Periodico registrato presso il Tribunale di Palermo al n.6 del 04 aprile 2012

Anno XI - Num. 52 - 24 aprile 2023

Anno III - Num. 15 - 24 gennaio 2015 Politica e società

Giornata Università Cattolica Sacro Cuore 2015. Incontro su: matrimonio religioso oggi, le nuove sfide della secolarizzazione

Evento accreditato dal Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Palermo e riconosciuti 4 crediti formativi. All'interno programma dettagliato scaricabile

di Redazione TrinacriaNews
         

giornata unicatt URL IMAGGINE SOCIALL’incontro del 18 aprile 2015 si aprirà, dopo i saluti delle autorità, con una premessa illustrativa della “Giornata per l’Università Cattolica”, affidata al Delegato Diocesano della stessa, Dott. Marco Dell’Oglio, e a seguire, con l’introduzione del Prof. Salvatore Bordonali (Università degli Studi di Palermo) al tema generale prescelto (Il matrimonio religioso oggi: le nuove sfide della secolarizzazione).

La prima delle relazioni in programma, dal titolo “Il matrimonio in Italia tra dimensione religiosa e secolarizzazione” sarà svolta dalla Prof.ssa Ombretta Fumagalli Carulli (Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano). Dopo aver illustrato la situazione nazionale (i.e. una lenta agonia del matrimonio civile, parallelamente ad un calo generalizzato delle nozze; la conclusione di 50.000 divorzi ogni anno; le separazioni giunte nel 2013 a quota 90.000),  condizionata da una “ideologia dell’indifferenziato” che preme affinché si parifichi del tutto matrimonio e convivenza (compresa quella omosessuale), verrà messo in luce come in questo scenario, frutto della secolarizzazione, il matrimonio concordatario (canonico con effetti civili) costituisca il baluardo del modello monogamico ed eterosessuale; pur essendo anch’esso vittima della secolarizzazione. Nel calo generale delle nozze, anche la percentuale dei matrimoni concordatari rivela una tendenza alla diminuzione (nel 1991 i matrimoni concordatari erano l’82,5%; nel 2010 il 63,5%); inoltre, una sorta di secolarizzazione non voluta dagli sposi, ma frutto di una  giurisprudenza civile ormai maggioritaria, incide sulla efficacia civile delle dichiarazioni ecclesiastiche di nullità matrimoniale, delibate solo nei limiti in cui la nullità canonica coincide con la disciplina prevista per il matrimonio civile. L’intervento, a seguire, metterà a fuoco il fatto che tuttavia sono presenti anche segni opposti alla secolarizzazione. Secondo un’indagine CEI del 2009, difatti, il 3,4% dei partecipanti ai corsi di preparazione al matrimonio è già sposato civilmente (media che sale al 5,8% al Nord Italia), sicché ogni 29 matrimoni concordatari c’è un matrimonio canonico celebrato con solo rito religioso, evidentemente chiesto da chi ravvisa nelle nozze canoniche valori ed impegni per così dire più forti rispetto alle nozze civili; inoltre la crescente presenza ai corsi di preparazione al matrimonio canonico di fidanzati non giovanissimi (un quinto ha più di trentacinque anni) per anni lontani dalla pratica religiosa, consente loro un rinnovato cammino di fede, rafforzando la formazione religiosa matrimoniale. Verrà affrontato, poi, il tema del presidio della libertà religiosa matrimoniale (come libertà di affidarsi ad un ordinamento religioso per le proprie nozze e vedere questa scelta riconosciuta a fini civili dallo Stato), che dovrebbe essere al centro del nostro diritto vivente, stante la base pluralistica e personalistica della nostra Costituzione; tema che sottende il problema che le fonti principali che regolano l’esercizio di tale peculiare libertà (Accordo concordatario, legge sui culti ammessi e Intese), pur dando rilevanza civile al matrimonio religioso, non consentono tuttavia una piena tutela. A tal proposito il Relatore avanzerà l’ipotesi, de iure condendo, di passare agli Statuti personali, come in altri Paesi (es. Libano), come potenziale soluzione lungimirante rispetto a preoccupanti orientamenti che iniziano a filtrare dall’Europa; in modo che il ritorno del sacro nella nostra società rappresenti un’occasione per rivitalizzare i matrimoni religiosi. Con l’annotazione conclusiva che tale rivitalizzazione non può essere solo una risposta del diritto alle innumerevoli sfide della secolarizzazione; ma deve anzitutto essere chiarimento e poi risposta convinta delle religioni e dei loro fedeli: giacchè non tanto il diritto e i suoi strumenti, ma il costume sociale e la pastorale teologica hanno un ruolo decisivo nell’affrontare e vincere, quanto al modello di famiglia, le sfide della secolarizzazione.

Seguirà la relazione del Prof. Antonio Ingoglia (Università degli Studi di Palermo), dal titolo “Nuovi orientamenti  canonistici in tema di  unioni civili: rilevanza del matrimonio “mere civilis” e di altre forme di convivenza registrata”. Punto centrale dell’intervento sarà la constazione del fatto che al tradizionale rigore della disciplina vigente nell’ordinamento canonico, faccia oggi da contrasto un’accresciuta attenzione da parte dell’opinione pubblica ecclesiale per la tendenza, che è andata sempre più accentuandosi, di cattolici i quali contraggono solo matrimonio civile; ovvero che stipulino altre forme civili di convivenza, talora riservandosi  di contrarre successivo matrimonio canonico e cioè dopo un periodo di sperimentazione. L’osservazione chiave, al riguardo, è che in riferimento ad unioni siffatte, la dottrina canonistica, pur avvertendo che si tratti di situazioni non sempre armonizzabili con le irriducibili specificità del diritto canonico, riconosce che non pare congruo disattendere il fatto che lo stato dei cattolici vincolati da un matrimonio “mere civilis” o, in taluni casi, da una convivenza registrata, differisce da quella dei conviventi “more uxorio” o “de facto” a motivo della volontà di impegnarsi in un preciso stato giuridico e di chiederne il riconoscimento da parte dello Stato. Scopo della relazione sarà quello di fare emergere la rilevanza che l’ordinamento canonico viene assegnando  a tali unioni civili tra soggetti eterosessuali, nonché, in particolare, la possibilità di un eventuale recupero “in iure Ecclesiae” delle convivenze così costituite attraverso l’espediente della “sanatio in radice”.

locandina giornata unicattChiuderà la prima parte dell’Incontro, la relazione del Prof. Vito Impellizzeri (Pontificia Facoltà Teologica di Sicilia), recante il titolo “Matrimonio canonico e secolarizzazione: prospettiva teologica”. L’intervento sarà volto a stendere un’analisi di taglio teologico sull’argomento affrontato dall’Incontro, e prenderà le mosse dall’osservazione del rapido e consistente cambiamento sulle relazioni affettive nelle società occidentali, che inquieta oggi la Chiesa cattolica. Il fulcro dell’analisi verterà sugli interrogativi che la Chiesa s’è posta, in occasione del Sinodo straordinario dei vescovi, sul modo di proporre la verità del matrimonio indissolubile e, insieme, l’apertura per uomini e donne che, pur vivendo come coniugi, non hanno fatto la scelta di vincolarsi sacramentalmente o sono venuti meno all’indissolubilità matrimoniale.

Alla ripresa dei lavori, avrà luogo la seconda parte dell’Incontro, che si aprirà con la relazione della Prof.ssa Anna Sammassimo (Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano), dal titolo “Definizione giuridica del matrimonio e preparazione pastorale ad esso”. Il tema principale posto in luce dal relatore sarà quello dell’odierna diffusione d’una pericolosa “crisi del vivere secondo il diritto”, di cui è spia la superficialità nell’affrontare la scelta matrimoniale. Una peculiare criticità che presenta motivazioni difficili da individuare: non è facile, infatti, dire se ciò derivi da scarsa conoscenza da parte degli stessi christifideles delle norme matrimoniali o piuttosto dall’insofferenza dei giovani d’oggi per qualunque norma di diritto; ovvero ancora se si tratti d’uno dei tanti effetti della secolarizzazione (assunta come tensione alla rimozione del senso del sacro). Il dato che appare fondato, e su cui insisterà la relazione, è che l’indebolimento del senso di obbligatorietà morale del diritto canonico rappresenta un fenomeno al quale è urgente porre rimedio. A tal fine, verrà illustrata la proposta di un supplemento di dialogo tra pastorale e diritto, in vista di un’equilibrata collaborazione resa immune dal pericolo che il secondo si riduca a mera tecnica “giuridista” e che la prima cessi di servirsi del diritto: a cominciare dalla preparazione pastorale al matrimonio, giustamente esaltata dal Concilio, che non può prescindere dal render edotti gli sposi dei lineamenti giuridici essenziali del matrimonio.

Seguirà la relazione del Prof. Mario Ferrante (Università degli Studi di Palermo), dal titolo “Secolarizzazione e matrimonio canonico: risvolti processuali”. L’obiettivo dell’intervento sarà quello di verificare l’influenza che il contesto sociale ed ambientale ha avuto sull’evoluzione degli orientamenti ermeneutici dei tribunali ecclesiastici negli ultimi decenni sotto il profilo processuale. Ciò in ragione della premessa che il mutato concetto di famiglia – frutto della rivoluzione culturale degli anni Settanta/Ottanta che ha portato all’affermarsi, nell’ambito di una società sempre più secolarizzata, dei concetti di famiglia nucleare, di convivenza e di divorzio – ha, giocoforza, influenzato l’operato dei tribunali ecclesiastici, o, meglio, di tutti coloro che interagiscono con i tribunali ecclesiastici (parti, avvocati, difensori del vincolo e, soprattutto, giudici): valendo la constatazione che tali istituzioni sono composte da persone che fanno parte, a vario titolo, della società civile di riferimento e che da essa sono, inevitabilmente, condizionati. Il problema che verrà posto in rilievo, a tal proposito, è quello di stabilire in che termini si è realizzata in passato e si manifesta oggi tale influenza. Mettendo in luce, anzitutto, l’operato degli avvocati, i quali, nel rispetto della verità, sono chiamati a fare da filtro tra la “realtà reale” e la “realtà processuale”, tra il vissuto personale, culturale delle parti e le esigenze probatorie connesse al processo, in modo da consentire agli altri operatori processuali – ed in primo luogo al giudice – di avere una visione chiara e giuridicamente valutabile dei fatti oggetto del giudizio. In quest’opera di mediazione giuridico/culturale gli avvocati sono in parte, ma solo in parte, influenzati dalla già esistente produzione giurisprudenziale alla quale sanno di doversi – almeno in linea di massima – attenere (i c.d. orientamenti giurisprudenziali). Va sottolineato, infatti, come ogni innovazione giurisprudenziale – in un sistema giudiziario essenzialmente fondato sul principio dispositivo della domanda per cui “nemo iudex sine actore” – prenda le mosse da un’iniziativa della classe forense che, per così dire, “provoca” la decisione giurisprudenziale, proponendo interpretazioni innovative delle norme esistenti, fondate anche sul mutare dei tempi e del contesto culturale di riferimento. In base a ciò, sembra possibile, in merito, parlare di un rapporto biunivoco, ovvero osmotico, tra giurisprudenza canonica e cultura, nel senso che se è vero che la cultura influenza la giurisprudenza è anche vero il contrario: ossia che la giurisprudenza canonica (a differenza di quella civile) non si limita (e non può farlo) a raccogliere supinamente le istanze culturali provenienti dalla società, adattandosi acriticamente ad esse. Ciò in quanto tale giurisprudenza realizza una propria originale elaborazione delle istanze sociali alla luce di quei principi immutabili – in quanto radicati nel diritto divino positivo e naturale – che rappresentano un punto di riferimento sicuro ed inalterabile, un faro che guida nel mare, spesso tempestoso, del diritto vivente, indicando agli operatori dei tribunali la giusta direzione da seguire. Appresso, poi, la relazione focalizzerà- con riferimento ad alcuni specifici istituti del diritto processuale canonico attinenti alla raccolta e alla valutazione delle prove – quanto ed in che modo l’influenza della società secolarizzata permei già di sé il processo matrimoniale canonico, in attesa delle annunciate riforme processuali. In ordine a tale ultimo aspetto – sotto il diverso, ma correlato profilo dei possibili futuri scenari normativi – alla luce dell’Instrumentum laboris, predisposto in vista della terza Assemblea Generale del Sinodo dei Vescovi sulle “Sfide pastorali sulla famiglia nel contesto dell’Evangelizzazione” e le successive conclusioni cui è giunto il Sinodo, l’intervento si avvierà alla conclusione rimarcando come vi siano, in atto, proposte molto forti di modifica del processo canonico, che segnalano l’imminenza di una probabile svolta culturale e legislativa, foriera di rilevanti conseguenze sull’attività dei tribunali ecclesiastici, non solo italiani, nei prossimi decenni, che meritano di essere adeguatamente ponderate ed analizzate.

Da ultimo, il Prof. Fabiano Di Prima (Università degli Studi di Palermo), affronterà il tema “Matrimonio e Chiesa d’Inghilterra oggi”. La premessa della relazione sarà quella di verificare come nella stagione che stiamo vivendo, connotata da una dinamica “frenetica” dei rapporti tra politica e società, che vede spesso la prima tallonare la seconda, piuttosto che guidarla, accade che quando fenomeni e processi tradizionalmente complessi e sfaccettati innervano un problema balzato agli onori della cronaca, si tenda non già ad avviare un dibattito pubblico sui distinguo e le accezioni da tener presente o da scartare (perché ad es. superate o estranee al contesto), per fornire risposte adeguate al bene di tutti i soggetti investiti; bensì piuttosto a semplificare la fenomenologia interessata, accettando quasi assiomaticamente una singola sua accezione, sol perché consona a fornire una soluzione “mediaticamente” efficace. Con la criticità conseguente che, traducendo in norme tali transeunte direttrici, con soluzioni d’istantanea presa con la contingenza connotate da un assente o ridotto lavorìo di filtro e sintesi tra i valori investiti, nascono frequentemente leggi che appaiono più slogan o annuncio, che stabile e pacificatoria “disciplina di rapporti di vita”. Come può verificarsi quando la politica affronta tematiche legate alla secolarizzazione: lemma carico di molti significati, assunti nel corso del tempo anche per via (di differenti prospettive epistemologiche e) dei diversi contesti nazionali ed istituzionali dove il fenomeno s’è sviluppato; e che in un’estrema e sommaria sintesi, paiono rubricabili in due filoni concettuali, i.e. quello dello Stato che può prescindere dal ‘religioso’ nella quotidiana governance dell’esistente; e quello che al contrario non può non farlo (i.e deve prescinderne). Con una complicazione ulteriore, tuttavia, che s’instaura se è su questo secondo filone che s’attivi la dinamica suindicata. Nel primo caso, infatti, l’esito potenzialmente opinabile sarà quello, al più, di una Dezision non del tutto (o scarsamente) consapevole dell’articolato dato storico, sociale e culturale (sopratutto, il comune milieu religioso sottostante) che suffraga quest’idea di relazione aperta ‘Stato/Chiese/fedeli’. Mentre ben diversa, e più critica, è l’occorrenza che sia l’altra accezione, quella “intransigente”, a trovare sostegno nel discorso pubblico; ché invece in tal caso, il rischio è che non si ponderi sufficientemente il fatto che: a) dietro essa riposa una precisa ideologia, i.e. quella ottocentesca del separatismo alla francese; b) che tale ideologia postula (e prefigura) l’assoluto estraniamento della religione dal discorso pubblico, come unico e logico risultato dell’affrancamento da essa del temporale; c) e che questo postulato, in tale ottica, debba trovare peculiare applicazione nel ragionamento sulla regolazione giuridica dei comportamenti umani, come controprova decisiva dell’effettività di quell’affrancamento; promuovendosi, così, il progressivo distacco del diritto positivo e delle istituzioni giuridiche dai modelli religiosi cui originariamente si riferivano. Come accade nel caso lampante della disciplina del matrimonio, da Napoleone ai giorni nostri, con un processo altalenante teso ad allontanare progressivamente l’istituto dal suo paradigma originario (canonico), mitigarne sempre più le specificità, sino a farne un negozio diverso, assimilabile alla generale categoria dei c.d. patti di solidarietà. Proprio in riferimento alla materia matrimoniale, accade che questa figurazione della secolarizzazione – con sfumature e gradi d’intensità cangianti – sembri talvolta sottendere, in modo più o meno consapevole, le politiche europee e nazionali in tema, ivi comprese – tra le seconde – quelle dei regimi di Common Law, anche laddove guidati da maggioranze di governo conservatrici; con interventi esplicitamente ispirati ad un’applicazione “integrale” del principio di eguaglianza e dell’ossequio all’autonomia dell’individuo e delle sue scelte. A tal riguardo, offre diversi spunti di riflessione l’esperienza della terra natia di quell’area giuridica, i.e. il Regno Unito, dove a una disciplina sulle unioni civili adottata più di dieci anni orsono (Civil Partnership Act 2004), si è aggiunta quella recentissima sui matrimoni delle coppie “same sex” (Marriage [Same Sex Couples] Act 2013). Tale esperienza, invero, a prima vista, sembrerebbe particolarmente dire della forza trascinante del secularism, posto che nel Regno Unito è semplicemente impossibile anche solo immaginare una separazione del pubblico dal ‘religioso’: essendo, infatti, un ordinamento connotato in senso cesaropapistico da una speciale e salda unione (si direbbe “matrimoniale”) tra lo Stato e la Chiesa nazionale (Church of England), dove il sovrano è suo Supreme Governor, ne nomina gli alti dignitari (arcibishops e bishops) e ne sanziona le leggi con un atto (royal assent) indispensabile per la loro entrata in vigore; nel Parlamento (segnatamente, nella House of Lords) siedono come membri molti di quei dignitari (Lords Spirituals); la celebrazione dei matrimoni da parte del clero è inquadrabile come funzione “governativa”; e infine, rimarchevolmente, il diritto di tale Chiesa costituisce parte del diritto statale. La relazione, alla luce di tali premesse, mirerà a vagliare l’effettività della suddetta prima impressione (i.e. d’un “peculiare” radicamento del secularism), mettendo a fuoco, da una parte, le dinamiche che hanno condotto l’ordinamento britannico a questo mutato status quo in materia, e l’approccio seguito dai Governi rispetto ai temi cruciali della posizione della Chiesa d’Inghilterra (e dei suoi ministri di culto), della tutela della relativa libertà, e delle intersezioni tra le rispettive strutture normative; e, dall’altra, di analizzare l’impatto che tali novità hanno prodotto in quest’ordinamento confessionale, e segnatamente alle risposte ‘di sistema’ ivi elaborate e fornite sul tema.

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