Periodico registrato presso il Tribunale di Palermo al n.6 del 04 aprile 2012

Anno XI - Num. 52 - 24 aprile 2023

Anno III - Num. 15 - 24 gennaio 2015 Politica e società

Banche chiuse e cortei nazionali in vista dello sciopero generale dei bancari

di Andrea Ferruggia
         

sciopero_30_gennaio_2015 URL IMMAGINE SOCIALPalermo – Continua l’incessante braccio di ferro fra i grandi rappresentanti della finanza e i lavoratori del settore bancario. Domani, infatti, in quattro delle principali piazze d’Italia (piazza della Scala a Milano, piazza L. Carlo Farini, a Ravenna, dell’Esquilino a Roma e piazza Verdi a Palermo) contemporaneamente allo sciopero generale dei bancari, sono previsti lunghi cortei e marce sindacali a sostegno dei tanti impiegati italiani che rischiano molto in termini di salario e posto di lavoro.

Sì, perché la situazione si va facendo preoccupante in campo finanziario, da quando lo scorso 25 novembre l’ABI (Associazione Bancaria Italiana), presieduta da A. Patuelli, ha disdettato e disapplicato, senza troppi indugi, il contratto collettivo di lavoro di migliaia di bancari, compiendo un gesto senza precedenti in nessun altro settore, gesto che ha fatto ancor più scalpore visto che dei 416 contratti vigenti nel pubblico e nel privato, solo quello dei bancari non è stato rinnovato.

Ciò è avvenuto con l’intento di smantellare il contratto di categoria nazionale che sinora tutelava i comuni salariati del settore creditizio, per sostituirlo con singole contrattazioni aziendali, le quali, però, produrranno soltanto caos ed enormi disparità di trattamento economico e normativo fra i lavoratori, preannunciando inevitabilmente futuri licenziamenti e tagli che si aggiungerebbero ai 68mila già effettuati negli ultimi 15 anni.

Ma l’ABI, ci chiediamo, non dovrebbe difendere i diritti dei bancari, fare gli interessi dell’umile impiegato e migliorarne la condizione? A quanto sembra l’associazione di categoria preferisce curare i rapporti di amichevole collaborazione con i banchieri e i “pesci grossi” del management finanziario, per non tirare troppo la corda con i magnati del denaro che controllano l’economia, gestendo le sorti dell’Europa.

Lo sciopero generale del 30 gennaio, è quindi l’urlo di contestazione di 312 mila lavoratori che, incrociando le braccia, paralizzeranno per un giorno il sistema con la chiusura di numerosi sportelli di credito, non già per fare un dispetto al cittadino medio, quanto per dimostrare l’esatto contrario perché lo slogan che dirigerà il corteo è “Sono un bancario al servizio del Paese!”.

 2015-01-29 12.08.32In tale contesto, oggi presso la sede palermitana della Fabi (Federazione Autonoma Bancari Italiani) in via Mariano Stabile n. 139, si è tenuta una conferenza stampa in cui i segretari regionali delle otto organizzazioni sindacali del credito (DIRCREDITO, FABI, FIBA CISL, FISAC CGIL, SINFUB, UGL, UILCA e UNISIN) hanno voluto illustrare alla stampa le chiare motivazioni dello sciopero indetto unitariamente, annunciando le modalità della mobilitazione. Attorno al tavolo tecnico: Carmelo Raffa segretario regionale FABI, Pier Luigi Ledda segretario nazionale FIBA, Filippo Virzì segretario regionale UGL Credito, Gino Ridulfo segretario regionale della FISAC CGIL, Gino Sammarco segretario regionale della UILCA, Antonio Li Causi segretario regionale UNISIN e Francesco Navarra segretario regionale DIRCREDITO.

Ad aprire la conferenza è stato Carmelo Raffa dicendo: Le aziende del credito avevano provato già nell’estate del 2013 a disdettare il contratto nazionale a noi bancari, minacciando di sederci al tavolo per le trattative altrimenti i lavoratori non avrebbero avuto più un contratto. I sindacati prontamente hanno mobilitato la categoria, scongiurando il pericolo e raggiungendo grandi risultati proprio grazie agli scioperi e alle manifestazioni. Eppure ciò non è valso a nulla perché le aziende finanziarie non arretrano di un passo anzi ripropongono l’azzeramento del contratto riducendolo a semplice cornice, svuotato di tutti i suoi punti chiave. La logica è quella di dividere i lavoratori del settore bancario, decidendo i contratti nelle singole realtà aziendali, creando forti fenomeni di disuguaglianza fra gli stessi lavoratori senza porsi alcuna preoccupazione. Se il settore non funziona, non è certo colpa dei semplici salariati bensì dei grandi manager dell’alta finanza che hanno solo prodotto disagi alle banche, arricchendo con milioni di euro le loro buste paga.

A seguire, è intervenuto Pier Luigi Ledda: È bene dire cosa vuole l’ABI? Una sensibile riduzione del costo del lavoro; la mobilità territoriale dei bancari senza condizioni; la riduzione del personale in esubero; la dislocazione ed esternalizzazione delle banche; la chiusura di centinaia di sportelli. Altro obiettivo dell’ABI è quello di superare l’area contrattuale di categoria, facendo in modo che si possano stipulare diversi contratti collettivi di lavoro con le singole banche e aziende finanziarie, andando a smembrare il settore lavorativo bancario che non avrebbe più una tutela a livello nazionale. Il sistema sarà quindi ridotto a un frammentario scenario di singolarità che possa così agevolare le logiche di profitto dei banchieri, devoti solo al guadagno, mentre per noi la banca deve rimanere al servizio dell’economia del paese. Il modello di banca a cui noi guardiamo, è quello che vede le stesse a sostegno delle imprese, che lottino contro gli sprechi e tendano al giusto risparmio e che puntino alle assunzioni di nuove e giovani leve.

Successivamente Gino Ridulfo ha ricordato come: È vero che Il motto dello sciopero di domani è “Sono un bancario al servizio del paese!”, ma io mi chiedo: in questi anni i bancari sono stati messi nelle condizioni di offrire efficienti servizi ai cittadini e all’economia? La mia risposta è No. Tutto ciò a causa dei banchieri che hanno solo il demerito di aver trasformato tale categoria di salariati da consulenti del settore di cui prima molti si fidavano, a semplici e sterili venditori prestanti servizio sotto i grossi padroni della finanza, interessati solo alla speculazione. Oggi il bancario è perciò visto con diffidenza e ciò deve invece cambiare perché egli è un semplice lavoratore che svolge onestamente il proprio mestiere senza arricchirsi.

Quindi è stata la volta di Gino Sammarco: Vorrei associare allo slogan della manifestazione che si terrà domani, un secondo e più storico slogan “Sono un bancario non sono un banchiere!”. Sì, noi bancari lavoriamo nelle aziende guadagnando soltanto una media di mille e 500 euro al mese mentre un banchiere è bene ricordare che guadagna 80 volte di più, oltre al fatto che è una casta intoccabile colma di privilegi e appoggi politici che governa indirettamente il paese e l’Europa. È bene ricordare, inoltre, che il 2 marzo sciopereranno anche i lavoratori del credito cooperativo e tutto ciò viene fatto grazie ad una lotta unita e un attacco coordinato che cerchi di far indietreggiare le pretese arroganti dei ricchi signori dell’economia nazionale.

Antonio Li Causi ha aggiunto: I bancari sono vittima dello strapotere dei banchieri, stretti dalla morsa creditizia, della lotta di autotutela dei “pescecani” della finanza e in questo momento non siamo nemmeno tutelati dall’ABI che ha voluto battere in ritirata, voltando le spalle a noi lavoratori.

Infine ha concluso la conferenza l’intervento di Francesco Navarra Noi scioperiamo per portare all’attenzione dell’opinione pubblica il problema che sta colpendo con vigore la categoria generale dei bancari italiani. Ciò che è grave è il fatto che le future logiche dei banchieri prevedano migliaia di licenziamenti, il blocco delle assunzioni a livello locale e una forte dislocazione di banche e sedi fuori i confini nazionali, producendo quindi un notevole aumento del malcontento fra gli stessi bancari oltre al veloce aumento del tasso di disoccupazione nel settore.

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