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Anno XI - Num. 52 - 24 aprile 2023

Anno II - Num. 10 - 24 febbraio 2014 Dai lettori

Cefalù chiude. Riflessioni inviate da una nostra lettrice

di Redazione TrinacriaNews
         

Arrivato in redazione dalla nostra lettrice dott. Daniela Mendola e pubblichiamo

mandralisca-giacchinoSono una giovane donna cefaludese.
A Cefalù sono nata; a Cefalù è nato mio figlio; a Cefalù sono cresciuta,plasmata e plagiata dalla sua arte; a Cefalù vorrei che mio figlio crescesse, plasmato e plagiato dalla sua arte.
Appartenere ad un luogo non significa semplicemente identificarsi in un comune, in uno spazio geografico; significa, soprattutto, essere consapevoli dell’esistenza di un rapporto dialettico tra spazio geografico e uomo.
Il nascere e il crescere in un luogo sono determinanti per ciascun individuo; non è un caso che, in una delle prime fasi di conoscenza, la presentazione, venga specificata la provenienza territoriale dell’interlocutore.
Gli spazi influenzano la formazione di ciascuno di noi, modellano il nostro carattere, indirizzano le nostre inclinazioni.
La bellezza della natura ingentilisce i nostri cuori, l’arte modella le nostre menti.
Cefalù sta chiudendo perché la sua arte sta morendo.
Chiude il centro nascite, chiude il museo Mandralisca: due luoghi così diversi eppure così legati.
Il professore Giuseppe Giglio, generoso cefaludese,oltre a lasciare in dono alla città il suo palazzo perché divenisse ospedale civico, istituì una borsa di studio per i medici cefaludesi, affinché si perfezionassero in ambito ostetrico e ginecologico.
Il barone Enrico Piraino di Mandralisca non solo ha donato a questa città la sua casa museo, ma tra le sue tante generose elargizioni, ha destinato parte dei suoi averi per una scuola di formazione per ostetriche.
Questa branca della medicina è, a mio avviso, quella più sintomatica del grado di civiltà e di progresso di una società.
Oggi il regresso, il buio della non-ragione.
Dietro ogni luogo c’è una storia che non solo ci appartiene, ma a cui noi apparteniamo: questo dovrebbe essere il monito dei nostri amministratori.
Il museo Mandralisca è certamente un luogo di attrazione turistica, ma non è solo per i turisti che esso non va chiuso.
Il museo ha segnato la storia di questa città.
Ho già una volta affermato che due sono gli Sguardi che ci riconducono alla nostra appartenenza territoriale: da una parte, più in alto, lo sguardo paternamente illuminante del nostro Pantocratore che tutto contiene, che tutto protegge; da un’altra parte, più in basso, lo sguardo seducentemente inquietante dell’Ignoto di Antonello.
Il museo raccoglie le passioni, gli studi del nostro barone: chiuderlo significherebbe cancellare un pezzo di storia.
Io voglio continuare ad ammirare quel sorriso, a fare ipotesi sulla sua identità, lì in quel luogo, in quella casa: in quel palazzo il barone di Mandralisca ha vissuto e in quel museo continua a dimorare.
Chiudere il museo e il centro-nascite significa non rispettare le volontà ultime di due generosi uomini, significa peccare di empietà.
Non sono un amministratore, sono solo una cittadina.
I ruoli politici che si ricoprono dovrebbero essere funzione delle capacità di amministrare.
È vero, come ha detto, dice e dirà Manlio Sgalambro che la Sicilia è entità talattica, si sorregge sui flutti, sull’instabile, ma è anche vero che solo nel momento felice dell’arte quest’isola è vera.
Tagliate, chiudete pure tutto, anche le nostre menti: per voi sarà tutto più facile.

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