Palermo, 30 aprile 2014 – Alle ore 9,00 davanti la lapide di via Li Muli si è celebrata la manifestazione per il 32° anniversario dell’uccisione di Pio La Torre, deputato e segretario regionale del Pci e Rosario Di Salvo, suo autista e militante dello stesso partito.
A promuovere l’iniziativa il Centro Studi Pio La Torre, di concerto con il Comune di Palermo, con l’adesione del PD e di SEL.
Presenti all’evento le alte rappresentanze politiche ed istituzionali, nonché le autorità civili e militari, che hanno preso attivamente parte all’evento. Tra questi il governatore Regione Siciliana, Rosario Crocetta, il sindaco di Palermo, Leoluca Orlando, il capo del Dipartimento per la giustizia minorile, Caterina Chinnici, il Presidente dell’ARS, Giovanni Ardizzone, il Prefetto Francesca Cannizzo, il Questore Maria Rosaria Maiorino. Fitta la partecipazione di numerose scolaresche.
Univoco il sentimento loro espresso, seppure con sfumature diverse, di autentica vicinanza ai familiari delle due vittime di mafia, nonché un accorato e rinnovato impegno all’azione antimafia.
E’ pervenuto anche un messaggio al Centro Pio La Torre, da parte del capo dello Stato, Giorgio Napolitano, in cui si legge: Esprimo la mia vicinanza a coloro i quali, raccogliendosi nel luogo dell’eccidio, intendono rendere omaggio alla memoria dell’uomo politico che, dell’amore per la terra natale, diede la sua testimonianza fino al sacrificio, consapevole che la battaglia che quotidianamente Pio La Torre conduceva, in favore della giustizia e della legalità lo avrebbe condotto al martirio.
Le novità della 32esima commemorazione sono state le foto di La Torre e Di Salvo, restaurate da parte del Comune di Palermo, su sollecitazione del Centro Pio La Torre.
Singolare l’impegno assunto dalla Scuola primaria “Ragusa Moleti” di Palermo e dell’istituto tecnico economico per il turismo Pio La Torre, per le quali gli alunni hanno promesso di prendersi cura per il futuro, della lapide con l’assistenza della IV Circoscrizione. A conferma di tale impegno gli studenti hanno deposto trentadue calle bianche davanti alla lapide di via Li Muli.
All’evento erano presenti anche i figli dei due dirigenti e militanti del PCI uccisi il 30 aprile 1982, Tiziana Di Salvo e Franco La Torre. Quest’ultimo, ha definito il giorno della commemorazione un giorno di mestizia, e si è chiesto perché sono dovuti passare 32 anni perché si restaurassero le foto, sbiadite dall’azione del lungo tempo trascorso. Inoltre, ha sollecitato apertamente il Presidente Crocetta, dal Palco da cui è intervenuto affinché l’Aeroporto di Comiso fosse intestato di nuovo a suo padre, visto che un sindaco, di orientamento politico opposto a quello di Pio La Torre, ha deciso invece di intestarlo alla memoria del Generale di brigata aerea Vincenzo Magliocco.
A distanza di pochi giorni dalla commemorazione, il Presidente del Centro Studi Pio La Torre, Vito Lo Monaco ha annunciato che: l‘ex sindaco di Comiso, Pippo Di Giacomo, oggi deputato all’Ars ha confermato la reintitolazione dell’aeroporto di Comiso a Pio La Torre, fissando la data della cerimonia per il prossimo 7 giugno”. L’anno scorso 35000 cittadini italiani firmarono una petizione a sostegno dell’iniziativa. Il presidente della Regione, Rosario Crocetta, ha espresso la propria soddisfazione per tale decisione assunta dalla giunta comunale di Comiso.
Galleria fotografica Pietro Montagna
TrinacriaNews.eu ha intervistato:
Rosario Crocetta – Presidente della Regione Siciliana
D. E’ stato trasmesso un messaggio che a sua volta, è stato acquisito molto bene dai bambini delle scuole, che forse sono quelli dall’animo più puro. Questo messaggio invece andava agli adulti?
R. Ma si. Il problema è di scoprire che Pio La Torre o Rosario Di Salvo non sono solo nomi da commemorare. Erano i protagonisti di un’azione concreta nella lotta alla mafia. Non erano gli ideologi dell’antimafia. Pio individua tre punti importanti che, secondo me, possono essere la base per una piattaforma, oggi unitaria, per la lotta alla mafia: 1. la questione che la mafia va punita in quanto tale (art. 416 bis c.p.); 2. la questione di colpire i mafiosi nei patrimoni; 3.la questione che bisogna rompere il rapporto scellerato che c’è tra settori di affari deviati, mala politica e mafia. Questi tre elementi sono oggi, un programma di attualità incredibile, perché le questioni sollevate allora da Pio La Torre sono esattamente le stesse oggi. Quindi, un richiamo all’antimafia regionale di non dividersi. Soprattutto quella di Palermo che sembra quella più caratterizzata in queste lotte intestine, intorno al modo di fare lotta alla mafia, ma sostanzialmente ritrovare una piattaforma unitaria comune e senza polemiche.
D. Per stanare all’interno delle Istituzioni personalità ambigue, conniventi con la mafia pura cosa stiamo facendo? Il suo impegno?
R. Stiamo facendo molto perché stiamo controllando sistemi di appalti, aggiudicazioni, come la battaglia nella Sanità, nella Formazione, nell’Ambiente, nell’Urbanistica. Tutta una serie di elementi che ci fanno scoprire poi, questo rapporto che c’è tra mafia e corruzione, che è un rapporto quasi fisiologico che c’è in Sicilia, che è quello che determina un accaparramento delle risorse in poche mani, invece di destinarli alla maggioranza dei siciliani.
D.Gli ostacoli maggiori in quali ambiti li ha riscontrati e con quali personalità?
R. In una parte della politica che pensa che la lotta alla mafia non sia una priorità e pensa addirittura che sia pura propaganda. Invece, la lotta alla mafia ha significato per esempio, risparmiare 150 mln di euro ogni anno sulla formazione, cominciare a risparmiare centinaia di milioni di euro nella Sanità, senza tagliare servizi, ma addirittura, potenziarli. Quindi, la lotta alla mafia, non come slogan ma, come fatto concreto.
D. Nella vita di cittadino dove la incontra la mafia, vivendo e spostandosi per le varie parti della Sicilia?
Da cittadino la mafia la vivi a seconda di dove abiti, perché in un piccolo paese, in un quartiere a rischio, se tu entri in un bar ed un mafioso ti pesta il piede, “tu gli devi chiedere scusa se lei mi ha pestato il piede”. Allora si capisce che la lotta alla mafia diventa cosa che ti fa soffrire, anche individualmente. Nella dimensione più metropolitana tutto si annacqua nel sistema degli affari, ma nelle piccole realtà, la mafia è ancora un nome, un cognome e un personaggio che condiziona la tua vita, o ti minaccia, o basta come si dice, che ti dà una “taliatura”(sguardo minaccioso) allora, tu devi voltare faccia, non puoi guardarlo negli occhi.
D. Sarebbe opportuno un risveglio delle coscienze di chi si candida ad essere un politico della “Res publica”?
R. Sono gli uomini delle istituzioni, i politici che devono dimostrare più coerenza nella lotta alla mafia e accendere questa speranza di cambiamento nei cittadini.
Segretario Regionale PD Sicilia e Deputato VII Commissione Fausto Raciti
D. Il modo di fare politica oggi, non restituisce fiducia ai siciliani. Qual è il suo impegno?
R. Io non credo che si tratti di un impegno che va oltre quello individuale. Penso che il problema di fondo sia quello di cercare di ricostruire un rapporto tra il popolo siciliano e le Istituzioni, visto che sembra un rapporto compromesso. Questo lo si fa se si ha capacità di mettere al centro una iniziativa sul lavoro, sullo sviluppo, sulla lotta alla mafia, sullo spazio mediterraneo che è quello nel quale normalmente, questa Regione trova la sua identità. E’ una iniziativa che manca alla politica regionale.
D. La frase Res publica, res “etica”. Oggi invece, é come se l’etica non ci fosse più, perché c’è molto individualismo e molta autoreferenzialità. Il calo dell’afflusso alle urne è una testimonianza. Quanti politici si vogliono sbracciare per il cittadino?
R. Non manca l’etica, manca la politica e i soggetti che la incarnano. Come è tradizionalmente noto in questa regione, siamo affidati a logiche clientelari.
D. Cosa direbbe ai politici, ai suoi compagni di lotta?
R. Che, o la politica é una organizzazione democratica, i cui esponenti e i candidati hanno capacità di rapporto con le persone e con le grandi domande sociali, oppure questi non ci si elevano a politici, né a candidati alle politiche.
Caterina Chinnici – Capo del Dipartimento per la Giustizia Minorile
D. La sua presenza, molto gradita all’evento commemorativo di Pio La Torre ha rappresentato una testimonianza? Cosa ha potuto scorgere, tra bambini e adulti presenti?
R. La mia presenza nei momenti della memoria è sempre stata costante. Credo che sia fondamentale ricordare chi ha portato l’impegno per la giustizia, per la legalità, per lo sviluppo della nostra terra, portarlo a conoscenza soprattutto ai più piccoli. E’ proprio questa presenza dei giovani e dei piccoli è stata la cosa più bella perché significa continuità attraverso la memoria di un impegno che noi vogliamo trasmettere ai più giovani e di un grande amore per la nostra terra.
D. Come mai invece, sono le persone meno giovani che invece, fanno resistenza ad acquisire questo messaggio, che non è solo commemorazione, secondo lei?
R. Credo che, uno dei presupposti fondamentali perché veramente, nella nostra terra possa esserci quello sviluppo all’insegna della legalità è il cambiamento culturale: allora, il cambiamento è più facile nelle giovani generazioni e più difficile per le persone, ahimè, più mature. Questo non ci deve comunque, scoraggiare, ma deve anzi, essere un ulteriore stimolo per lavorare, per affermare la cultura della legalità.
D. Nel suo libro “È così lieve il tuo bacio sulla fronte”cosa ha voluto riportare? Il messaggio fondamentale con il quale ha scritto questo testo?
R. Intanto quel libro è un ricordo di Rocco Chinnici, padre e uomo, prima che del magistrato. Perché Rocco Chinnici è stato una presenza fondamentale nella mia vita ed in quella dei miei fratelli per i valori che ha saputo trasmetterci, per il modello che lui è stato per noi. Ed è proprio in quel titolo “ si leva lieve quel tuo bacio sulla fronte” che ho voluto racchiudere questo ricordo di una presenza costante, non invadente, che ha dato a noi figli. Un grande senso di sicurezza per la nostra crescita, trasmettendoci valori importanti che ancora oggi ci accompagnano.
D. E’ con questo “pacchetto all inclusive” andrà alle europee, con questa carica?
Beh, si. Mi propongo di portare in Europa valori di impegno, una Sicilia sana, una Sicilia ricca di risorse, di prerogative che deve andare con dignità istituzionale, con una voce autorevole e manifestando un grande impegno proprio perché attraverso le politiche europee si possano valorizzare la bellezza e le ricchezze della Sicilia.
D. E delle criticità che invece macchiano la terra di Sicilia e di tutto quello che ne impedisce il suo decollo? E l’aspetto “mafia” dentro le Istituzioni?
R. Io sono una persona che ama, più che parlare, agire e agire per fatti concreti. Non amo la polemica, non amo i contrasti. Non mi appartengono. Proprio, non sarei capace di farli. Allora, io credo che, se c’è un impegno comune, condiviso, bisogna lavorare tutti per raggiungere quell’obiettivo che è: liberare la nostra terra dalla illegalità e stimolare lo sviluppo, soprattutto per i giovani per dare loro l’opportunità di mettere a frutto intelligenza e talento nella nostra terra.
D. Insieme agli eroi, martiri della mafia, compresi Pio La Torre e Rocco Chinnici?
R. Certo. Io li ricordo spesso, accomunandoli perché Rocco Chinnici è stato il primo e forse in quel momento l’unico a sostenere la legge Rognoni-La Torre, anche se con posizioni e ruoli istituzionali diversi.
Vito Lo Monaco – Presidente Centro Studi “Pio La Torre”
D. Essere Presidente del Centro Pio La Torre cosa ha comportato ed in cosa si identifica nei suoi ideali?
R. Intanto, la lotta in favore dei più deboli e del mondo del lavoro, contro ogni ingiustizia sociale e quindi, l’affermazione e l’attuazione della Costituzione Italiana fondata sul lavoro e sull’uguaglianza tra i soggetti e un’impresa con ampie finalità sociali. Questo è stato il suo scopo.
Quando ha esercitato questa funzione, durante tutta la sua vita, Pio La Torre ha incontrato sempre tra gli ostacoli, quello della mafia, come braccio armato di chi si sentiva colpito dalle lotte sociali che Pio conduceva: i feudatari, i grandi proprietari del cantiere navale o dei palazzinari. E’ la lotta sociale che Pio La Torre conduce, insieme ad altri soggetti della sua generazione a scontrarsi con la mafia che si presenta come braccio armato, alleato, usato da una parte delle classi dirigenti per sfuggire alle regole della democrazia e del libero mercato.
D. Questo messaggio oggi trasmesso, che è molto attuale e “non rappresenta solo la memoria”, da quale parte di società lei percepisce una maggiore prontezza a recepirlo?
R. Intanto la battaglia di La Torre portava a definire l’associazione mafiosa nel suo rapporto con le Istituzioni e con la politica. E’ cambiata questa percezione. E’ una percezione molto diffusa grazie alla scuola, ai movimenti antimafia, ma anche all’impegno dello Stato che, nel corso di questi anni, usando bene la legge antimafia Rognoni-La Torre, voluta da quest’ultimo, è stato accresciuto non solo l’impegno da parte dello Stato, ma ha diffuso la coscienza critica antimafiosa nel Paese. Ma, è la politica che deve fare la scelta definitiva, non solo nel ripudio etico, ma nell’introduzione di certi meccanismi che impediscano qualsiasi rapporto tra mafia, politica e affari.
D. Lei realizza questa effettiva sensibilizzazione della politica a rimuovere gli ostacoli che possano restituire trasparenza e pulizia alla Regione Siciliana?
R. Non è mai giusto generalizzare, ciò genera qualunquismo. C’è questa percezione, ma non è totale, come sappiamo. La battaglia politica è aperta per questo. La legislazione antimafia può estendersi a quella italiana, a quella europea, per rendere ancora più universale questa coscienza. La stessa legislazione italiana antimafia deve essere perfezionata sia nella gestione dei beni confiscati che nei confronti di altre misure contro la corruzione, il riciclaggio e l’auto- riciclaggio L’impegno dello Stato si è dimostrato attraverso l’approvazione dell’art 416 ter del codice penale. Così si introduce un’altra norma che vuole colpire lo scambio politico-mafioso che è appunto un messaggio importante. Si attuerà? Lo vedremo nel tempo.
D. Perché si è scelto di intestare a Pio La Torre il Centro Studi di cui lei è il Presidente e non ad altri martiri della mafia?
R. Il Centro Studi Pio La Torre nasce nel 1986, quindi a ridosso della sua morte. Il Centro Studi nasce per ricordarne la memoria. Il lavoro ivi svolto in questi anni, nel succedersi dei suoi diversi Presidenti, di cui io sono l’ultimo della serie, ha alimentato la cultura che promana da quella memoria, che non si è limitata all’anniversario ma, ha alimentato un’elaborazione politica, tecnica e un’azione sociale come quella della scuola. Sappiamo infatti che, centinaia di scuole italiane sia medie che superiori aderiscono al nostro progetto educativo.