Palermo – Ai Cantieri Culturali, nella sala del Cinema de Seta con posti totalmente esauriti e un pubblico in trepidante attesa, si è tenuta la presentazione dell’ultimo libro di Alessandro D’Avenia Ciò che inferno non è edito da Mondadori.
Oltre alla presenza dell’autore si è avuta anche quella del presidente del Senato Pietro Grasso. L’incontro è stato moderato dalla giornalista Adriana Falsone.
Il libro racconta di un ragazzo adolescente, Federico, che conosce una Palermo che ha sempre vissuto, una Palermo fatta solo di luci, ma non conosce le sue tenebre, le sue ombre. Non avendo mai conosciuto le tenebre è un sognatore e crede che esista solo la luce, ma l’incontro con Don Pino cambierà il suo punto di vista e lo farà scontrare con la realtà. E’ l’estate del ’93 e il suo professore di religione don Pino Puglisi, appunto, lo esorta a dargli una mano per i ragazzini del quartiere Brancaccio, un quartiere ad alto rischio dove oltre alla dispersione scolastica molte sono le probabilità che i giovani si affilino alla mafia. E Federico, rinunciando a un tanto desiderato viaggio in Inghilterra, si lascia avvolgere dalla luce di don Pino Puglisi ed entra in questa nuova città dove si è spenta la luce per dar posto alle tenebre e dove desidera portare insieme al suo professore un po’ della loro luce e trovare ancora quella rimasta anche mettendo a repentaglio la loro stessa vita.
Il presidente Grasso ha rilevato che nel libro di D’Avenia è possibile vedere una Palermo ricca di contraddizioni, di luci ed ombre: In questo libro Alessandro riesce a calarsi nella città del ‘93 e fa vedere luci ed ombre e una Palermo nelle sue contraddizioni. Sono delle pennellate che fanno entrare in quella atmosfera. Il ‘93 fu un anno di incertezza per il tessuto economico, politico e sociale del nostro Paese e in questo contesto si colloca l’omicidio di Padre Puglisi.
Ha voluto, inoltre, evidenziare una particolare caratteristica che ha riscontrato nella lettura: le cose si scoprono via via che si procede nella lettura per cui c’è la necessità di rileggere quello che si è già letto per ricondurre poi al personaggio le considerazioni che si erano fatte prima. Per esempio nella prima pagina sembra si parli di una ragazza e si procede con tutta una serie di considerazioni su questa ragazza che invece poi scopri essere la città di Palermo.
Lo scrittore D’Avenia, concordando con le osservazioni del presidente, ha voluto chiarire, in maniera scherzosa, il perché il suo libro per essere ben interpretato necessita da parte del lettore attento di una rilettura: Per rispondere al Presidente Grasso in merito al fatto che il romanzo ha bisogno di essere letto due volte, questo deriva dal fatto di fare l’insegnante, siccome gli alunni per definizione non ti ascoltano devi trovare il modo di incuriosirli per svelare alla fine. Vi tratto un po’ da alunni indisciplinati.
Ha poi esordito dicendo: io questo libro non lo volevo scrivere! Ma a un certo punto è successo qualcosa. Ha, quindi, dato una spiegazione di ciò che per lui inferno non è: E’ questo ciò che inferno non è: nonostante i fallimenti, le difficoltà della vita quotidiana tu sei dotato ed uso appositamente questa parola nel senso di avere il dono di un amore. Parlare di “Ciò che inferno non è” è parlare del debito di gratitudine che io ho nei confronti dei miei maestri, dei miei genitori.
Ed è a questo punto che ha introdotto la sua esperienza con don Pino Puglisi: Uno dei miei maestri è stato Don Pino Puglisi che non ho avuto direttamente come insegnante ma lo vedevo nella scuola che frequentavo e capitava di vedere il suo sorriso, qualche supplenza, ma questo è bastato perche don Puglisi è come un quadro di Caravaggio dove i personaggi hanno i piedi sporchi, sono di vita quotidiana, hanno i volti corrugati, non c’è nessun idealismo e in quella quotidianità a un certo punto c’è un fascio di luce che non si sa bene da dove provenga che squarcia le tenebre del quotidiano e che dice con la pennellata del Caravaggio ciò che inferno non è.
E come in un quadro del Caravaggio l’adolescente D’Avenia viene avvolto dalla luce di don Puglisi che gli illumina la la vita. E – dice D’Avenia – a quella età a questo punto per me si è manifestato il vero amore e ho cominciato a considerare la vita come un dono da spendere per gli altri e per le cose belle. Il fascio di luce di don Pino mi ha fatto capire che l’unico potere che possiamo esercitare nella realtà è quello di servire gli altri.
D’Avenia ha voluto ricordare, inoltre, alcune parole della testimonianza dell’assassino di don Puglisi, Salvatore Grigoli, soprannominato il cacciatore: ”io per quel sorriso non ci ho dormito la notte”. Don Puglisi, infatti, ricco d’amore e di perdono riuscì a sorridere al suo carnefice. E D’Avenia prosegue: da uomo mi sono chiesto prima che da scrittore: come si fa a sorridere al proprio assassino? Come si fa ad essere così liberi dalla morte, dal male, dall’inferno da sorridere in quel momento? E da scrittore questa per me era una sfida entusiasmante che è la sfida della quotidianità.
TrinacriaNews.eu ha effettuato videointerviste allo scrittore prof. Alessandro D’Avenia e al presidente del Senato Pietro Grasso. Di seguito le domande poste loro.
Alessandro D’Avenia
- Il suo libro Ciò che inferno non è può essere considerato un libro autobiografico visto che il suo protagonista Federico ripercorre alcune tappe della sua vita e in particolare l’incontro con Don Pino Puglisi che è stato professore di religione nella scuola che lei frequentava?
- Il protagonista Federico, che rappresenta lei, vede qualcosa che inferno non è, ma cosa non è inferno?
- Vorrei ricordare il successo del suo libro Bianca come la neve rossa come il sangue che ha venduto più di un milione di copie ed è stato tradotto in 13 lingue, avremo la possibilità di vedere anche questo suo libro al cinema?
Pietro Grasso
- Presidente lei oggi si trova ai Cantieri Culturali di Palermo per la presentazione dell’ultimo libro di D’Avenia Ciò che inferno non è che parla di don Puglisi, può secondo lei la cultura sconfiggere la mafia o almeno la mentalità mafiosa?