di condividere le cose migliori che potevamo offrire dopo decenni di esperienza, di studio e di attività. Quindi la prima cosa nei miei progetti per il futuro è appunto continuare con Maurizio a realizzare belle cose.